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Scrittori religiosi del Trecento

di Giorgio Petrocchi

© 1974 – Giorgio Petrocchi


Testi

8. Giovanni Colombini

Giovanni Colombini nacque a Siena intorno al 1304; mercante, come il padre, ebbe cariche nel Comune, e probabilmente divenne anche gonfaloniere o uno dei Nove. Un'improvvisa crisi religiosa lo costrinse dapprima ad opere intense di carità, poi a lasciare la famiglia, donando i propri averi all'ospedale di Santa Maria della Scala e alle monache di Santa Bonda, vivendo d'elemosina e costituendo una piccola compagnia di discepoli che andava raminga per la Toscana, posta al bando (1357 circa) dallo stesso Stato di Siena. Più tardi la compagnia si costituì in Ordine religioso laico, i cosiddetti Gesuati, riconosciuto da papa Urbano V (1367). Nello stesso anno il Colombini veniva a morte nell'abbazia di San Salvatore sul Monte Amiata.


Dalle «Lettere» [1]

ALLE MONACHE DI S. PROSPERO

Dilettissime sorelle e madri in Cristo, la grazia del Santo Spirito discenda nell'anime vostre, sì che ripiene siate di tutte le virtudi, e seguitiate el nostro maestro e capitano Cristo in povertà e pazienza e umiltà, portando ferma fede e diritta, con isperanza e perfetta carità e continuo e ardente desiderio di fare grandi cose per lo suo amore. Carissime, la carità ci induce a scrivervi, imperocché del bene e della grazia a noi concessa, vorremmo che partecipaste, però che a voi portiamo singulare amore, considerando noi el vostro santo desiderio; e però vi diciamo che 'l dono e la beatitudine della santa poverta voi abbracciate con ogni vostro affetto, per amore di Cristo, che la elesse e volse per sé, e poi la predicoe, dicendo: beati e poveri etc. Nella quale beatitudine si truova abundantemente quello cento per uno, che Cristo promise in questa vita, posto che ci promette di più vita eterna, e dice che 'l regno del cielo è de' povari; e Cristo benedetto e somma verità, sì che non può mentire, e qualunque per suo amore lassarà le cose terrene, cioè onore e delizie transitorie, arà uno bene nell'anima di tanta soavità e di tanta consolazione ch'esso dirà: io rifiuto ogni consolazione che mi potessero dare cento mondi; anco voglio possedere questa libertà e beata povertà; e dove l'anima mia era congiunta con queste cose terrene, e legata all'onore e desideri vani, voglio solamente essare congiunta e legata col dolcissimo Cristo, e in lui trasformarmi, e lui amare e servire e onorare col desiderio, con parole, col cogitare e coll'uopare, e, in tutte le cose che a lui piacciono, ferventemente operare. E così la santa anima, spogliata di queste vilissime delizie e onore, non può stare senza grandissimo lume di verità, imperocché è partita da lei la tenebre, la quale offoscava el suo entelletto, cioè li desideri terreni e vani. Ecco che dice il Vangelio: ibi est cor tuum, ubi est thesaurus tuus; cioè: chi ama alcuna cosa di quaggiù, se non per Iddio, quella cosa lo 'mpedisce d'amare Iddio e offosca lo 'ntelletto. E come le cose, le quali si pongono sopra li occhi corporali, tolgono el vedere, così le cose, che amiamo fuore di Dio, tolgono la cognizione e lume della verità di Jesù Cristo benedetto. Questa santa povertà e beatitudine, che ti ricide dal mondo, per lo quale Cristo disse ch'e' non pregava, fatti libero da ogni sollicitudine, e scioglie l'anima dalle cose create, poiché l'anima è vota e leggiera, e la cosa lieve e piccola poca fadiga è a portarla. Cosi l'anima leggiera piccolo toccamento di Dio la porta alla contemplazione di lui, e picciolo pensiero a la meditazione della santa passione di Jesù Cristo, et in queste cose si pasce e diletta e gode; piange lo tempo male speso e l'offesa di Dio, e desidera di farne vendetta sopra sé, con tutti e modi, che usare si possono virtuosamente in penitenzia, e vuole essare umile, paziente, e con molta carità abbracciare le creature per lo Creatore; desidera di patire molte ingiurie e tormenti e d'essere da ogni persona perseguitata però che conosce la bontà di Dio e la propria viltà e miseria di sé, e odiasi e dispiacesi. Anco vi diciamo che questa beata povertà è fondamento sopra 'l quale s'edifica le beatitudine di tutte le virtù, et è nutrice dell'umilità, sì che, da poi che Cristo la volse per sé e commendolla, e tutti li Santi ne fanno testimonianza, e noi el ratifichiamo, che non essendo a noi altro merito, se non el bene della povertà, non vorremmo lo stato e la moltitudine delle ricchezze dello 'mperadore. Unde si legge de' filosofi, e quali non per Iddio, ma per sola beatitudine di povertà, lassavano le ricchezze; ma a noi è promesso sopra al cento per uno vita eterna. Unde noi vi diciamo, che, se voi volete possedere Dio nell'anime vostre, date la robba a chi n'ha bisogno, e, se meglio non si potesse, gittarla, e solo Iddio volere e desiderare, però che l'amante si trasforma nell'amato. Dunque meglio è ad amare il dolcissimo Jesù Cristo, nel quale e per lo quale si truova ogni bene, ogni diletto e giocondità, senza misura o tempo, che d'amare cose terrene e transitorie, le quali s'amano e danno pena possedendole, posseggono te e non ti servono, ma tu servi a loro. Unde noi vi sapremo dare questo consiglio, che voi vi diate a Dio, senza neuno mezzo, e posponete ogn'altra cosa, che 'l tempo è breve e poco ci possiamo stare. E, come dice l'Apostolo, adoperiamo bene, mentre che aviamo el tempo, ché siamo certi di morire, e non sappiamo quando, sì che veghiate et orate sine intermissione; lavate le lampane, cioè mondate e cuori vostri, et empitele dell'oglio dell'umiltà e di tutte le virtù, e poi v'accendete dentro el fuoco della carità, acciocché, passando lo sposo, voi el seguitiate, et entriate alle nozze con lui. Preghiamovi che vi amiate insieme, però che Cristo il comandò, e spesso parlate di Dio, accendendo l'una l'altra a ben fare, e sempre cercate d'onorare e di ringraziare el Salvatore nostro, il quale ci amoe più che sé, e volse morire per darci vita. Qui state apparecchiati, usate le virtù e date buono esempio di voi, però che 'l mondo n'ha troppo grande bisogno, inducete l'anime a Dio con ciò che potete, e mortificatevi al mondo sì che viviate in Dio. Dice el Vangelio: se 'l granello del grano non muore nella terra, non fa frutto; similemente a noi conviene essare morti al mondo, se voliamo fare frutto in Dio. Se la povertà non fosse mai beatitudine, voi la dovete osservare, però che la prometteste nella vostra professione. Adunqua chi promette e non attiene, costui fa contra alla verità, la quale verità è Dio. Adunqua vi preghiamo che voi stiate unite insieme a seguitare la via reale di Cristo, osservando quello che promesso avete al battesimo et alla regola vostra, e, se questo vi studiarete di fare ferventemente, Iddio farà in voi molti singulari doni e grazie, e faravvi forti e costanti in tutte le cose. Esso Dio ve ne dia la grazia. Carissime non vi possiamo visitare spesso, come è il nostro desiderio; ma continuo vi portiamo per desiderio nel cuore, per amore di Cristo, el quale è Padre e Signore; sicché v'amiamo come suoro, madri e serve con noi di Jesù Cristo benedetto, al quale sia laude e gloria in soecula soeculorum; amen. Con umile preghiera ci racomandiamo alle vostre orazioni devote, però che n'aviamo grande bisogno, e pregate el Salvator nostro Jesù Cristo che ci faccia fare la sua santa voluntà, et amadori e ubidienti della Santa Chiesa e ferventi cattolici e fedeli cristiani. Cristo benedetto sia sempre con voi, e vi perseveri nel bene fare, osservando el Santo Vangelio; amen. El vostro indegno fratello e figliuolo Giovanni di Piero e i suoi compagni, povari per Cristo, vi si racomanda che oriate per loro per amore della carità.

ALL'ABBADESSA ET ALLE MONACHE DEL MONASTERIO DI S. BONDA

Carissime e dilettissime in Jesù Cristo, mie dilette e riposo dell'anima mia, letizia e gaudio per amore del diletto isposo mio e vostro, per cui et in cui è tutto questo verace amore, e per cui è ogni bene e ogni giocondità, e senza cui ogni cosa torna in amaritudine et in pena e pianto. Manifestovi che bene mi pare essare stato cento anni separato da voi, e confessovi che a me è grandissima pena. Ma io m'ero posto in cuore di non venirvi mai, se prima non adempisse el desiderio mio d'alcuna cosa d'onore di Cristo, et a me utile, et a voi per onore di Dio dilettevole; e però vi prego, per la carità di Cristo, che voi lui preghiate che adempia el desiderio mio, se è secondo lui, acciò che ispedito possa compire il cammino longo e malagevole, che in così brevissimo tempo ci è prestato, ristorando alquanto del molto perduto tempo e male ispeso, del quale nulla n'ò a tenere. Ora considero e parmi da considerare, se tanto mi pare malagevole a separarmi da voi, che sete mortagli creature e che non sete perfette, quanto dè parere malagevole all'anima, che, auto e gustato Iddio, puoi da lui si separa, e rimane tanto isterile e misara! Certo maraviglia grande è come non iscoppia il cuore in corpo veggendosi di tanta prosperità privata, e vedersi vedova e derelitta del suo isplendidissimo isposo, e non sa forse con quanto dispiacimento e odio della sposa partito s'è, e non sa per qual peccato. E però, dolcissime, chi à Cristo sì il tenga con ogni sollicitudine e con ogni virtù usare per lo suo amore, e di lui sia geloso e curioso, e dispongasi a seguitarlo colle virtù, acciò che lo sposo non isdegni; e chi l'à perduto sì si brighi di ritrovarlo con ogni pianto, con ogni fatiga, con ogni desiderio e fervore. Dovaremoci disponare innanzi a morire di fame e di pena e ritrovare Cristo, che con ogni agio e vita stare senza lui, però che senza lui non si può vivare. O misari, acciecati che noi semo! Ché, se io considero lo smisurato amore che 'l nostro Maestro e Signore ci ha mostrato, io ci vengo meno e tutto triemo di paura e di dolore. Ora per ricolmare lo stajo considero la grandissima grazia ch'esso fatto v'à; io et ogni persona che la considera si stipidisce, però che voi tutte savate desiderose et affannate di potere essare assolute da ogni colpa e peccato, e per questo non vi pareva fadigosa ad andarne per longo cammino, ove corriste molti rischi e pericolo. E 'l vostro amadore buono e fedele con grandissimo diletto, con molto agio, con molto onore, senza alcuna fadiga vi concedette la grande desiderata grazia, e più aggiognendovi di farvi mostrare il chiovo, che affrisse e conficcò la santissima mano, che ci creò, con essa ricomprandoci dall'onferno. Puoi con cotante altre reliquie sante e belle e devote, puoi farvi tornare con cotanto giubbilo e diletto, ora messovi nella vostra pacifica casa, con tante e tagli grazie; e puoi è da considerare a che tempo; quando alla più gente la propria casa è arsa, e toltagli la robba, istraziati e morti e presi e ricomprati, e con tutto ciò senza alcuno conoscimento di Dio, e in continui iscandoli e peccati. Ora voglio dimandare: voi e noi misari, ove queste grazie nanzi che l'avessimo, meritammo? Per quante e quali operazioni? E puoi che l'aviamo avute, che grazie ne rendaremo a Cristo donatore? Che pensiamo di fare? Oimè, oimè, che anco ci pare che Cristo abbia pure a sodisfare a noi. Parmi da piangere e da dubitare che quegli della compagnia non ci abbiano a iudicare, e no dubito che, se Dio facesse pure la metà a loro, molto più di noi farebbono. Oimè, che io sono ispaventato tutto, e parmi ragione, però che se per ricevare doni si dovea avere vita eterna, certo neuno la merito mai più che Salomone, però che tanto piacque a Dio che, dimandandogli sapienza ne gli diè più che a uomo che mai in questa vita nascesse; puoi gli diè grazie di fare cotanti libri della Sacra Scrittura e parlare di tutte le cose; puoi gli fece fare el suo santissimo templo; conobbe e disse essare tutto il mondo vanità; ebbe tanto di Dio, che fece la Cantica dell'amore dello sposo celestiale alla sposa et anima devota; puoi per tutte queste cose, dice Santo Agostino, ch'el e dannato, et e all'onferno; e questo perché, per le molte grazie, non essendo umile, non ne rende a Dio el debito suo e non rispose come doveva. Che tollendoli Iddio el dono del suo lume, sì cadde in infinite miserie, e finalmente adorò gl'idogli e in tutto si partì da Dio. Sì che non è da confidare e assicurarsi, mo da tremare e rispondare a Cristo con tagli virtù, che per quelle piacciamo a lui, volendo per lui patire infino alla morte. E così, per le grandi cose che per lui faremo, colla grazia sua vivaremo sicuri; e sapete che a cui Cristo più dà, più a lui addimanda; epperò uprite l'orecchie, che a noi non intervenga, come al popolo Giudaico, il quale, ingrato di tutti e benefici di Dio, furo riprobati e tolto loro la eredità. Mo, carissime ispose di Cristo, facciamo sì che noi con uno buono volto vogliamo e chiamiamo Cristo Crucifisso, il quale ispero che con molta dolcezza e allegrezza ci si darà, e faracci giubilare, e godere e non temere la morte; e non dormiamo più, però che 'l tempo e breve molto, e però affrettianci e corriamo dopo Cristo, al quale piaccia per sua cortesia di farci fare la sua voluntà, e darcisi con ogni carità e verità, e di dargli noi e le nostre povare cose, le quali ci impediscono lui; a Cristo piaccia, Deo gratias. El vostro servo Giovanni, non anco povaro come vorrei, ma desideroso. Orate per me, pregate Dio per le donne di frate Piero e per lui e per alcuna cosa, la quale sarebbe di grande onore di Cristo; e in ciò non dico altro; pregate per Guccia nostra. Viva Cristo Crucifisso mille miglia di volte.

ALL'ABBADESSA ET ALLE MONACHE DI S. BONDA

Carissime in Jesù Cristo, come à permesso il nostro Signore Jesù Cristo, noi semo a Montichiello. Però che sapevamo quanto quegli da Montalcino aveano bisogno d'essare veduti, e veduti furo, che vennero ove noi savamo, e per questo modo gli vedemmo. Mandammo, come è andato, Giusto ad Arcidosso, che puoi verrà a voi. Puoi volsi vedere costoro da Montichiello; stanno bene e portansi bene e saviamente, e so assai buoni cristiani e con una grande e buona volontà. Per un'altra lettara vi scrivarò più partitamente ciò che è fatto; ma ora vi scrivo quasi per soffrattura, per cagione della compagnia, la quale è fra Cetona e Castel della Pieve; e però io ve ne volsi avvisare, acciò che potiate avere agio alle cose vostre. Molto me ne rincresce, massimamente perché so, come savate aviate al bene e all'onore di Jesù Cristo. Più so per andare innanzi più che mai sì che intanto mi è grande pena. Carissime, io vi conforto, e rallegro, però che, come mi ridolsi con voi, che per le orazioni vostre io avevo pene, buono mi fu il dolore, però che voi mutaste modo, e Dio mi mosse vivanda, e non à voluto che io muoia di pena; anco per la sua ismisurata carità esso mi à soccorso et àmmi consolato, e so contento. A lui sia lalde e gloria in seculo dei secoli, et a voi il meriti colui, che per voi à fatto bene a me. Come esso mosse modo a me, così mosse modo nelle genti, che rivolse tanto fervore a Asciano, che beato chi là potea gridare: viva Cristo crucifisso, con tanta carità, che fu mirabile cosa. E più che puoi tornammo co' frati Minori, e quali tanta carità, e sforgiato amore ci ànno mostrato, che più ratto parevano impazzare di noi, che altro amore ci avessino. Quando ci partimmo grande pezzo ci scorsero, e quando da loro ci partimmo parve che 'l cuore se lo' schiantasse, e tale vi fu che pareva mezzo morto; e sempre vi si gridò Cristo, a lui sia lalde e gloria. Et una brigata di Montalcinesi vennero in fin là a vederci, sempre co' frati ritornarono, e per le candele vostre dissero tre messe di morti, e per voi e per tutta la brigata. Unde vedete, che quando voleste gridare a Cristo, esso esaudisce, e però ogni otta ne ringraziarò voi; e vedete quanto sia da gloriare il nostro buono Signore. Sete savie, e come la grazia fu fatta a voi, così pagate il debito a Jesù con lalde e gloria rendere; quando l'averete pagato, averete assai fatto. Sappiate che in neuno modo potete a Cristo rendere grazie quanto coll'accostarvi alla sua carità, e puoi ponar giù pareri e voleri, e puoi fare carità e onore e festa per suo amore a' prossimi. E sappiate che io so che tutti coloro, uomini e donne di Montalcino, che sono stati costà sono impazzati di Cristo, che neuna altra cosa possono udire ricordare, se non il nome di Cristo, e so raddoppiati in fede e in carità. Unde voi potete fare ismisurate cose per la volontà di Cristo, e quanto più farete a' prossimi, trovarete che raddoppiarà in voi. Io prego al mio Signore, che vi meriti a cento doppi ogni carità, che voi mostrate ad altrui; questo tutte tenete, che ogni carità e festa, che voi fate alle criature, o in comune o per una sola, tutto mi reco fatto alla mia propria persona, bene che io non vaglio niente; e sempre voglio essare vostro, ogni dì di nuovo. E tenete, madri mie, che, se questo modo terrete, Iddio v'ardarà di fuoco di Spirto Santo, non ne è ponto da dubitare. Benedetto il dì del Signore, e voi benedette sarete nell'uopare sue e nella cosa sua; benedette siate voi in tutte le carità vostre, e chi più ne fa, più avarà. Tutto el mondo vivarebbe bene, se si trovasse chi carità usasse, e però siate conoscenti di tanti e tali doni, addimandate a Cristo con fede, et avarete. Per agio vi scrivaro più cose. Francesco è a Montalcino, e sta bene; Barna e Vanni son meco, e portansi molto bene per la bontà di Dio. Sappiate, che ersera doppo vespero giunse qui Minuccio, partitosi da' frati e quasi mezzo isbalordito; non è anco umiliato tanto che basti; farò in lui quello che potrò, credo che se ne pregate bene Iddio, esso ricevarà grazia da lui. Guai guai a colui, che dalla brigata si partirà! II mio dolce figliuolo Giovanni, più ratto è di voi pazzo, che amore non v'à, el quale, se vedeste quello che di voi mi scrive, tutto el scusareste; mai non ne fu' io tanto pazzo, quanto n'è egli. Abbiate lui e gli altri raccomandati. Vanni si gittarebbe per voi nel fuoco, et a ogni gente fa una storia de' fatti vostri. Oh santa carità figliuola di Cristo ed esso Cristo! Parlate a Giovanni et a tutti, come credete che si convenga, con allegrezza e festa, e tutti confortate. Cristo vi si dia. Puoi che questo messo vi sta anco di qui a domane, sì scrivo più; esso è persona fidata per cui posso sicuramente scrivare ciò che io voglio; ma io non potrò scrivare tutte le mie volontà, però che non ò né mani né penna a scrivare quello che sente l'anima di voi, dilette mie et amate da Cristo. Oh quanto mi rallegro, quando odo, e sento che Cristo sia da voi amato et onorato! Più godo, più giubilo, più mi conforto e prendo cuore, quando io sento che il Signore sia da voi onorato, che mille volte di me tutto mi trasformo in voi, tutto mi struggo dell'onore di Cristo. Non me ne condanni il mio Signore, però che più so contento che esso sia onorato per le vostre mani, che per tutto l'altro mondo. Non posso credare che questo stimolo non sia dato dal mio Signore, però che io el sento in me venire senza il mio procaccio; anco pare che sia infuso nel mio cuore il desiderio di voi, e non so sì affritto, che quando io odo di voi buone novelle, subito non sia consolato. Così vi meriti Iddio ogni consolazione che in ciò mi date; Amen. Sappiate, che io fui tanto molestato da questi Montalcinesi, che io andai a Asciano di là due miglia, et ine vennero alquanti uomini e donne di Montalcino colla maggiore carità e con molte cose; et ine ci rallegrammo nel Signore. E ben vi confesso che coloro, che furo a voi sono pazze di Cristo, e di voi sono cresciute in grandissima fede; e quando vi ricordano quasi tutte si struggono, e dice monna Binda, che mai non sentì più bene. Unde la fiamma è via più raccessa in Montalcino, e s'io vi fossi andato, per certo averave di quegli che a tutto svaligiavano la robba; ma non fa nulla, ché io veggio di qua sì intessuto l'onore di Cristo, et anco so sì ritirato da voi, che il mio stallo sarà breve. Posto che io sia più ratto atto a guastare che a racconciare pure io mi pasco l'anima mia di queste vivande, e d'altro non ò io fame. Sappiate, che questi gattivi, quando giognemmo a S. Giovanni d'Asso su per lo terreno e possessioni, che io già miseramente tenni, sì mi spolliaro, puoi mi scoparo per tutti e borghi del Castello. Unde la gente sì forte diventò stupefatta che non funne uno, che mai potesse fare parola, passando per lo mezzo di loro. E così per grande tempo mi menaro col canopello in gola a ricorsoio. Non pensate voi per ciò che ne sieno sconti e peccati e rei desideri, che io ebbi in quelle contrade ché sarei degno d'essere per tutto quel paese atrascinato. Meritilo Cristo a voi e a loro, et se mai vi viene in taglio, molto ne gli ringraziate. Sappiate che una donna di quelle di Montalcino à il marito e quattro figliuoli, e a gran pena la ritenni, che pure si voleva partire da loro, et andare impazzando per Cristo; e se io non le avessi data isperanza, si averebbe fatte troppe pazzie, et era costei una vana femina, e senza conoscimento di Dio e così l'altre; venni meno a vedere quei santissimi desideri; pregate Iddio per loro, e pregovi che, quanto potete, le confortiate. Monna Moranda di missere Francesco fu di tanta umilita, che mi venne a vedere cotante miglia di longa; et è una savia donna, et à grande disiderio, e fa grande onore al suo Signore; così le confermi tutte il Signore. Pregovi che mi aitate a pagare tanti prezzi, quanti so tenuto per lo mio Signore Jesù Cristo, et io non ho altro che il sangue mio, il quale io desidero tutto di spanderlo in cambio di coloro che onorano lui, ché di lui io sono. La mia vita è vostra e non mia, e per voi la tengo, e per voi desidero di spenderla, però che voi siete la vita dell'anima mia, per cui amore il Signore mi fa vivare, per le cui orazioni io avarò la sua grazia, e farò la volontà sua. A voi s'adempirà la parola del nostro Signore Jesù Cristo: dimandate e saravvi dato ciò che dimandate; dimandate l'onore di Cristo, e gli occhi vostri el vedranno; e così ispero che sarà sufficente a ringraziare el Signore. Quando caminavamo e giognemmo a Corsignano, fucci fatto ismisurato onore, e con grandissima fatiga puoi ci partimmo la mattina. Puoi che fummo dilongati un pezzo, sì ci mandaro dietro, e con venneci ritornare, però che una persona vi fu che disse che la notte aveva avuto in visione, che le pareva vedere affogare gente, e pareva vedere, che per le nostre mani erano scappate da morte e da pericolo. E noi ci partimmo puoi colla nostra puzza e colla nostra miseria grandissima. E siamo qui a Monticchiello e àcci molto dura et ostinata gente, in tanto che molto ànno auto a sostanere questi cristianegli; ma tenete che questo Francesco è un perfetto cristiano e da metterlo a tutti e ritagli del mondo, et arde di carità e di fervore, e raccomandasi a voi molto. Ora non so ch'io debba più dire. Credo ratto partirmi, e scrivarovvi, come dispensarò costoro. Scrivete spesso a Montalcino. Dissemi un frate da Sciano, che un santo frate, che era a Pisa, il quale era di grandissimo fervore, mai non si ristava di parlare di Cristo, e mentre che parlava o predicava, el più delle volte esciva di sé tutto palesemente; e così voleva sempre vedere, parlare del suo dolce Cristo. Dico, che io ò veduto e conosciuto, che di nicistà seguita, che di ciò che la lingua parla, el cuore conviene che senta, e chi parla del mondo già raffreda, e sente di mondo, e così chi di Cristo parla, di Cristo sente. E però vi ricordo che mai questa santissima arte non si dimentichi fra voi. Disse un frate Minore, che se fra religiosi tornasse solo il parlare di Dio, si vi tornerebbe il fervore santo fra loro, e riscalderebbesi el mondo. E questa è la via vera senza neuna contrarietà; e se sopra questa materia ragionate e disputate, vedrete quanto Cristo vi mostrerà la verità, e giammai in voi non verrà meno il fervore. Se di Dio parlarete, più sentirete alto di Dio, e sempre puoi riconoscerete da Cristo ogni cosa e ogni bene umilmente. Racomandovi e miei diletti frategli, a' quali date caldo e baldanzia, amore e carità. Cristo vi sia mille volte nell'anima; amen. A tutte mi racomando mille volte. Giovanni povaro peccatore vi si racomanda in Cristo mille miglia di volte.

[1] Dall'ed. a cura di D. FANTOZZI, vol. I, Lanciano, s.d., pp. 76-84, 108-114.

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UpUltimo aggiornamento: 10/12/06