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La mercatura medievale

di Armando Sapori

© 1972-2006 – Armando Sapori


LETTURE

1. Una visione pessimistica delle crociate[1]

Senza dubbio la crociata è apparsa – anche se questo impulso non era chiaramente né formulato né sentito dai crociati – per i cavalieri e i contadini dell'XI secolo uno sfogo al troppo-pieno dell'occidente, e il desiderio di terre, di ricchezze, di feudi oltremare è stato la primordiale attrattiva. Ma le crociate, anche prima di chiudere il bilancio con uno scacco completo, non hanno appagato la sete degli occidentali, e questi hanno dovuto cercare rapidamente in Europa, e dapprima nello sviluppo agricolo, la soluzione che il miraggio di oltremare non aveva loro consentito. Fronte di combattimenti, la Terra Santa non è stata quel focolare di acquisti, buoni o cattivi, che storici ingannevoli hanno piacevolmente descritto. Le crociate non hanno arrecato alla cristianità né lo sviluppo commerciale nato da rapporti anteriori con il mondo musulmano e dallo sviluppo interno dell'economia occidentale, né le tecniche e i prodotti venuti per altre vie, né l'attrezzatura intellettuale fornita dai centri di traduzione e dalle biblioteche di Grecia, di Italia (innanzi tutto di Sicilia) e di Spagna dove i contatti erano diversamente stretti e fecondi che non in Palestina, neppure quel gusto del lusso e quelle abitudini molli che moralisti arcigni di occidente credono essere l'appannaggio dell'oriente e il dono avvelenato degli infedeli ai crociati ingenui e senza difesa davanti agli incanti e alle incantatrici d'oriente. Senza dubbio i vantaggi ritratti soprattutto, non dal commercio, ma dal nolo dei battelli e dai prestiti consentiti ai crociati hanno permesso a certe città italiane (Genova e Venezia principalmente) di arricchirsi rapidamente; ma che le crociate abbiano suscitato il risveglio e lo sviluppo del commercio della cristianità medievale, uno storico veramente tale non lo può più ammettere. Che esse abbiano invece contribuito all'impoverimento dell'occidente, in particolare della classe cavalleresca, che lungi dal creare l'unità morale della cristianità esse abbiano fortemente contribuito a inasprire i contrasti nazionali nascenti (basta, fra le numerose testimonianze, leggere il racconto della seconda crociata a opera di Eudes de Deuil, monaco di Saint-Denis e cappellano del capetingio Luigi VII, dove si esaspera a ogni episodio l'odio fra Tedeschi e Francesi, e pensare a quello che sono stati in Terra Santa i rapporti per esempio fra Riccardo Cuor di Leone e Filippo Augusto o il duca di Austria che al suo ritorno si affretterà a farlo prigioniero), che esse abbiano scavato un solco definitivo fra occidentali e bizantini (da una crociata all'altra si accentua l'ostilità fra Greci e Latini la quale si concluderà nella quarta crociata con la presa di Costantinopoli da parte dei crociati nel 1204), che lungi dal mitigare i costumi, la furia della guerra santa abbia condotto i crociati ai peggiori eccessi, dai pogrom perpetrati sulla loro strada ai massacri e ai saccheggi (di Gerusalemme per esempio nel 1099, e di Costantinopoli nel 1204 come possiamo leggere nelle narrazioni dei cronisti sia cristiani sia musulmani sia bizantini), che il finanziamento della crociata sia stato il motivo o il pretesto dell'appesantimento della fiscalità pontificia, della pratica inconsiderata delle indulgenze, e che finalmente gli ordini militari impotenti a difendere e a conservare la Terra Santa si siano ripiegati sull'occidente per abbandonarvisi a ogni sorta di esazioni finanziarie o militari, ecco di fatto il pesante passivo di queste spedizioni. lo non vedo altro che l'albicocca come frutto possibile riportato nelle crociate dai cristiani.

[1] LE GOFF, La civiltà, ecc., cit., pp. 94-95. È una posizione diversa da quella che si trova in «1. La rivoluzione commerciale e la rinascita dell'Europa: 2. Le crociate».

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UpUltimo aggiornamento: 19/11/06