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La mercatura medievale

di Armando Sapori

© 1972-2006 – Armando Sapori


1. La rivoluzione commerciale e la rinascita dell'Europa

1. La ripresa demografica e la rivoluzione commerciale

La rinascita economica dell'Europa coincise con la rivoluzione commerciale del secolo XII, il cui presupposto era stato il fattore demografico. La diminuzione della popolazione, fermata alla fine del secolo VIII (la pestilenza generale della metà del secolo sarebbe riapparsa soltanto nel 1348), aveva fatto posto a un aumento intorno alla fine del secolo X allorché cessarono le distruzioni e vennero meno le incertezze dei grandi spostamenti dei popoli nomadi: aumento che accelerò il ritmo nei secoli dall'XI al XIII e si protrasse fin quasi alla metà del Trecento. Manca, naturalmente, una documentazione che consenta di esprimere numericamente le fasi di quell'incremento, il quale fu senza dubbio imponente anche se si risolse, come scrive Jacques Le Goff, in «un semplice recupero di poco superiore alla prosperità romana al chiudersi del secolo II». Imponente e determinante perché portò alla inversione di un'altra tendenza: dall'esodo dalle città verso le campagne, iniziato già prima della fine dell'impero, al ritorno della popolazione nei centri urbani sopravvissuti e all'insediamento in villaggi di nuova creazione.

In rapporto all'aumento della popolazione ecco l'intensificarsi dell'agricoltura – la rivoluzione agricola – con l'abbattimento di foreste, il prosciugamento di paludi, il dissodamento e la messa a coltura di terre già improduttive. Un'opera vasta che culminò a metà del Trecento e che, fornendo i mezzi di sussistenza ai lavoratori delle città, rese possibile la ripresa delle manifatture.

Via via, infine, che la produzione cresceva, si estendevano i traffici, per altro non limitati a brevi spazi neppure al tempo della cosiddetta economia curtense, e si arrivò lungo il corso appunto dei secoli dal XII al XIV al commercio internazionale.

Roberto Lopez ha fatto un accostamento fra le conseguenze della commercializzazione e quelle della industrializzazione dei tempi moderni: conseguenze, s'intende, più modeste allora, ma pure di grande portata. Basti pensare infatti all'influenza che ebbe sulla bilancia commerciale del mondo occidentale che intensificava i rapporti con quello orientale: il lavoro accresciuto nelle officine, e il moto sempre più accelerato dei telai adibiti alla produzione dei panni di lana, e poi di seta e di cotone, la manifattura fondamentale del tempo, consentirono, infatti, di compensare con merci gli acquisti dei beni, appunto dall'oriente, per di più particolarmente cari, senza che dovessero essere ridotte fino all'esaurimento le scarse riserve dell'oro e dell'argento, monetati o no, del nostro continente.


a) L'ITALIA ALL'AVANGUARDIA. Questo processo si constata dai paesi mediterranei all'Europa centrale, all'Inghilterra, verificandosi però situazioni diverse sotto gli aspetti quantitativo e qualitativo. Sotto entrambi, la Penisola italiana fu alla testa della ripresa e vi rimase per quasi due secoli di fronte alle altre regioni del mondo occidentale, designata a quella funzione di pioniere e di guida dalla posizione geografica; dal fatto che la sua popolazione aveva subìto perdite minori che altrove (e così al momento del generale incremento demografico partì da una quota più elevata); dal fatto che la maggior parte delle sue città erano rimaste e si erano organizzate di buon'ora a Comuni autonomi (veri piccoli stati, mentre all'estero, nel quadro delle signorie feudali e dell'accentramento monarchico, i Comuni erano piuttosto centri amministrativi). Quelle città inoltre avevano conservato alcune caratteristiche della civiltà romana come la divisione in classi, fra le quali quella dei negotiatores, e il raggruppamento degli artigiani in scholae, secondo la tradizione, appunto, delle antiche corporazioni.

Si pensi a Pavia, centro politico fin dal secolo VI. Si pensi a Ravenna, che già sede dell'impero di occidente con gli ultimi imperatori, poi sede del regno ostrogoto, e poi ancora capitale per due secoli dei possedimenti bizantini in Italia, si abbellì di splendidi monumenti proprio allorché altrove si distruggevano le costruzioni romane; e fu centro importante di fiere con merci di tante provenienze, se il seguito di Carlomagno vi comprò stoffe ex transmarinis partibus per farne abiti sontuosi. Si pensi a Roma, centro della cristianità, dove convenivano i pellegrini, signori laici e alti dignitari ecclesiastici, i quali contribuivano con ricchi doni al fasto della corte pontificia e a quello delle basiliche. Si pensi alle città marittime dell'Adriatico e del Tirreno, i cui mercanti già dal secolo IX si erano spostati sulle coste opposte del Mediterraneo dall'Egitto a Costantinopoli.

Per concludere sui secoli della preparazione, prima della crociata il Mediterraneo – sempre rimasto aperto agli scambi e non chiuso come ha pensato Henri Pirenne durante la fase irruenta dell'avanzata degli Arabi – era solcato quasi esclusivamente da navi di città della Penisola.

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UpUltimo aggiornamento: 19/11/06