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Le trasformazioni dei rituali funerari tra età romana e alto medioevo

a cura di Irene Barbiera

[versione 1.0 – maggio 2013]

© 2013 - Irene Barbiera per "Reti Medievali"
ISSN 1593-2214



Nota introduttiva

1.1 Le trasformazioni dei rituali funerari

In quella complessa realtà che era il tardo Impero romano, si registra la presenza di forme diverse di commemorazione e sepoltura; e inoltre i rituali funerari si sono costantemente trasformati, nella centenaria storia di Roma, sotto l’influsso di diverse culture e religioni. In questo quadro il cristianesimo avviò, tra l’età tardo antica e l’alto medioevo, un processo lento e graduale di ridefinizione dei rituali funerari che portò nel coso del secolo VIII all’affermazione di una liturgia cristiana controllata dalla Chiesa (Paxton 1990; Brown 1996; Rebillard 2009). In concomitanza con la diffusione del cristianesimo, anche tutta una serie di trasformazioni economiche e sociali contribuirono all’elaborazione di nuovi modelli commemorativi: i dibattiti degli ultimi decenni si sono incentrati sullo stabilire quali fattori furono più o meno influenti, tra la migrazione dei barbari, le trasformazioni economiche, il venir meno di uno stato centralizzato e l’emergere dei regni romano barbarici con la conseguente affermazione di nuove élites. Prima di considerare in modo analitico questi dibattiti (paragrafo 1.2) vediamo brevemente quali sono in concreto le trasformazioni dei rituali funerari e quali tracce essi hanno lasciato a livello archeologico.
Alcuni degli aspetti che caratterizzano il funerale romano persistono in quello cristiano e successivamente in quello altomedievale: la vestizione, le lamentazioni, la processione. Compaiono però anche degli importanti aspetti di novità, che riguardano non tanto i modi concreti di trattare il defunto e di scandire le varie fasi del funerale, quanto il significato attribuito alla morte stessa, il modo di percepire i defunti e di conseguenza il modo di predisporre e localizzare le sepolture.

Ad esempio, la credenza cristiana nella resurrezione dell’anima prima e del corpo al momento del Giudizio Universale trasformarono il modo di rapportarsi ai propri defunti. Mentre in età romana i cadaveri erano ritenuti contaminanti, a partire dalla tarda antichità il corpo del defunto cominciò a essere percepito come sacro: poteva essere toccato senza paura e la sua vicinanza offriva sollievo (Brown 1983 e 1988; Rebillard 1999 e 2009). Questo aspetto determinò un nuovo modo di concepire le necropoli e una loro diversa localizzazione in rapporto allo spazio urbano (Lambert 1997; Cantino Wataghin 1998; Picard 1992). Le chiese divennero i nuovi poli attrattivi delle sepolture, i luoghi in cui i funerali erano celebrati e i morti commemorati.

Da un punto di vista più strettamente materiale, diverse sono le trasformazioni visibili tra le necropoli antiche e quelle altomedievali. Innanzitutto, la cremazione diffusa in Italia tra il III secolo a.C. e il II d.C., cessa di essere praticata dal V secolo d.C. (Rebillard 2009). Un altro importante aspetto di trasformazione riguarda le forme delle tombe e in particolare i segnacoli. In età romana le tombe sono contrassegnate da monumenti funerari in pietra, arrecanti rappresentazioni iconografiche ed epitaffi, che in molti casi raccontano aspetti salienti della vita del defunto e ne specificano il ruolo sociale. A partire dal IV secolo, tuttavia, cominciano a cambiare i contenuti degli epitaffi, che tendono a elencare le qualità spirituali del defunto e molto più raramente quelle sociali; inoltre, da questo momento e con maggior evidenza a partire dal V secolo, l’uso delle epigrafi funerarie comincia a entrare lentamente in crisi, anche se non scompare mai del tutto (De Rubeis 2007). I monumenti funerari vengono impiegati per tutto l’alto medioevo per commemorare gli esponenti dei ceti sociali più abbienti, sia laici sia ecclesiastici, mentre le sepolture degli individui di rango inferiore sono prive di steli in pietra. Le testimonianze archeologiche altomedievali non permettono di definire che tipo di segnacoli fossero impiegati per marcare le tombe: tuttavia gli archeologi concordano nel pensare che in qualche modo esse dovevano risultare visibili in superficie, attraverso sia rialzi del terreno sia strutture in legno o in altro materiale deperibile.

Anche i contenitori dei defunti subiscono delle trasformazioni. Invero, in età romana e per tutta l’età altomedievale sono documentate casse e strutture sotterranee che variano da zona a zona, da necropoli a necropoli e da tomba a tomba; e alcuni tipi di contenitori dei defunti diffusi in età romana sopravvivono nell’alto medioevo, seppure con una diversa distribuzione, altri invece scompaiono. Per esempio, a partire dal VI secolo non si ritrovano più le deposizioni entro anfore, che erano riservate peraltro soltanto ai bambini. Sopravvivono, seppure con minor frequenza, le sepolture alla cappuccina (con copertura di tegole), anch’esse spesso costruite con materiali romani di reimpiego e le deposizioni entro sarcofagi in pietra, spesso di riuso.

A partire dall’alto medioevo si registra inoltre un aumento e una trasformazione dei tipi di oggetti deposti a fianco ai defunti. Nonostante si ponga molta enfasi sui corredi funerari altomedievali, presentati come una novità rispetto all’età romana (Bierbrauer 1984), è invece evidente che fin dalla preistoria i morti erano accompagnati da elementi del vestiario, oggetti, doni e cibi per affrontare il viaggio nell’aldilà. In età romana i corredi più frequenti erano rappresentati da recipienti, ma non mancano anche oggetti preziosi e ornamentali. Sono in particolare due le tipologie di oggetti che gli archeologi medievisti hanno identificato come novità che segnano una svolta rispetto agli usi funerari dei secoli precedenti. Si tratta delle fibule, che decoravano e fungevano da elementi di chiusura dell’abito femminile e degli elementi dell’armatura, deposti nelle sepolture maschili. In Italia, la comparsa delle fibule a staffa viene tradizionalmente datata al V secolo d.C., mentre le armi sono comunemente fatte risalire alla metà del VI. Queste due categorie di manufatti risultano poi via via più diffuse alla fine del VI secolo e per tutto il VII, scomparendo poi gradualmente a partire dall’VIII secolo. La tradizione di deporre corredi funerari è stata tradizionalmente interpretata dagli archeologi come un rito barbarico e pagano. In realtà gli autori cristiani descrivono la deposizione o la presenza di oggetti nelle tombe come prassi e non come un rito contestato o proibito; essi evidenziano semmai l’appetibilità che gli oggetti preziosi potevano suscitare e la possibilità che gli oggetti stessi potessero essere rubati, ponendo l’accento sul ruolo della Chiesa come protettrice dei defunti e dei loro corredi. Ciò risulta anche confermato da diversi scavi recenti che hanno portato in luce sepolture con corredi dentro le chiese (Barbiera 2005b).

Tutte queste trasformazioni sono state interpretate in modo diverso da diversi studiosi nel corso del XX secolo. Alcuni hanno interpretato tali cambiamenti come l’esito di brusche rotture, altri hanno cercato di evidenziare la gradualità con cui queste trasformazioni si sono verificare nel corso dei secoli. Il tema della trasformazione dei rituali e delle forme di sepoltura tra l’età romana e l’alto medioevo è strettamente connesso al più ampio dibattito sulla fine del mondo romano e su che cosa esso significò da un punto di vista economico, sociale e culturale. La lettura delle diverse modalità di seppellimento, dei corredi e, a livello più ampio, della cultura materiale proposta in diversi contesti e in diversi momenti del XX secolo è stato costantemente influenzato dalla percezione degli studiosi circa la fine del mondo romano, dal ruolo che veniva assegnato alla cultura latina, a quella barbarica e alla diffusione del cristianesimo nel dare forma al mondo alto medievale. Dunque, svolgendo un discorso sulla trasformazione dei rituali funerari non ci si può esimere dal più ampio dibattito sulla fine del mondo romano.

1.2 Il dibattito storiografico sulle trasformazioni dei corredi e la fine del mondo romano

Già alla fine del XVIII secolo, nell’influente libro The Decline and Fall of the Roman Empire, Gibbon scriveva: «Gli splendidi giorni di Augusto e Traiano furono eclissati da una nuvola di ignoranza; e i Barbari sovvertirono le leggi e i palazzi di Roma. Ma la falce, emblema e invenzione di Saturno, continuò a mietere annualmente i raccolti d’Italia» (Gibbon 1960, p. 431). Da allora il dibattito sulle modalità e le conseguenze della caduta dell’Impero romano d’Occidente e sul ruolo dei barbari in questo processo è rimasto vivace. Le teorie di Gibbon furono per lo più accolte in Italia, dove l’età romana, civile e organizzata, veniva considerata il momento d’oro della storia nazionale disgregato poi dall’arrivo dei barbari (Manacorda, Tassia 1985; Giardina, Vauchez 2003). Sulla scia della storiografia ottocentesca, particolarmente rappresentata da Alessandro Manzoni, gli antichi Germani venivano infatti descritti come degli invasori rozzi e brutali, che portarono a una profonda rottura nella storia d’Italia (Gasparri 2003; La Rocca 2004). In quest’ottica possono essere intesi i numerosi articoli compari sulle «Notizie degli scavi di antichità» tra fine Ottocento e gli inizi del Novecento, volti da un lato ad apprezzare i copiosi monumenti funerari romani arricchiti di epitaffi e sculture decorative, dall’altro a descrivere le sepolture e i resti barbarici come indice di regresso e decadimento, individuabile in sepolture prive di sarcofagi e di testi commemorativi (Barbiera 2010).

Nel nord Europa, dove i regni romano-barbarici venivano percepiti come i precursori delle moderne nazioni, le invasioni barbariche venivano invece descritte in chiave positiva: i barbari insediatisi entro il limes portarono una ventata di innovazione e vigore all’Impero ormai in crisi (Albertoni 2005). Su questa linea, le ricerche archeologiche funerarie promosse dal Terzo Reich svolsero un ruolo di primo piano, essendo orientate a identificare e studiare attraverso i corredi tombali i diversi gruppi etnici che costellavano il mondo altomedievale. Si riteneva infatti possibile individuare due culture materiali distinte, quella barbarica e quella romana, come espressione di due gruppi etnici in conflitto; i corredi funerari vennero usati per definire il costume tradizionale e per stimare l’intensità dell’insediamento degli uni e degli altri nei territori dell’Impero. Armi, complementi di vestiario come fibule e fibbie, e più genericamente oggetti in metallo erano ascritti al costume tradizionale barbarico, e la presenza di tombe con tali corredi permetteva di segnalare la presenza dei barbari (Feher, 2010). Si pensava, infatti, sulla scia del paradigma storico culturale formulato da Gustav Kossinna all’inizio del XX secolo, che ogni popolo o tribù menzionato dalle fonti scritte avesse posseduto una sua cultura materiale ben definita, ancorata a un’antica tradizione e che l’archeologia sarebbe stata in grado di individuare tali culture permettendo così di mappare la presenza dei diversi popoli e di tracciarne gli spostamenti.

Una voce fuori campo in questo dibattito fu quella di Henri Pirenne, che in un volume importante come Mahomet et Charlemagne cercò di dimostrare già nel 1937 che le invasioni barbariche non segnarono la fine della cultura latina e che molti aspetti economici e culturali del mondo antico sopravvissero in Occidente anche dopo la sua fine; tuttavia, queste idee non ebbero grande seguito all’epoca. Anche dopo la seconda guerra mondiale il periodo definito “della migrazione dei popoli” continuò a essere percepito come un’epoca di grandi stravolgimenti in cui il sistema culturale barbarico alterò quello romano. L’archeologia forniva le prove tangibili di tali processi: i ritrovamenti tombali e in particolare le diverse tipologie e gli stili degli oggetti di corredo vennero impiegati per ricostruire i costumi tradizionali delle diverse tribù barbariche, menzionate dalle fonti scritte. I romani invece risultavano identificabili in sepolture prive di corredo: il loro costume tradizionale era pertanto caratterizzato dall’assenza di elementi distintivi. Da questi studi scaturì l’idea che le migrazioni dei barbari avessero determinato l’introduzione di rituali funerari diversi rispetto a quelli del mondo romano-mediterraneo, e che tali rituali, poiché impiegati quali strategie di distinzione etnica, si mantennero nella prima fase di insediamento coerenti con la tradizione barbarica. Soltanto in una seconda fase, in seguito al processo di acculturazione e conversione al cristianesimo, essi si fusero con i rituali di tradizione romana. Secondo Volker Bierbrauer, il processo di insediamento e di acculturazione dei longobardi in Italia può essere studiato dettagliatamente a partire dagli accessori di abbigliamento ritrovati nelle sepolture. In particolare le fibule a staffa decorate in “stile zoomorfo I” sarebbero indicative dell’identità longobarda delle donne che le indossavano e la loro successiva sostituzione con le fibule a disco, di tradizione romano-mediterranea, testimonierebbero l’acquisizione della cultura autoctona da parte dei longobardi (Bierbrauer 1984).

Diversi punti di queste interpretazioni sono stati riconsiderati a partire dagli anni Settanta, in primis dai fondatori della New Archaeology o archeologia processuale (Binford 1971; Chapman, Randsborg 1981; Moreland 1991; Jones 1997; Renfrew, Bahn 2005). Uno degli assunti del paradigma storico culturale che venne messo in dubbio è quello di dare per scontato che le innovazioni culturali visibili nei record archeologici siano da attribuire alle migrazioni di nuovi gruppi. La cultura si evolve, sottolineavano gli archeologi processualisti, in funzione delle costanti e inevitabili trasformazioni sociali, economiche e culturali insite alle società stesse. Anche i rituali funerari sono soggetti agli influssi sociali ed economici delle comunità che li praticano, anzi i rituali funerari sarebbero proprio l’espressione dei rapporti di forza tra i diversi gruppi sociali. Dunque la composizione dei corredi, la scelta del tipo di tomba e della sua posizione non sarebbero dettati dalle identità etniche del defunto, ma dal suo rango. I dibattiti dell’archeologia processuale influenzarono però solo marginalmente le ricerche archeologiche altomedievali, e soprattutto non scardinarono l’idea che a diversi gruppi etnici vadano abbinati determinati corredi. Ora alla dimensione etnica si assommava anche quella di rango: le tombe con armi altomedievali erano appartenute a ricchi guerrieri di origine barbarica, che avevano conquistato i territori romani e assunto ruoli di prestigio.

Fu soltanto l’archeologia “post-processuale” che nel corso degli anni Ottanta portò a una revisione radicale del paradigma storico-culturale nelle discipline medievali. Gli archeologi post-processualisti evidenziarono come tutti gli aspetti che compongono la cultura materiale sono polisemici, ossia possono assumere un diverso significato e simboleggiare diverse identità a seconda dei contesti. In tal modo, uno stesso elemento stilistico o uno stesso oggetto possono assumere diverso valore in diversi momenti o ambiti. Ad esempio, un elemento di abbigliamento può essere espressione di mascolinità o femminilità, ma allo stesso tempo essere appannaggio di un certo gruppo sociale e diventare espressione di differenziazione etnica se esibito in occasioni d’incontro, scambio, oppure conflitto e competizione, tra gruppi diversi (Jones 1997; Swift 2000).

Nello specifico dell’archeologia funeraria, i post-processualisti criticarono l’atteggiamento che aveva spinto fino ad allora gli archeologi a considerare le necropoli come lo specchio fedele della società dei vivi. Si cominciò a sottolineare, invece, la funzione performativa dei funerali in quanto rituali gestiti dai familiari o dai cari in lutto. In quest’ottica, la scelta dei simboli impiegati per ricordare il defunto riflette prima di tutto le esigenze di rafforzare, affermare, o creare relazioni sociali nel presente, e non necessariamente di riprodurre fedelmente il suo vissuto. Di tutte le diverse identità (di età, di sesso, di appartenenza etnica e familiare) che il defunto aveva assunto in vita, soltanto alcune possono essere scelte come significative e degne di rilievo al momento del seppellimento, e non è neppure escluso che vengano aggiunti attribuiti concepiti ex-novo. Allo stesso tempo anche i legami affettivi fungono da filtro, così un individuo può essere commemorato in modo diverso a seconda se a compiangerlo ci sono dei figli, una moglie oppure soltanto dei parenti lontani. Dunque, la predisposizione della tomba e la scelta dei corredi rappresentano l’immagine dell’antenato che i discendenti hanno voluto offrire alla comunità dei vivi.

Parallelamente anche le ricerche in altre discipline hanno contribuito al dibattito sull’interpretazione dei contesti funerari e sui processi di trasformazione del mondo romano. Sia il concetto d’identità etnica, sia quello di migrazione e acculturazione sono stati riconsiderati in ambito antropologico e sociologico.

Un importante contributo all’interpretazione delle identità etniche del mondo antico è stato offerto dal libro Ethnic Groups and Boundaries dell’antropologo Fredrik Barth, scritto negli anni Sessanta ma entrato nei dibattiti storici e archeologici soltanto più tardi. Secondo Barth l’identità etnica è fluida e non monolitica, e il processo di inclusione o esclusione entro una determinata etnicità è contingente e non innato; inoltre la definizione dei gruppi etnici stessi è data dal grado di interazione con altri gruppi. In quest’ottica, l’identità etnica viene impiegata come strategia di auto-definizione e di identificazione in contrapposizione agli altri; i suoi confini non sono statici, ma soggetti a continue trasformazioni e mediazioni; essa è un costrutto “situazionale” in quanto può mutare a seconda del contesto (Geary 2002; Gasparri-La Rocca 2012). Inoltre, la definizione di genti e popoli in chiave etnica è spesso elaborata in primis dai gruppi egemoni e poi assorbita dai diretti interessati come espressione del “noi” in contrapposizione al “loro” (Barth 1969; Fabietti 1995). Date queste premesse, come lo stesso Barth scrisse, «non è possibile dare per scontata alcuna relazione univoca tra unità etniche e somiglianze o differenze culturali» (Barth 1969, p. 13).

Anche gli studi teorici sulle migrazioni hanno evidenziato come sia i processi di migrazione sia quelli relativi agli scambi culturali non seguono degli andamenti lineari. Le migrazioni storiche non avvengono mai nella forma di spostamenti in massa di genti verso mete ignote, secondo il modello descritto dalle fonti antiche altomedievali, nella fattispecie dalle Origines gentium, ma avvengono per ondate e risultano più o meno diluite nel tempo (Anthony 1990, 1997; Harzig, Hoerder 2009). Un altro punto importante è che la reciproca influenza tra cultura autoctona e cultura dei migranti risulta complessa e non segue necessariamente il modello di “incontro/scontro di due culture”. Innanzitutto, gli scambi culturali seguono delle dinamiche che possono anche essere indipendenti dalle migrazioni su larga scala. Ad esempio, migrazioni temporanee, come pellegrinaggi, ambasciate o migrazioni per lavori stagionali, che comportano poi un ritorno sistematico alla terra di origine, possono comportare scambi culturali significativi e importanti. Inoltre, si è rilevato che la trasmissione culturale segue un andamento complesso, multi-direzionale e variabile a seconda dei casi e delle circostanze. In questa prospettiva è ad esempio semplicistico attribuire le trasformazioni dei rituali funerari tra tardo antico e alto medioevo alla sola immigrazione dei barbari, così come non è possibile identificare una omogenea e definita cultura materiale barbarica, visibile lungo le presunte linee dei loro spostamenti entro il limes romano. La cultura, si è scritto, non è mai statica: continui contatti e spostamenti umani la trasformano costantemente, creando di volta in volta una nuova miscela in cui le varie parti che l’hanno composta e trasformata non sono più discernibili. Il processo attraverso il quale viene individuata una tradizione autentica e ancestrale avviene a posteriori al fine di immortalare alcuni aspetti della cultura a cui fare riferimento nel legittimare le linee di demarcazione tra diversi gruppi etnici, sociali, politici o religiosi (Bayart 1996; Aime 2004).

Prendendo spunto da questi studi e attraverso una analisi più approfondita delle fonti scritte, gli storici hanno proposto che le gentes nominate dalle fonti altomedievali non fossero gruppi etnicamente omogenei, uniti da una discendenza di sangue, ma semmai bande militari eterogenee e fluide, la cui coesione era garantita dalla solidarietà a un capo. La loro rappresentazione come entità coerenti venne formulata, in prima istanza, dai romani che tendevano a categorizzare e ordinare il confuso mondo dei barbari (Geary 2002). Seguendo questo stesso processo, i diversi nomi di longobardi, franchi, alamanni e così via, indicavano, almeno in una prima fase, diversi eserciti solidali a un capo, che comprendevano al loro interno genti di diversificata origine (Pohl 1997, 2000; Geary 2002; Gasparri 2003, 2010; Gasparri-La Rocca 2012). Il contatto tra barbari e romani era antico quanto la storia dell’Impero, così come lo erano gli scambi culturali lungo la frontiera e oltre. L’arrivo dei barbari non aveva quindi rappresentato una così drastica rottura rispetto al passato tardo antico. Il periodo tra la fine del mondo romano e l’alto medioevo cominciò a essere investigato come una fase di trasformazioni più che di brusche rotture (Goffart 1987, 2006). Ciò non significa negare che tantissimi aspetti della vita politica, economica e sociale del mondo romano cambiarono significativamente: si vuole semmai evidenziare che tali trasformazioni avvennero per gradi e non furono innescate in primis dalle migrazioni dei barbari.

Già negli anni Settanta Peter Brown aveva dato risalto alla necessità di considerare la fase di passaggio tra mondo romano e altomedievale come una fase storica a sé, superando la tradizionale divisione tra discipline classiche e medievali (Brown 1971, 1978, 1996). Su questa linea, negli anni Novanta è stato avviato dalla European Science Foundation un progetto di ricerca a vasto raggio intitolato the Trasformation of the Roman World, che ha visto coinvolti studiosi di diverse discipline: storiche, archeologiche, filologiche, epigrafiche, etc. Scopo del progetto era di considerare la fine del mondo romano e la transizione al medioevo cercando di superare una serie di barriere: innanzitutto quella tra studiosi del mondo antico e medievisti, poi quella tra studiosi di diverse aree che vanno dalla storia all’archeologia, dalla storia dell’arte alla filologia, infine quella tra studiosi con diversi background culturali e nazionali (Wood 1997). L’idea di fondo del progetto, come il suo titolo stesso rivela, è quello di considerare la fine dell’Impero romano come una fase di trasformazioni, alcune innescate da fenomeni insiti al mondo romano stesso, altre certamente connesse all’insediamento dei barbari, ma che in ogni caso avvennero gradualmente. Inoltre, un punto di vista importante di questo approccio è quello di cogliere come queste trasformazioni vennero percepite e narrate da coloro che le vissero in prima persona. Tuttavia il dibattito sulla fine del mondo romano e della trasformazione della cultura materiale è stato più recentemente riaperto da Bryan Ward Perkins, nel suo volume The Fall of Rome and the End of Civilization, che riprendendo vecchi paradigmi offre una lettura del periodo altomedievale in chiave di decadenza e declino (Ward Perkins 2003).

Da tutti questi dibattiti sono scaturiti negli ultimi vent’anni nuovi approcci allo studio delle sepolture e dei resti funerari. Si sono promossi metodi interdisciplinari allo studio dei rituali funerari che vedono coinvolte fonti di diversa natura quali scritte, archeologiche, antropologiche ed epigrafiche per comprendere nel modo più articolato possibile le strategie di commemorazione elaborate in diverse società (Barbiera 2005, 2012; Halsall 1995, 1996, 2010; Handley 2003; Härke 1990, 2001; La Rocca 1997, 1998, 2005; Le Jan 2000; Theuws 2000). Sono state introdotte le categorie di genere e di appartenenza al gruppo sociale, familiare e alla comunità locale, essendo questi ultimi i principali gruppi che interagivano nel contesto di un funerale (Barbiera 2012; Halsall, 2010; La Rocca 2007). Le forme di sepoltura sia romane sia medievali studiate alla luce di questi indirizzi hanno aperto nuove domande e suggerito nuove risposte sulla rappresentazione dei ruoli femminili e maschili, dei legami di parentela e di come essi si modificarono nel corso dei secoli (Smith 2008).

In ultimo, sono stati introdotti nell’applicazione corrente nuovissimi metodi di analisi bio-archeologica che, partendo dagli studi delle necropoli e coinvolgendo diverse discipline scientifiche, quali l’antropologia biologica, la genetica e gli studi isotopici, stanno aprendo nuove strade di ricerca e ponendo nuovi quesiti riguardanti le trasformazioni sociali e culturali della fine del mondo romano.


2. Risorse

2.1.. Biblioteche

Non esistono biblioteche specificamente dedicate al tema di rituali funerari e delle trasformazioni del mondo romano. Tuttavia alcune biblioteche offrono abbondanti materiali sui diversi temi relativi. Tra le biblioteche più aggiornate sia sui dibattiti riguardanti l’interpretazione del periodo tardo antico e alto medievale sia sui dati archeologici recentemente pubblicati si possono segnalare le biblioteche dei dipartimenti di storia delle Università di Bologna, Padova, Torino, Milano e Venezia: quest’ultima tra l’altro raccoglie anche tutti i volumi della biblioteca di Otto von Hessen. Per quanto riguarda più specificamente i dati archeologici si segnala la biblioteca dell’Università di Siena.

2.2. Centri di ricerca

Tra i centri di ricerca internazionali che si occupano più genericamente del tema della trasformazione del mondo romano e del processo di insediamento dei barbari vanno segnalati l’Institut für Mittelalterforschung della Österreichische Akademie der Wissenschaften (http://www.oeaw.ac.at/imafo/), l’Institut für Archäologische Wissenschaften dell’Università di Friburgo (http://www.iaw.uni-freiburg.de/), dove è dato particolare rilievo alla storia degli studi e alla formulazione delle diverse teorie interpretative, e il Department of Early Middle Ages del Römisch-Germanisches Zentralmuseum, che ha un approccio archeologico scientifico alle trasformazioni del mondo romano (http://web.rgzm.de/1.html?&L=1). In Italia, queste tematiche sono trattate dal Centro Interuniversitario per la Storia e l’Archeologia dell’Alto Medioevo, costituito dai Dipartimenti di Storia e di Archeologia delle Università di Siena, Padova e Venezia Ca’ Foscari, con sede a Poggibonsi (Siena), (http://archeologiamedievale.unisi.it/saame/).

2.3. Riviste

Non esistono ovviamente riviste specifiche sul tema della trasformazione dei corredi tra antichità e medioevo, né esistono specifiche riviste di archeologia funeraria. I diversi temi che si connettono al discorso della trasformazione del mondo romano, delle trasformazioni culturali e dei rituali sono comunque frequentemente trattate su diverse riviste internazionali. Tra le più importanti si segnalano: «Early Medieval Europe», «Frühmittelalterliche Geschichte», «Journal of Roman Studies», «Antiquity», «Mélanges de l’École Française de Rome», «Papers of the British School at Rome». Una rivista di recente fondazione «Journal of Archaeological Science», a carattere più strettamente scientifico, si occupa di bioarcheologia e tratta spesso di temi quali trasformazione dell’ambiente, dell’economia e dei tenori di vita partendo da analisi dei dati delle necropoli.

Tra le riviste italiane il tema dei rituali in contesto archeologico è più spesso trattato su «Archeologia medievale».

2.4. Bibliografie

Un buon punto di partenza per una ricerca bibliografica è la «The Medieval Review» – liberamente disponibile on line – che recensisce ogni anno un esteso numero di volumi relativi a tutti i settori degli studi medievali, pubblicati a partire dal 1993: https://scholarworks.iu.edu/dspace/handle/2022/3631.

2.5. Tipologia di fonti

Le fonti che permettono di comprendere le trasformazioni dei rituali tra l’età antica e il medioevo sono di articolata tipologia:

  • Fonti epigrafiche: per lo più edite soprattutto per l’età romana.
  • Fonti archeologiche relative a scavi di necropoli: possono essere edite in resoconti preliminari o pubblicazioni comprensive e dettagliate, oppure inedite; in tal caso la documentazione, solitamente conservata nei musei, può risultare di difficile accesso.
  • Fonti antropologiche relative agli scheletri sepolti nelle varie necropoli possono essere edite in riviste specializzate di antropologia fisica nazionali o internazionali.
  • Fonti narrative, agiografiche, celebrative che documentano di rituali funerari e processi di commemorazione: sono per lo più edite per l’età romana; più scarse, ma anch’esse per lo più edite, quelle di età altomedievale.
  • Fonti legislative che riportano norme e regolamentazioni relative alle modalità di seppellimento, proprietà dei lotti funerari, tutela dei defunti e delle tombe: sono edite sia per l’età romana sia per quella altomedievale.

Fonti testamentarie ed epistolari che racchiudono menzione a casi singoli di funerali e sepolture in un contesto per lo più privato ma anche pubblico: sono per lo più edite.

2.6. Edizioni di fonti

I diversi tipi di fonti che permettono di ricostruire le trasformazioni dei rituali tra età romana e alto medioevo sono edite nei seguenti formati:

  • Le fonti legislative, narrative, storiografiche e letterarie tardoantiche e altomedievali sono edite nei Monumenta Germaniae Historica (http://www.dmgh.de/). 
  • Le fonti legislative di età romana raccolte nel Codice teodosiano sono edite in Theodosiani libri XVI cum constitutionibus Sirmondianis, a cura di T. Mommsen, P.M. Mayer, Berlin 1905 (http://webu2.upmf-grenoble.fr/DroitRomain/Constitutiones/codtheod.html).
  • I Digesta, le Institutiones e il Codex di Giustiniano sono editi rispettivamente in Iustiniani Digestae, a cura di T. Mommsen, P. Krüger, Berlin 1882; in Iustiniani Institutiones, a cura di P. Krüger, Berlin 1872; e in Codex Iustinianus, a cura di P. Krüger, Berlin 1877.
  • Le fonti epigrafiche di età classica sono edite nel Corpus Iscritionum Latinarum, C.I.L. (http://cil.bbaw.de/cil_en/index_en.html).
  • Le fonti epigrafiche altomedievali italiane sono in parte pubblicate e in corso di pubblicazione nel Corpus Inscriptionum medii Aevii Italiae, di cui sono usciti i volumi relativi alle regioni Lazio, Umbria e Veneto e nel Corpus della scultura altomedievale, entrambi editi dal Centro Italiano di Studi sull’alto medioevo di Spoleto (http://www.cisam.org/catalog/index.php?cPath=29_41&osCsid=115f973a910897205dfb1a4f1).
  • Le fonti epigrafiche cristiane sono edite per l’Italia nella collana Inscriptiones Christianae Italiae, septimo saeculo antiquiores, a cura del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, che raccoglie suddivisi in 15 volumi i dati relativi alle seguenti aree: Regio II (Hirpini, Apulia et Calabria), Regio III (Regium Iulium, Locri, Taurianum, Trapeia, Vibo Valentia, Copia-Thurii, Blanda Iulia), Regio IV (Cluviae, Interpromium, Sulmo, Corfinium, Superaequum, Peltuinum, Aveia, Marruvium, Supinum Vicus, Alba Fucens, Carsioli, Amiternum, Interocrium), Regio V (Picenum), Regio VI (Umbria), Regio VII (Volsinii, Centumcellae, Ager Capenas, Clusium), Regio IX (Dertona, Libarna, Forum Iulii Iriensium et Liguria reliqua Trans et Cis Appenninum), Regio X (Tridentum et ager tridentinus), Regio XI (Mediolanum I e Mediolanum II). Le iscrizioni cristiane della città di Roma sono invece raccolte nella serie Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores, in dieci volumi editi dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra tra la fine dell’Ottocento e il 1992.
  • I ritrovamenti archeologici sono editi sui bollettini e notiziari delle Soprintendenze archeologiche locali. Ritrovamenti importanti a livello nazionale di età classica sono editi su «Notizie degli scavi di antichità», pubblicato dall’Accademia nazionale dei Lincei; ritrovamenti di età medievale sono editi periodicamente nella rivista «Archeologia medievale». Un censimento dei siti altomedievali italiani ordinati per regione si trova nelle Schede di archeologia Longobarda in Italia edite in «Studi medievali» tra il 1973 e il 2005. Vale inoltre la pena consultare il sito Biblioteca archeologica on line BIBAR, gestito dall’Università degli Studi di Siena, che raccoglie un ampio catalogo delle pubblicazioni relative all’archeologia medievale, talora consultabili on line: http://www.bibar.unisi.it/.

I risultati delle analisi di antropologia fisica degli scheletri emersi in necropoli italiane di diversi periodi storici sono editi su diverse riviste specializzate tra le quali si possono segnalare: «Archivio per l’antropologia e la etnologia», «Rivista di antropologia», «Archeologia contemporanea», «Quaderni di antropologia e di etnologia», «Quaderni di scienze antropologiche». A livello internazionale la più importante rivista è «American Journal of Physical anthropology».

2.7. Siti web tematici

2.8. Studi

a. Sulle transizioni del mondo romano e la nascita dell’Europa medievale in generale

  • After Empire. Towards an Ethnography of Europe’s Barbarians, a cura di G. Auseda, New York 1995.
  • Approaching Late Antiquity: The Transformation from Early to Late Empire, a cura di S. Swain e M. Edwards, Oxford 2004.
  • Borders, Barriers, and Ethnogenesis. Frontiers in Late Antiquity and the Middle Ages, a cura di F. Curta, Turnhout 2005 (Studies in the Early Middle Ages, 12).
  • P. Brown, The Making of Late Antiquity, Harvard 1978 (trad. it. Genesi della tarda antichità, Torino 2001).
  • P. Brown, The World of Late Antiquity, London 1971.
  • P. Brown, Body and Society. Men, women, and sexual renunciation in early Christianity, New York 1988.
  • P. Brown, The cult of the saints, Chicago 1981 (trad. it. Il culto dei santi, Torino 1983).
  • A. Cameron, The mediterranean world in late Antiquity AD 395-600, London e New York 1993.
  • Constructing Identites in Late Antiquity, a cura di R. Miles, London e New York 1999.
  • Debating the Middle Ages, a cura di B.H. Rosenwein e L.K. Little, Malden 1998.
  • East and West: modes of communication, a cura di E. Chrysos e I. Wood, Leiden-New York-Köln 1999 (The Transformation of the Roman World, 5).
  • Ethnicity and culture in Late antiquity, a cura di S. Mitchell e G. Greatrex, London 2000.
  • Europe between late Antiquity and the Middle Ages, a cura di J. Bintliff e H. Hammerow, Oxford 1995.
  • E. Gibbon, The decline and fall of the Roman Empire, London 1960.
  • S. Gasparri, C. La Rocca, Tempi barbarici. L’Europa occidentale tra antichità e Medioevo (300-900), Roma 2012.
  • Italy in the Early Middle Ages 476-1000, a cura di C. La Rocca, Oxford 2002.
  • Kingdoms of the Empire: The Integration of Barbarians in Late Antiquity, a cura di W. Pohl (The Transformation of the Roman World, 1), Leiden-New York-Köln 1997.
  • Le trasformazioni del V secolo. L’Italia, i barbari e l'Occidente romano, Atti del seminario di Poggibonsi, 18-20 ottobre 2007,a cura di P. Delogu e S. Gasparri, Turnhout 2010.
  • Shifting frontiers in Late Antiquity, a cura di R.W. Mathisen e H.S. Sivan, Aldershot 1996.
  • J. Smith, Europe after Rome: a new cultural history 500-1000, Oxford 2005 (trad. it. L’Europa dopo Roma. Una nuova storia culturale, 500-1000, Bologna 2008).
  • Strategies of distinction: the construction of the ethnic communities, 300-800, a cura di W. Pohl e H. Reimitz, Leiden-New York-Köln 1998 (The Transformation of the Roman World, 2).
  • E. Swift, The End of the Western Roman Empire. An Archaeological Investigation, Charleston 2000.
  • The City in Late Antiquity, a cura di J. Rich, London 1992.
  • The idea and ideal of the town between Late Antiquity and the Early Middle ages, a cura di G. P. Brogiolo e B. Ward-Perkins, Leiden-Boston-Köln 1999 (The Transformation of the Roman World, 4).
  • The Transformation of frontiers from late antiquity to the Carolingians, a cura di W. Pohl, I. Wood e H. Reimitz, Leiden-New York-Köln 2001 (The Transformation of the Roman World, 10).
  • The Transformation of the Roman World AD 400-900, a cura di L. Webster, M. Brown, London 1997.
  • Towns and their territories between late Antiquity and the early Middle Ages, a cura di G.P. Brogiolo, N. Gauthier e N. Christie, Leiden-New York-Köln 1999 (The Transformation of the Roman World, 9).
  • B. Ward-Perkins, The fall of Rome and the end of Civilization, Oxford 2003.
  • C. Wickham, Framing the early middle ages. Europe and the Mediterranean, 400-800, Cambridge 2005 (trad. it. Le società dell’alto Medioevo. Europa e Mediterraneo, secoli V-VIII, Roma 2009).
  • C. Wickham, The Inheritance of Rome: a history of Europe from 400 to 1000, London 2009.

b. Questioni storiografiche

  • G. Albertoni, Romani e Germani come questione storiografica, in Romani e Germani nel cuore delle Alpi tra V e VIII secolo, Catalogo della mostra, Bolzano 2005, pp. 17-27.
  • I. Barbiera, The Valorous Barbarian, the Migrating Slav and the Indigenous Peoples of the Mountains. Archaeological Research and the Changing Faces of Italian Identity in the 20th Century, in Archäologie der Identität, a cura di W. Pohl e M. Mehofer, Wien 2010 (Forschungen zur Geschichte des Mittelalters, 16), pp. 183-202.
  • B. Effros, Artistic, scholarly, and popular depictions of the ‘première race” in late nineteenth-century France, in Vergangenheit und Vergegenwärtigung. Frühes Mittelalter und europäische Erinnerungskultur, a cura di H. Reimitz, B. Zeller, Wien 2009 (Forschungen zur Geschichte des Mittelalters, 14), pp. 71-91.
  • B. Effros, The Germanic Invasions and the Academic Politics of National Identity in Late Nineteenth-Century France, in Gebrauch und Missbrauch des Mittelalters, 19.-21. Jahrhundert - Uses and Abuses of the Middle Ages: 19th-21st Century - Usages et mésusages du Moyen Âge du XIXe au XXIe siècle, a cura di J. Bak, J. Jarnut, P. Monnet e B. Schneidmüller, München 2009, pp. 80-94.
  •  B. Effros, Anthropology and Ancestry in Nineteenth-Century France. Craniometric profiles of Merovingian-Period Populations, in Archäologie der Identität, a cura di W. Pohl, M. Mehofer, Wien 2010 (Forschungen zur Geschichte des Mittelalters, 16), pp. 233-244.
  • H. Feher, Volkstum as paradigm: germanic people and Gallo-Romans in Early Medieval Archeology since 1930s, in On Barbarian Identity. Critical Approaches to Ethnicity in the Early Middle Ages, a cura di A. Gillett, Turnhout 2002, pp. 177-200.
  • H. Feher, Germanen und Romanen im Merowingerreich: Frühgeschichtliche Archäologie zwischen Wissenschaft und Zeitgeschehen, Berlin 2010.
  • A. Giardina, A. Vauchez, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Bari 2003.
  • C. La Rocca, L’archeologia e i Longobardi in Italia. Orientamenti, metodi, linee di ricerca, in Il Regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società e istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp. 173-233.
  • D. Manacorda, R. Tassia, Il piccone del regime, Roma 1985.
  • S. Troilo, La patria e la memoria: tutela e patrimonio culturale nell’Italia unita, Milano 2005.

c. Migrazione e insediamento dei barbari

  • P. Amory, People and Identity in Ostrogothic Italy, 489-554, Cambridge 1997.
  • D.W. Anthony, Migration in Archaeology: The Baby and the Bathwater, in «American Anthropologist», 92 (1990), pp. 895-914.
  • D.W. Anthony, Prehistoric Migration as Social Process, in Migrations and Invasions in Archaeological Explanation, a cura di J. Chapman, H. Hamerow, Oxford 1997 (British Archaeological Reports), pp. 21-32.
  • S. Brather, Archaeologie der westlichen Slawen. Siedlung, Wirtschaft und Gesellschaft im früh- und hochmittelalterlichen Ostmitteleuropa, Berlin 2001.
  • N. Christie, The Lombards, Oxford 1998.
  • F. Curta, The Making of the Slavs: History and Archaeology of the Lower Danube Region ca. 500-700, Cambridge 2001.
  • S. Gasparri, Migrazione, etnogenesi, integrazione nel mondo romano: il caso dei longobardi, in Archeologia e storia delle migrazioni. Europa, Italia, Mediterraneo tra tarda età romana e alto Medioevo. Atti del convegno internazionale di studi di Cimitile-Santa Maria Capua Vetere, 17-18 giugno 2010, a cura di C. Ebanista, M. Rotili, Cimitile 2011, pp. 31-41 (in www.biblioteca.retimedievali.it).
  • S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli etnie e stati tra Antichità e Medioevo, Roma 2003.
  • W.A. Goffart, Barbarians and Romans, A.D. 418-584: Techniques of Accommodation, Princeton 1987.
  • W.A. Goffart, Barbarian Tides: The Migration Age and the Later Roman Empire, Philadelphia 2006.
  • G. Halsall, Barbarian Migrations and the Roman West, 376-568, Cambridge 2007.
  • What is Migration History?, a cura di C. Harzig, D. Hoerder, con D. Gabaccia, Cambridge 2009.
  • P. Heather, Disappearing and Rappearing Tribes, in Strategies of Distinction, a cura di W. Pohl e H. Reimitz, Leiden 1998, pp. 95-111.
  • Y. Hen, Roman Barbarians. The royal court and culture in the Early Medieval West, London 2007.
  • L’Italia centro settentrionale in età longobarda, Atti del convegno, Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995, a cura di L. Paroli, Firenze 1997.
  • On Barbarian Identity. Critical Approaches to Ethnicity in the Early Middle Ages, a cura di A. Gillett, Turnhout 2002.
  • W. Pohl, Le origini etniche dell’Europa. Barbari e Romani tra antichità e medioevo, Roma 2000.
  • Romans, Barbarians and the Transformation of the Roman World, a cura di R.W. Mathisen e D. Shanzer, Farnham (Surrey) 2011.
  • H. Wolfram, Geschichte der Goten: von den Anfängen bis zur Mitte des sechsten Jahrhunderts, München 1979.

d) Identità etniche e scambi culturali

  • M. Aime, Eccessi di culture, Torino 2004.
  • J. Arce, Dress Control in Late Antiquity: Codex Theodosianus 14.10.1-4, in Kleidung und Repräsentation in Antike und Mittelalter, a cura di A. Köb e P. Riedel, München 2005, pp. 33-44.
  • G. Barbujani, L’invenzione delle razze, Milano 2006.
  • F. Barth, Ethnic Groups and Boundaries: The Social Organization of Culture Difference, London 1969.
  • J.F. Bayart, L’illusion identitaire, Paris 1996.
  • F. Boas, New Evidence in Regard to the Instability of Human Types, in «Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America», 12 (1916), 2, pp. 713-718.
  • S. Brather, Ethnic Identities as Constructions of Archaeology: The Case of the Alamanni, in On Barbarian Identity. Critical Approaches to Ethnicity in the Early Middle Ages, a cura di A. Gillett, Turnhout 2002, pp. 149-75.
  • Cultural Identity and Archaeology: The Construction of European Communities, a cura di P. Grave-Brown, S. Jones e C. Gamble, London-New York 1996.
  • U. Fabietti, L’identità etnica, Roma 1995.
  • S. Jones, The Archaeology of Ethnicity. Constructing Identities in the Past and Present, London-New York 1997.
  • P. Poutignat e J. Steiff-Fenart, Teorie dell’etnicità, Milano 2000 (ed. or. Paris 1995).
  • B. Trigger, Comments on Archaeological Classification and Ethnic Groups, in «Norwegian Archaeological Review», 10 (1977), pp. 20-23.
  • B. Wailes, A.L. Zoll, Civilization, Barbarism, and Nationalism in European Archaeology, in Nationalism, Politics and the Practice of Archaeology, a cura di P.L. Kohl e C. Fawcett, Cambridge 1995, pp. 21-38.

e) Rituali funerari e commemorazione tra antichità e medioevo

  • F. Airoldi, Le incinerazioni in età tardoromana: caratteristiche e diffusione del fenomeno, in La necropoli tardoantica. Ricerche archeologiche nei cortili dell’Università Cattolica. Atti delle giornate di studio, Milano, 25-26 gennaio 1999, a cura di M. Sannazaro, Milano 2001, pp. 115-24.
  • P. Ariés, L’uomo e la morte dal Medioevo a oggi, Roma-Bari 1979 (ed. or. L’Homme devant la mort, Paris, 1977).
  • M. Carroll, Spirits of the Dead. Roman Funerary Commemoration in Western Europe, Oxford 2006.
  • Y. Duval, «Sanctorum sepulcris sociari», in Les fonctions des saints dans le monde occidental (IIIe-XIIIe siècle), Actes du colloque organisé par l’École française de Rome avec le concours de l’Université de Rome “La Sapienza” (Rome, 27-29 octobre 1988), Roma 1991, pp. 333-351.
  • B. Effros, Caring for Body and Soul: Burial and the Afterlife in the Merovingian World, Pennsylvania 2002.
  • B. Effros, Beyond Cemetery Walls: Early Medieval Funerary Topography and Christian Salvation, in «Early Medieval Europe», 6 (1997), pp. 1-23.
  • P. Geary, Phantoms of Remembrance: Memory and Oblivion at the End of the First Millennium,Princeton 1996.
  • P. Geary, Living with the Dead in the Middle Ages, New York 1994.
  • Y. Hen, Culture and Religion in Merovingian Gaul A.D. 481-751, Leiden-New York-Köln 1995.
  • Incinérations et inhumations dans l’Occident Romain aux trois premiers siècle de notre ère, 4ème Congrès archéologique de Gaule méridionale, Actes du Colloque International Toulouse-Montréjeau, 7-10 octobre 1987, Toulouse 1992.
  • C. La Rocca, Donare, distribuire, spezzare. Pratiche di conservazione della memoria e dello status in Italia tra VIII e IX secolo, in Sepolture tra IV e VIII secolo. VII seminario sul tardo antico e l’alto medioevo in Italia centro-settentrionale, Gardone Riviera 24-26 ottobre 1996, a cura di G.P. Brogiolo e G. Cantino Wataghin, Mantova 1998, pp. 77-87.
  • C. La Rocca, Rituali di famiglia. Pratiche funerarie nell’Italia longobarda, in Sauver son âme et se perpétuer. Transmission du patrimoine et mémoire au haut Moyen Âge, a cura di F. Bougard, C. La Rocca e R. Le Jan, Roma 2005, pp. 431-475.
  • C. La Rocca e L. Provero, The Dead and Their Gifts. The Will of Eberhard, Count of Friuli, and His Wife Gisela, Daughter of Louis the Pious, in Rituals of Power: From Late Antiquity to the Early Middle Ages, a cura di F. Theuws e J. Nelson, Leiden-Boston-Köln 2000, pp. 225-280.
  • La mort des grands, «Médiévales», 31 (1996).
  • M. Lauwers, Naissance du cimetière. Lieux sacrés et terre des morts dans l’Occident médiéval, Paris 2005.
  • R. Le Jan, Frankish Giving of Arms and Rituals of Power: Continuity and Change in the Carolingian Period, in Rituals of Power: From Late Antiquity to the Early Middle Ages, a cura di F. Theuws e J. Nelson, Leiden-Boston-Köln 2000, pp. 281-310.
  • L’inhumation privilegiée du IVe au VIIIe siècle en Occident, a cura di Y. Duval e J.-Ch. Picard, Paris 1986.
  • P. Majocchi, Riti funerari e commemorazione dei sovrani nell’alto medioevo, in «Storica», 17 (2011), 49, pp. 7-61.
  • I. Martín Viso, Paisajes sagrados, paisajes eclesiásticos: de la necrópolis a la parroquia en el centro de la península ibérica, in «Reti Medievali - Rivista», 13 (2012), 2, pp. 1-45, http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/362.
  • J. Nelson, Politics and Ritual in Early Medieval Europe, London 1986.
  • J. Nelson, The Wary Widow, in Property and Power in the Early Middle Ages, a cura di W. Davies e P. Fouracre, Cambridge 1995, pp. 82-113.
  • F. Paxton, Christianizing Death: The Creation of a Ritual Process in Early Medieval Europe, Ithaca 1996.
  • J.Ch. Picard, Cristianizzazione e pratiche funerarie nella tarda Antichità e nell’alto Medioevo, Torino 1992.
  • E. Rebillard, The Care of the Dead in Late Antiquity, Ithaca-New York 2009.
  • E. Rebillard, Église et sépulture dans l’Antiquité tardive (Occident latin, 3e-6e siècles), in «Annales. Histoire, Sciences sociales», 54 (1999), pp. 1027-1046.
  • Rituals of Power: From Late Antiquity to the Early Middle Ages, a cura di F. Theuws e J.L. Nelson, Leiden-Boston-Köln 2000 (The Transformation of the Roman World, 8).
  • B. Rosenwein, Emotional Communities in the Early Middle Ages, New York 2006.
  • F. Taglietti, La diffusion de l’inhumation à Rome: la documentation archéologique, in Incinérations et inhumations dans l’Occident Romain aux trois premiers siècle de notre ère, 4ème Congrès archéologique de Gaule méridionale, Actes du Colloque International Toulouse-Montréjeau, 7-10 octobre 1987, Toulouse 1992, pp. 163-179.
  • J.M.C. Toynbee, Death and Burial in the Roman World, Baltimore 1996.

f) Interpretare le necropoli: antropologia e archeologia dei rituali funerari

  • I. Barbiera, Memorie sepolte. Tombe e identità nell’alto medioevo (secoli V-VIII), Roma 2012.
  • L.R. Binford, Approaches to the Social Dimensions of Mortuary Practices, in «Memoirs of the Society for American Anthropology», 25 (1971), pp. 39-57.
  •  B. Effros, Merovingian Mortuary Archaeology and the Making of the Early Middle Ages, Berkeley-Los Angeles 2003.
  • H. Härke, Cemeteries as Places of Power, in Topographies of Power in the Early Middle Ages, a cura di M. De Jong, F. Theuws, C. Van Rhijn, Leiden-Boston-Köln 2001, pp. 9-30.
  • P. Metcalf, R. Huntington, Celebrazioni della morte: antropologia dei rituali funerari, Bologna 1985.
  • E.J. Pader, Material Symbolism and Social Relations in Mortuary Studies, in Anglo-Saxon Cemeteries. The Fourth Anglo-Saxon Symposium at Oxford, a cura di P. Rahtz, T. Dickinson e L. Watts, Oxford 1979, pp. 143-159.
  • M. Pearson, Performance as Valuation: Early Bronze Age Burials as Theatrical Complexity, in Archaeology of Value. Essays on Prestige and Processes of Valuation, a cura di D. Bailey, Oxford 1998, pp. 32-41.
  • Spaces of the Living and the Dead: An Archaeological Dialogue, a cura di C.E. Karkov, K.M. Wickham-Crowley, B.K. Young, Oxford 1999.
  • The Archaeology of Death, a cura di R. Chapman, I. Kinnes e K. Randsborg, Cambridge 1891.
  • H. Williams, Death and Memory in Early Medieval Britain, Cambridge 2006.

g) Studiare le iscrizioni funerarie romane e medievali

  • C. Carletti, Dalla “pratica aperta” alla “pratica chiusa”. Produzione epigrafica a Roma tra V e VIII secolo, in Roma nell’alto medioevo, Spoleto 2001 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 48), pp. 325-399.
  • F. De Rubeis, Rappresentatività sociale delle epigrafi tra IV e X secolo, in Archeologia e società tra tardo antico e alto medioevo. XII seminario sul tardo antico e l’alto medioevo, Padova, 29 settembre-1° ottobre 2005, a cura di G.P. Brogiolo, A. Chavarria Arnau, Mantova 2007, pp. 387-399.
  • “Terminavit sepulcrum”. I recinti funerari nelle necropoli di Altino, Atti del convegno. Venezia 3-4 dicembre2003, a cura di G. Cresci Marrone e M. Tirelli, Roma 2005.
  • M. Handley, Death, Society and Culture: Inscriptions and Epitaphs in Gaul and Spain, A.D. 300-750, Oxford 2003.
  • V. Hope, Constructing Identity: The Roman Funerary Monuments of Aquileia, Mainz and Nîmes, Oxford 2001.
  • E.A. Mayer, Explaining the Epigraphic Habit in the Roman Empire. The Evidence of Epithaphs, in «Journal of Roman Studies», 80 (1990), pp. 74-96.
  • A. Melucco Vaccaro, Le botteghe dei lapicidi: dalla lettura stilistica all’analisi delle tecniche di produzione, in Roma nell’alto medioevo, Spoleto 2001 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 48), pp. 393-420.
  • A. Petrucci, Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale,Torino 1995.
  • B. Shaw, Tombstones and Family Relations into the Principate: Civilians, Soldiers and Slaves, in «Journal of Roman Studies», 74 (1984), pp. 124-156.

h) Topografia delle necropoli tra età romana e medioevo

  • I. Barbiera, D. Ferreri, Placing Bodies and Constructing Memory at San Severo, in «Annual of Medieval Studies», 13 (2007), pp. 187-196.
  • V. Bierbrauer, Die Ostrogotischen Grab- und Schatzfunde in Italien, Spoleto 1975.
  • Bierbrauer, Aspetti archeologici di Goti Alamanni e Longobardi, in Magistra barbaritas, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1984, pp. 445-508.
  • Bierbrauer, Archeologia degli Ostrogoti in Italia, in I Goti. Catalogo della mostra, a cura di V. Bierbrauer, O. von Hessen e E.A. Arslan, Milano 1994, pp. 169-213.
  • I. Bóna, J.B. Horváth, Langobardische Gräberfelder in West-Ungarn, Budapest 2009.
  • G. Cantino Wataghin, The Ideology of Urban Burials, in The Idea and Ideal of Town between Late Antiquity and the Early Middle Ages, a cura di G.P. Brogiolo e B. Ward-Perkins, Leiden 1998, pp. 147-179.
  • P. Catalano, S. Minozzi, W. Pantano, Le necropoli romane di età imperiale: un contributo all’interpretazione del popolamento e della qualità della vita nell’Antica Roma, in Urbanizzazione delle campagne nell’Italia antica, a cura di L. Quilici, S. Quilici Gigli, Roma 2001, pp. 127-138.
  • M. De Marchi, Il mondo funerario: le necropoli longobarde in Lombardia, in I Longobardi. Dalla caduta dell’Impero all’alba dell’Italia, a cura di G.P. Brogiolo e A. Chavarria Arnau, Torino 2007, pp. 235-242.
  • K. Goudriaan, Ownership of Graves in Medieval Parish Churches in Holland, in Showing Status. Representation of Social Positions in the Late Middle Ages, a cura di W. Blockmans e A. Janse, Turnhout 1999, pp. 197-223.
  • C. Lambert, Le sepolture in Urbe nella norma e nella prassi, in L’Italia centro settentrionale in età longobarda, Atti del convegno, Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995, a cura di L. Paroli, Firenze 1997, pp. 285-294.
  • Presenze longobarde. Collegno nell’altomedioevo, a cura di L. Pejrani Baricco, Torino 2004.
  • Sepolture tra IV e VIII secolo. VII seminario sul tardo antico e l’alto medioevo in Italia centro-settentrionale, Gardone Riviera 24-26 ottobre 1996, a cura di G.P. Brogiolo e G. Cantino Wataghin, Mantova 1998.
  • A. Vigil-Escalera Guirado, Comunidad política aldeana y exclusión. Una revisión de las formas  de inhumación altomedievales, in «Reti Medievali - Rivista», 14 (2013), 1, pp. 1-40, http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/386.

i) Migrazioni, identità etniche e sepolture

  • S. Brather, Alter und Geschlecht zur Merowingerzeit. Soziale Strukturen und frühmittelalterliche Reihengräberfeld, in Alter und Geschlecht in ur- und frühgeschichtlichen Gesellschaften, a cura di J. Müller, Bonn 2005, pp. 157-178.
  • S. Brather, Vestito, tomba e identità tra tardo antico e alto medioevo, in Archeologia e società tra tardo antico e alto medioevo, XII seminario sul tardo antico e l’alto medioevo, Padova, 29 settembre-1° ottobre 2005, a cura di G.P. Brogiolo e A. Chavarria Arnau, Mantova 2007, pp. 299-319.
  • I. Barbiera, Changing Lands in Changing Memories. Migration and Identity during the Lombard Invasions, Firenze 2005.
  • Archäologie der Identität, a cura di W. Pohl e M. Mehofer, Wien 2010 (Forschungen zur Geschichte des Mittelalters, 16).
  • H. Fehr, Volkstum as Paradigm: Germanic People and Gallo-Romans in Early Medieval Archaeology since 1930s, in On barbarian Identity. Critical Approaches to Ethnicity in the Early Middle Ages, a cura di A. Gillett, Turnhout 2002, pp. 177-200.
  • H. Fehr, Germanen und Romanen im Merowingerreich: Frühgeschichtliche Archäologie zwischen Wissenschaft und Zeitgeschehen, Berlin 2010.
  • G. Graenert, Langobardinnen in Alamannien, in «Germania», 78 (2000), pp. 418-446.
  • G. Halsall, The Origins of the Reihengräberzivilisation: Forty Years On, in Fifth Century Gaul: A Crisis of Identity, a cura di J. Drinkwater e H. Elton, Cambridge 1992, pp. 196-207.
  •  H. Härke, Archaeologists and Migrations. A Problem of Attitude?, in «Current Anthropology», 5 (1997), pp. 2-32.
  • D. Noy, Immigrants in Late Imperial Rome, in Ethnicity and Culture in Late Antiquity, a cura di S. Mitchell e G. Greatrex, London 2000, pp. 14-30.
  • E. Riemer, Romanische Grabfunde des 5.-8. Jahrhunderts aus Italien, Rahden-Westfalen 2000.
  • P. Von Rummel, Habitus Barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert, Berlin 2007.
  • P. Von Rummel, The Archaeology of 5th Century Barbarians in North Africa, in Le trasformazioni del V secolo. L’Italia, i barbari e l’Occidente romano. Atti del seminario di Poggibonsi, 18-20 ottobre 2007, a cura di P. Delogu e S. Gasparri, Turnhout 2010, pp. 157-181.

j) Rango e sepolture tra antichità e medioevo

  • S. Babić, Status Identity and Archaeology, in The Archaeology of Identity. Approaches to Gender, Age, Status, Ethnicity and Religion, a cura di M. Díaz-Andreu, S. Lucy, S. Babić e D.N. Edwards, London-New York 2005, pp. 67-85.
  • I. Barbiera, La morte del guerriero e la rappresentazione delle identità funerarie in Friuli tra VI e VII secolo d.C., in Archeologia e società nell'alto medioevo (V-IX secolo), a cura di G.P. Brogiolo e A. Chavarria, Mantova 2007, pp. 345-361.
  • R. Berg, Wearing Wealth: Mundus Muliebris and Ornatus as Status Markers for Women in imperial Rome, in Women, Wealth and Power in the Roman Empire, a cura di R. Berg, R. Hälikkaä, M. Keltanen, J. Pölönen, P. Setälä e V. Vuolanto, Roma 2002, pp. 15-73.
  • H. Härke, Warrior Graves? The Background of the Anglo-Saxon Weapon Burial Rite, in «Past & Present», 38 (1990), 126, pp. 22-43.
  • H. Härke, Angelsächsische Waffengräber des 5. bis 7. Jahrhunderts, Köln 1992.
  • L. Jørgensen, Castel Trosino and Nocera Umbra: A Chronological and Social Analysis of Family Burial Practices in Lombard Italy (6th-8th century A.D.), in «Acta archaeologicaKøbenavn», 62 (1991), pp. 1-58.
  • C. Provesi, Uomini e cavalli in Italia meridionale. Da Cassiodoro ad Alzecone, in “Ipsam Nolam barbari vastaverunt”. L’Italia e il Mediterraneo occidentale tra il V secolo e la metà del VI. Atti del Convegno internazionale di studi Cimitile-Nola-Santa Maria Capua Vetere, 18-19 giugno 2009, a cura di C. Ebanista e M. Rotili, Cimitile (Napoli) 2010, pp. 97-112 (in www.biblioteca.retimedievali.it).
  • H. Steuer, Frühgeschichtliche Sozialstrukturen in Mitteleuropa: Eine Analyse der Auswertungsmethoden des archäologischen Quellenmaterials, Göttingen 1982.
  • H. Steuer, Helm und Ringschwert. Prunkbewaffung und Rangabzeichen germanischer Krieger. Eine Übersicht, Hildesheim 1987.
  • H. Steuer, Archaeology and History: Proposals on the Social Structure of Merovingian Kingdom, in The Birth of Europe: Archaeology and Social Development in the First Millennium a.d, a cura di K. Randsborg, Rome 1989, pp. 100-122.
  • F. Theuws, M. Alkemande, A Kind of Mirror for Men: Sword Deposition in Late Antique Northern Gaul, in Rituals of Power: From Late Antiquity to the Early Middle Ages, a cura di F. Theuws e J. Nelson, Leiden-Boston-Köln 2000, pp. 401-476.

k) Genere e identità familiare tra età romana e medioevo

  • Agire da donna. Modelli e pratiche di rappresentazione (secoli VI-X), a cura di C. La Rocca, Turnhout 2007 (Collection Haut Moyen Âge, 3).
  • A. Arjava, Women and Law in Late Antiquity, Oxford 1996.
  • K. Cooper, The Fall of the Roman Household, Cambridge 2007.
  • Gender in the Early Medieval World. East and West, 300-900, a cura di J.M.H Smith e L. Brubaker, Cambridge 2004.
  • Gendering the Middle Ages, a cura di P. Stafford, A.M. Mulder-Bakker, Oxford 2001.
  • J.M.H. Smith, Did Women Have a Transformation of the Roman World?, in Gendering the Middle Ages, a cura diP. Stafford, A.M. Mulder-Bakker, Oxford 2001, pp. 23-41.
  • J.M.H. Smith, L’Europa dopo Roma. Una nuova storia culturale (500-1000), Bologna 2008.
  • I. Wood, Genealogy Defined by Women: The Case of the Pippinids, in Gender in the Early Medieval World. East and West, 300-900, a cura di J.M.H. Smith e L. Brubaker, Cambridge 2004, pp. 234-256.

l) Identità di genere e ciclo vitale nelle necropoli

  • I. Barbiera, Il sesso svelato degli antenati. Strategie funerarie di rappresentazione dei generi a Kranj Lajh e Iskra in Slovenia (VI-XI sec.), in Agire da donna. Modelli e pratiche di rappresentazione (secoli VI-X), a cura di C. La Rocca, Turnhout 2007,pp. 23-52.
  • I. Barbiera, Gender, Age, and Social Construction in Lombard Period Cemeteries in Hungary, in «Antaeus», 29-30 (2008), pp. 403-413.
  • I. Barbiera, Memory of a Better Death. Normative and Exceptional Grave Goods in 6th-7th Centuries A.D. Cemeteries in Central-Europe,in Materializing Memory: Archaeological Material Culture and the Semantics of the Past, a cura di I. Barbiera, A. Choyke, J. Rasson, Oxford 2009, pp. 65-75.
  • I. Barbiera, Le dame barbare e i loro invisibili mariti: le trasformazioni dell’identità di genere nel V secolo, in Le trasformazioni del V secolo. L’Italia, i barbari e l’Occidente romano, Atti del seminario di Poggibonsi, 18-20 ottobre 2007, a cura di P. Delogu e S. Gasparri, Turnhout 2010, pp. 37-69.
  • Cemeteries and Society in Merovingian Gaul: Selected Studies in History and Archaeology 1992-2009, a cura di G. Halsall, Leiden 2010, pp. 289-314.
  • M. Díaz-Andreu, Gender Identity, in The Archaeology of Identity, a cura di M. Díaz-Andreu, S. Lucy, S. Babić, D.E. Edwars, New York 2005, pp. 13-42.
  • A. Distelberger, Österreichs Awarinnen. Frauen aus Gräber des 7. und 8. Jahrhunderts, St. Pölen 2004.
  • A. Distelberger, Awarinnen. Frauen aus Gräbern des 7.-8. Jh. n. Chr. in Österreich, in «Ethnographisch-archäologische Zeitschrift»,43 (2002), pp. 47-59.
  • R. Gilchrist, Women’s Archaeology? Political Feminism, Gender Theory and Historical Revision, in «Antiquity», 65 (1991), pp. 495-501.
  • R. Gilchrist, Gender and Material Culture. The Archaeology of Religious Women, London-New York 1994, pp. 150-169.
  • G. Halsall, Female Status and Power in Early Merovingian Central Austrasia: The Burial Evidence, in «Early Medieval Europe», 5 (1996), pp. 1-24.
  • G. Halsall, Gender and the End of Empire, in «Journal of Medieval and Early Modern Studies», 34 (2004), 1, pp. 17-39.
  • S. Harrington, Stirring Women, Weapons, and Weaving: Aspects of Gender Identity and Symbols of Power in Early Anglo-Saxon England, in Archaeology and Women: Ancient and Modern Issues, a cura di S. Hamilton, R.D. Whitehouse, K.I. Wright, Walnut Creek 2007, pp. 335-352.
  •  Invisible People and Processes: Writing Gender and Childhood into European Archaeology, a cura di J. Moore e E. Scott, Leicester 1997.
  • A.B. Knapp, Boys Will Be Boys. Masculinist Approaches to a Gendered Archaeology, in Reader in Archaeological Theory: Post-Processual and Cognitive Approaches, a cura di D.S. Whitley, London-New York 1998, pp. 241-249.
  • C. La Rocca, Storia di genere e archeologia dell'alto medioevo: note sul dibattito europeo, in Archeologia e società tra tardo antico e alto medioevo, a cura di G.P. Brogiolo, A. Chavarria Arnau, Mantova 2007, pp. 265-278.
  • C. La Rocca, Segni di distinzione. Dai corredi funerari alle donazioni “post obitum” nel regno longobardo, in L’Italia centro settentrionale in età longobarda, Atti del convegno, Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995, a cura di L. Paroli, Firenze 1997, pp. 31-54.
  • S. Lucy, House-Wives, Warriors and Slaves? Sex and Gender in Anglo-Saxon Burials, in Invisible People and Processes: Writing Gender and Childhood into European Archaeology, a cura di J. Moore e E. Scott, Leicester 1997,pp. 150-168.
  • N. Stoodley, From the Cradle to the Grave: Age Organization and the Early Anglo-Saxon Burial Rite, in «World Archaeology», 31 (2000), 3, pp. 456-472.

m) Archeologia processuale

  • L.R. Binford, Archaeology as Anthropology, in «American Antiquity», 28 (1962), 2, pp. 217-225.
  • L.R. Binford, Archaeological Systematics and the Study of Culture Process, in «American Antiquity», 31 (1965), 2, pp. 203-210.
  • L.R. Binford, Mortuary Practices: Their Study and Their Potential, in Approaches to the Social Dimensions of Mortuary Practices, in «Memoirs of the Society for American Anthropology», 25 (1971), pp. 6-29.
  • J.A. Brown, The Dimensions of Status in the Burials at Spiro, in Approaches to the Social Dimensions of Mortuary Practices, in «Memoirs of the Society for American Anthropology», 25 (1971), pp. 92-112.
  • A.A. Saxe, Social Dimensions of Mortuary Practices in a Mesolithic Population from Wadi Halfa, Sudan, in Approaches to the Social Dimensions of Mortuary Practices, «Memoirs of the Society for American Anthropology», 25 (1971), pp. 39-57.

n) Archeologia post-processuale

  • Archaeology. Key Concepts, a cura di C. Renfrew, P. Bahn, London-New York 2005.
  • J. Moreland, Method and Theory in Medieval Archaeology in the 1990s, in «Archeologia medievale», 18 (1991), pp. 7-42.
  • Reader in Archaeological Theory: Post-Processual and Cognitive Approaches, a cura di D.S. Whitley, London-New York 1998.
  • B. Trigger, A History of Archaeological Thought, Cambridge 1989.

o) Bioarcheologia intorno ai morti

  • I. Barbiera, G. Dalla Zuanna, Population Dynamics in Italy in the Middle Ages: New Insights from Archaeological Findings, in «Population and Development Review», 35 (2009), 2, pp. 367-389.
  • Bioarchaeology: The Contextual Analyses of Human Remains, a cura di J.E. Buikstra, L.A. Beck, Amsterdam-London-New York 2006.
  • A. Canci, S. Minozzi, Archeologia dei resti umani, Roma 2005.
  • F. Giovannini, Natalità, mortalità e demografia dell’Italia medievale sulla base di dati archeologici, Oxford 2001.
  • G. Müldner, Investigating Medieval Diet and Society by Stable Isotope Analyses of Human Bone, in Reflections: 50 Years of Medieval Archaeology. 1957-2007, a cura di R. Gilchrist, A. Reynolds, Leeds 2010, pp. 327-346.
  • M. Rubini, La necropoli di Castro dei Volsci: problematiche ed aspetti di antropologia fisica, Roma 1991.
  • D. Soren, Can Archaeologists Excavate Evidence of Malaria?, in «World Archaeology», 35 (2003), 2, pp. 193-209.

Segnalazioni

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Curatrice

Irene Barbiera si è laureata nel 1996 in storia e archeologia medievale presso l’’Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2003 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Medieval Studies presso la Central European University di Budapest. Dal 2003 è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Padova. Tra il 2007 e il 2008 è stata research fellow presso l’Accademia delle scienze di Vienna, nell’ambito del progetto “Ethnic identies in medieval Europe” coordinato da Walter Pohl e finanziato dal premio Wittgenstein (2005-2009). Ha pubblicato diversi studi riguardanti i rituali funerari e l’interpretazione delle necropoli altomedievali in chiave sociale, di genere e demografica.

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Ultima modifica: 19/05/2013
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