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Pio Paschini (1878-1962)

di Marino Zabbia

© 2008– Marino Zabbia per"Reti Medievali"


 

Nacque a Tolmezzo (UD) nel 1878 e morì a Roma nel 1962. Dopo i primi studi a Treviso ed al Seminario arcivescovile di Udine completò la sua formazione a Roma, ottenendo il dottorato in diritto canonico all’Università Gregoriana nel 1900. Rientrato ad Udine, fu incaricato dell’insegnamento di Letteratura italiana e latina e di Greco al ginnasio del Seminario, dove dal 1902 ricoprì l’ufficio di bibliotecario e dall’anno accademico 1906/07 ebbe la cattedra di Storia ecclesiastica e patrologia. Nell’autunno del 1913 fu chiamato a Roma per insegnare Storia ecclesiastica al Pontificio Seminario Romano Maggiore: vi giunse ad nutum ed ad experimentum per rimanervi quasi cinquant’anni, ricoprendo per venticinque – dal 1932 al 1957, quando l’istituto era denominato Pontificio ateneo lateranense – il ruolo di rettore. Negli anni romani, oltre ad insegnare con grande zelo Storia ecclesiastica al Corso teologico, ricoprì numerose cariche sia in ambito ecclesiastico (canonico di San Giovanni in Laterano, alla vigilia della morte fu consacrato vescovo titolare di Eudossiade) sia nel mondo degli studi (socio della Deputazione di Storia Patria per il Veneto, di quella Friulana e della Romana, oltre che della Pontificia accademia di archeologia, pro-custode dell’Arcadia, consultore della Sezione storica della Santa congregazione dei riti, ottenne, tra l’altro, la libera docenza in Storia moderna all’Università la Sapienza di Roma nel 1946) [Maccarrone 1963]. Il ruolo assunto mise in contatto lo storico carnico con innumerevoli studiosi e con importanti esponenti del mondo ecclesiastico. Purtroppo, però, l’archivio privato che, da quanto rivelano alcuni resti conservati alla Biblioteca del Seminario arcivescovile di Udine, il Paschini conservava assai ordinato, è andato quasi interamente disperso in tempi recenti, con grave danno per lo studio della storia culturale del Novecento come mostrano alcuni lavori di Paolo Simoncelli che ha fatto in tempo a consultare documenti non più accessibili [Simoncelli 1993, e Simoncelli 2008].

 

La sua produzione, molto vasta, non è stata censita integralmente: comprende circa trecento studi tra saggi e monografie, numerose voci di enciclopedia (pubblicate nel Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, nell’Enciclopedia italiana, nell’Enciclopedia cattolica di cui fu anche direttore, e nella Bibliotheca sanctorum), e un numero esorbitante di recensioni sparse tra molte riviste e soprattutto edite nelle “Memorie storiche forogiuliesi” (dal 1912 sino al 1960), negli “Studi medievali” (concentrate negli anni Trenta, quando il periodico era diretto dai suoi amici Leicht e Suttina), nella “Revue d’histoire ecclésiastique” (dal 1923 al 1940) e nella “Rivista di storia della Chiesa in Italia” (dal 1947 al 1961) [Maccarrone 1963, pp. 259-304]. L’ambito delle ricerche del Paschini copre due settori principali: la storia del Friuli medievale e la storia della Chiesa di Roma nei secoli XV e soprattutto XVI. Carlo Dionisotti ha colto bene i motivi che guidarono il Paschini a scegliere i suoi campi di studio: fedele alla scuola della storiografia regionale e municipale preferiva “itinerari di ricerca domestici, sulle sole fonti a portata di mano, a Roma e nel Veneto” [Dionisotti 1978, p. 150]. Rimane tuttavia da spiegare la scelta dei diversi ambiti cronologici, per comprendere la quale converrà tornare al momento in cui il Paschini scoprì la sua vocazione di storico. Giunto a Udine da Roma, egli era per formazione un giurista, ma nel Seminario udinese trovò un ambiente assai stimolante ed entrò a far parte di un piccolo gruppo di sacerdoti i quali, sotto la guida di Giuseppe Ellero [Laicini 1993], coltivavano lo studio della storia della chiesa in Friuli. Coordinati dall’Ellero, alcuni di questi sacerdoti, tra cui il Paschini e Giuseppe Vale, ricostruirono le vicende del Seminario di Udine [Il seminario 1902]: si tratta di un bel libro, frutto di ricerche di prima mano, che ancora si consulta con profitto ed in cui è ricostruita una larga spanna di storia regionale dal XVI al XIX secolo. Nella stesura di quell’opera il Paschini si impegnò più degli altri autori ed incontrò anche alcuni dei personaggi della vita religiosa dei secoli XVI e XVII di cui si sarebbe occupato nei suoi lunghi anni romani. Tuttavia quella volta l’interesse per la storia moderna passò momentaneamente in secondo piano perché il sacerdote, ormai appassionatosi alla storiografia, prese a frequentare ambiti di studio che ad inizio Novecento ricevevano particolare attenzione: lettore di Duchesne, Savio e Lanzoni, Paschini si rivolse allo studio della Chiesa tra tardo antico ed altomedioevo, concentrandosi – anche questa volta sulla scia dell’Ellero – sulla realtà aquileiese [Menis 1978].

 

Fu una stagione di studi breve – dal 1904 al 1909 – che solo per il buon senso dei suoi superiori non fece incorrere il Paschini in severi provvedimenti antimodernisti (lo storico, sulla base di un’analisi delle fonti greche e latine che per ampiezza rimane ineguagliata, aveva suscitato scandalo in Friuli negando la fondazione apostolica della diocesi aquileiese) [Ellero 1986, Zovatto 1988], ma grazie ai buoni lavori prodotti in quegli anni il giovane studioso carnico ottenne importanti riconoscimenti fuori i confini regionali e nazionali. Di particolare rilievo fu l’incontro con il gesuita Fedele Savio che affidò al Paschini la stesura del volume dedicato ad Aquileia per l’opera in più volumi intitolata Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300, descritti per regioni. La morte del Savio nel 1916 interruppe il progetto, ma non il lavoro del Paschini che da quelle basi partì per approdare quasi trent’anni dopo alla sua grande Storia del Friuli, dove le vicende dell’episcopato regionale fanno da ossatura per un più ampio quadro di storia politica e religiosa che, dopo avere descritto con molta precisione i secoli medievali, tratteggia rapidamente il periodo moderno, nel quale la regione aveva perduto la sua autonomia politica, e si chiude con l’invasione francese del 1797. Raggiunti sulla questione delle origini della chiesa aquileiese risultati che anche nei decenni seguenti avrebbe continuato a ritenere validi [Paschini 1954], dal 1911 il Paschini iniziò una sistematica ricostruzione della storia del Patriarcato d’Aquileia dai tempi dell’imperatore Costantino, pubblicando con ritmo impressionante le sue ricerche in articoli apparsi, con qualche eccezione, tutti nelle “Memorie storiche forogiuliesi”. In poco più di un decennio (nel quale è compresa la Prima Guerra Mondiale) egli completò gran parte della sua minuta ricostruzione di storia regionale sino alle soglie del Trecento (com’era nel progetto del Savio), poi vi ritornò con qualche lavoro dei primi anni Trenta con cui ripercorse le vicende del Patriarcato sino all’inizio del XV secolo, quando il Friuli passò sotto il dominio di Venezia. Inoltre, già dagli anni Dieci, lo storico allargò l’ambito dei suoi interessi ad altri aspetti del medioevo in Friuli, aprendo numerose parentesi dedicate alla storia sociale ed economica bassomedievali, che furono la base per un’assidua collaborazione con le “Memorie storiche forogiuliesi” [Mor 1963].

 

Nelle sue ricerche di storia medievale friulana il Paschini fece raramente ricorso ad indagini d’archivio. Per i secoli più antichi utilizzò le grandi collezioni di fonti e la bibliografia internazionale (possedeva una conoscenza sicura del tedesco), mentre per il periodo seguente al XII secolo si servì di preferenza dei risultati degli scavi condotti dagli storici locali ottocenteschi (Giuseppe Bianchi e Vincenzo Joppi, in primo luogo) e in seconda battuta delle raccolte a stampa o manoscritte compilate degli eruditi friulani di Sei e Settecento. Su queste testimonianze il Paschini esercitò nei suoi primi anni di studio una critica serrata, mostrandosi propenso ad uno scetticismo non sempre condiviso da lavori più recenti: hanno incontrato una certa fortuna, ad esempio, le obbiezioni alle sue analisi sulle fonti della chiesa aquileiese dei primi secoli [Biasutti 2005] ed anche le sue prese di posizione su altri resti della documentazione altomedievale friulana, già contestate da Pier Silverio Leicht, sono state contraddette da ulteriori approfondimenti [Cammarosano 1988, pp. 38-42, a proposito dell’atto di fondazione dell’abbazia di Sesto al Reghena che Paschini riteneva interpolato al punto da essere inutilizzabile]. Nel complesso, però, i saggi di storia friulana del Paschini costituiscono ancora un insostituito strumento per chi studia le vicende locali. E rimane pure preziosa la monumentale Storia del Friuli che, sintetizzando le ricerche precedenti, egli compilò assai rapidamente tra il 1933 ed il 1935 (come rivela l’analisi dell’autografo, conservato presso la biblioteca del Seminario arcivescovile di Udine, steso interamente su carta di reimpiego, dal quale si evince che l’opera fu scritta di getto con pochi ripensamenti quasi soltanto formali) e rivisitò negli anni Cinquanta. Nelle pagine di quel libro le vicende friulane sono presentate in un contesto geografico ampio che comprende l’intero orizzonte patriarcale e quindi spesso si allarga verso il Veneto, l’Austria e l’Istria [Paschini 1934-36; Paschini 1954; Paschini 2003, ultima ristampa. L’importanza di superare i confini regionali è ribadita in Paschini 1956, e in Paschini 1960].

 

Giunto a Roma nel 1913, il Paschini non abbandonò le ricerche di storia friulana, ma vi affiancò un filone d’indagine parallelo con il quale riprese i lavori cui si era dedicato dieci anni prima scrivendo la storia del Seminario di Udine. Il nuovo campo di studi implicava anche diverse tipologie di fonti ed un altro tipo di approccio: Paschini – che a Roma frequentava Giovanni ed Angelo Mercati, ma anche Pietro Fedele – divenne storico d’archivio e prese a ricercare nei fondi conservati a Roma (e pure altrove, soprattutto a Venezia, sebbene con minore frequenza) notizie per ricostruire in dettaglio la biografia di uomini di Chiesa. Spesso – ma non necessariamente – si tratta di veneti o friulani entrati in contatto con la curia romana, oppure di personaggi provenienti da altre regioni ma attivi nel Patriarcato, od ancora legati alla controriforma (Guglielmo Sirleto, Pier Paolo Vergerio, Carlo Borromeo, Gaetano da Thiene, Antonio Caetani, Leonello Chieragato, Ermolao Barbaro, Domenico Grimani, Ludovico Trevisan, Marco Barbo e veramente molti altri). Fu questo il principale – non certo l’unico – argomento di ricerca che lo impegnò nei quasi cinquant’anni che trascorse a Roma [Cavazza 1991, pp. 9-10]: i risultati di tale indagine si concretizzarono in numerose monografie molto documentate – le principali raccolte in vari volumi della collana Lateranum pubblicata dall’Ateneo pontificio – ed anche nell’edizione di un epistolario [Paschini 1948]. Ma la grande familiarità con le vicende friulane del XVI secolo che questi studi procurarono al Paschini, ha trovato riflessi assai modesti nella sua Storia del Friuli, dove alla vita religiosa del Cinquecento sono dedicate solo poche pagine [Paschini 1953, vol. II, pp. 384-399].

 

Accanto a questi studi che rappresentano i suoi saggi migliori [Alberigo 1963], egli stese numerose altre opere. Molto spesso sono scritti francamente occasionali – conferenze, note in margine a lavori altrui, piccole curiosità – che testimoniano gli stretti legami del sacerdote con il Friuli e con la Carnia [di particolare rilievo Paschini 1920, in cui lo studioso si sofferma sull’opportunità di pubblicare fonti che illustrano minutamente la storia locale]. In altri casi, invece, egli mise mano ad opere di sintesi, non sempre fortunate come la Storia del Friuli: gli si devono, infatti, due ampi profili di storia della Chiesa (un manuale per l’insegnamento nei seminari e un quadro divulgativo pubblicato postumo [Paschini 1964]). Redasse anche il dodicesimo volume della monumentale Storia di Roma edita dall’Istituto nazionale di studi romani, Roma nel Rinascimento del 1940, la meno felice fra le sue prove di grande respiro.

 

Nei primi anni della sua attività di ricerca, il Paschini non evitò gli scritti polemici: molto duro fu il suo intervento contro gli esponenti più conservatori della tradizione aquileiese che si opponevano alla ricostruzione storiografica dei primordi della chiesa locale [Tessitori 1964, pp. 137-142]; più morbido nei toni, ma non meno deciso si rivela il contraddittorio che a più riprese lo oppose al Leicht negli anni in cui i due studiosi, giunti ormai alla maturità, si erano affermati come i maggiori esperti di storia friulana. Dagli anni Venti il Paschini abbandonò gli accenti polemici che non riprese neanche quando scrisse negli anni Venti e Trenta articoli di taglio divulgativo per “Vita e pensiero” oppure quando pubblicò note – dal tono apologetico per lui inconsueto – sulla “Rivista di storia della Chiesa in Italia” in risposta ad atteggiamenti ritenuti anticlericali che venivano dal mondo degli studi. Inoltre, sin dalle primissime pubblicazioni, egli rinunciò a manifestare posizioni di metodo: nelle prefazioni, sempre assai brevi, delle sue opere anche più consistenti non si trovano cenni ad indirizzi di studio e anche nelle innumerevoli recensioni (di norma diligenti, ma spesso solo descrittive) è veramente raro rinvenire qualche spunto che affronti questioni metodologiche, mentre è più facile trovare elogi per esposizioni chiare, o critiche per scritti oscuri e disordinati.

 

Le poche eccezioni, tutte risalenti agli ultimi anni di vita dello studioso, meritano di essere segnalate. Nell’introduzione ad una delle tante biografie di prelati della prima età moderna pubblicata nella collana di studi Lateranum, Paschini osservava come compito dello storico fosse quello di ricostruire con severe indagini il reale svolgimento dei fatti, senza che fosse da ritenersi disdicevole portare luce nei momenti più foschi per il passato della Chiesa, anche perché da quelle negative contingenze prese poi le mosse la restaurazione dei buoni costumi e della moralità del clero (come anche la fondazione di iniziative caritative) promossa dal Concilio di Trento [Paschini 1961a. Cfr. le critiche di Prosperi 2003, pp. 15-16, a questo approccio]. Più interessante è un’osservazione mossa ad uno studioso che non faceva mistero delle proprie vive simpatie per il movimento modernistico, ma che il Paschini ammirava sinceramente, Luigi Salvatorelli. Il breve passo merita la citazione: “Chi consideri questi due personaggi – si parla di Carlo Borromeo e Filippo Neri – non isolati ed in contrapposto fra loro, ma operanti in quel mirabile secolo XVI insieme con un largo numero di coetanei collegati anzi, per meglio dire concatenati in una meravigliosa varietà di caratteri, di attitudini personali, di attività dalle più umili alle più eccelse, sarà assai più in grado di apprezzare l’opera multiforme e concorde della riforma cattolica italiana in quell’età” [Paschini 1951b]. Non diversamente il Paschini si sarebbe espresso alcuni anni dopo, rimproverando, tra molti elogi, a Giuseppe Alberigo di avere escluso dal suo campo d’indagine i vescovi italiani provenienti dagli ordini religiosi [Paschini 1961c]. Non è un caso che in questo indirizzo di studio il Paschini – che pure si era soffermato sulle apparizioni del protestantesimo in Italia e, con migliori risultati, sulla vicenda della riforma cattolica – tralasci lo studio delle opere composte da “quel largo numero” di prelati: egli, infatti, nella storia delle idee preferì non avventurarsi e le sue non furono mai biografie intellettuali. Come ha notato Giovanni Miccoli, questa impostazione dei lavori del Paschini non dipese solo dalle inclinazioni dello studioso e dalle caratteristiche della storiografia erudita cui si rifaceva, ma risentì profondamente del peso esercitato dalla crisi modernistica sullo studio della storia, soprattutto dopo la condanna del Duchesne. I suoi saggi evitano di indagare la storia delle istituzioni, delle dottrine e delle mentalità, descrivono invece “uomini che operano ed agiscono più che pensino o scrivano in termini personali” [Miccoli 1985, p. 110; esemplare, malgrado il titolo, Paschini 1951a].

 

La stagione dell’erudizione positivista – che in Friuli aveva avuto il suo maggiore rappresentante nello Joppi – era ormai conclusa quando Paschini iniziò le sue ricerche (lo Joppi era morto nel 1900 ed è improbabile che il sacerdote l’avesse conosciuto) e una nuova generazione di studiosi formatisi nelle università italiane si stava affermando a livello regionale e a breve avrebbe dato vita alla Società storica (poi Deputazione di storia) friulana, dominata per quasi mezzo secolo dal Leicht [Zabbia 1990]. Quando nel 1911 venne fondata la Società storica, all’adunanza costitutiva parteciparono il vecchio monsignor Degani di Concordia e, tra i sacerdoti udinesi, il solo Giuseppe Braida che aveva insegnato Storia ecclesiastica al Seminario di Udine quando Ellero e Paschini furono coinvolti nelle polemiche seguite agli studi sulle origini della chiesa aquileiese. Vale ed Ellero comparvero ben presto tra gli abbonati delle “Memorie storiche forogiuliesi”, divenute l’organo della Società. Invece il Paschini attese il 1920 per entrare a far parte dell’organizzazione che nel frattempo era divenuta Deputazione e quando, già qualche anno prima, era giunto in contatto con quell’ambiente (di cui divenne subito protagonista, senza però ricoprire alcuna carica sociale), aveva ormai acquisito quello che sarebbe stato il suo profilo di studioso per i cinquant’anni seguenti. Quello dell’erudizione locale e degli studiosi radunati nelle deputazioni e nelle società storiche non fu mai, neppure agli inizi dei suoi studi, il mondo di Paschini. L’incontro con l’Ellero e quello di poco successivo con Savio e Lanzoni lo misero in diretto contatto con la generazione di studiosi di storia della Chiesa che si era formata prima del modernismo: quell’approccio egli avrebbe conservato ancora negli anni seguenti, anche quando collaborava assiduamente alla “Rivista di storia della Chiesa in Italia” intorno alla quale si andava formando una nuova generazione di storici della Chiesa [Miccoli 1985, p. 93]. Nel secondo dopoguerra ci fu chi rimproverò al Paschini i suoi metodi antiquati e persino le sue ormai remote ed occasionali frequentazioni moderniste, nonostante le condanne per quel movimento che lo studioso aveva ripetuto infinite volte nei suoi scritti [Paschini 1944, per un esempio]. Mentre, come ha raccontato Paolo Simoncelli, il Sant’Uffizio stava bloccando la stampa della dettagliata biografia di Galileo che il Paschini aveva scritto su invito di Agostino Gemelli [Simoncelli 1992], il Pontificio Ateneo Lateranense dedicava al suo rettore una miscellanea, introdotta da un profilo steso da Giuseppe De Luca (corredato da un elenco delle opere del Paschini che l’anziano sacerdote aveva redatto personalmente, per essere certo che fosse steso a dovere) nel quale l’antico allievo non poté fare a meno di dedicare qualche riga polemica ad Ernesto Buonaiuti da poco scomparso, ricordando di sponda anche al suo vecchio professore i rischi del modernismo che lo avrebbero lambito quarant’anni prima [De Luca 1948].

 

Gli studiosi di storia della Chiesa che si erano formati negli anni Trenta e quelli che muovevano i primi passi negli anni Cinquanta, guardavano con ammirazione all’erudizione di De Luca o dei fratelli Angelo e Giovanni Mercati, mentre non facevano fatica a riconoscere i limiti del Paschini. Persino dalle pagine della “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, cui lo studioso collaborava assiduamente, gli giunse qualche critica: Franco Gaeta, ad esempio, recensendo una raccolta di saggi del vecchio sacerdote ne rilevava bonariamente il metodo antiquato [Gaeta 1960]. Ormai il Paschini aveva dimenticato i toni polemici dei suoi primi interventi, tuttavia non rinunciò a rispondere al Gaeta, sia pure in maniera indiretta: recensì, quindi, con parole ampiamente elogiative, un lavoro dell’allora giovane studioso, non senza però rilevare con un poca di malizia quanto utile fosse stata a costui una monografia del Paquier vecchia di oltre cinquant’anni, e sottolineando come – forse per la troppa fretta – il Gaeta fosse incorso in errore poiché non si era accorto che il titolo di conte di cui si fregiava Girolamo Aleandro in realtà era un’impostura [Paschini 1961b].

 

 


 

  • Opere citate:

[Alberigo 1963] = G. Alberigo, Il Cinquecento religioso italiano nell’opera storica di Pio Paschini, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 17 (1963), pp. 234-237.

[Biasutti 2005] = G. Biasutti, Il cristianesimo primitivo nell’Alto Adriatico. La chiesa aquileiese dalle origini allo scisma dei tre capitoli. Secoli I-VI, a cura di G. Brunettin, Introduzione di G. Cuscito, Udine 2005 (I gelsi, 15).

[Cammarosano 1988] = P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Il medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco (UD) 1988 (Storia della società friulana diretta da G. Miccoli, 1), pp. 9-155.

[Cavazza 1991] = S. Cavazza, Un’eresia di frontiera. Propaganda luterana e dissenso religioso sul confine austro-veneto nel Cinquecento, “Annali di storia isontina”, 4 (1991), pp. 5-33.

[De Luca 1948] = G. De Luca, Mons. Paschini, la sua scuola, i suoi studi, in Miscellanea Pio Paschini. Studi di storia ecclesiastica, Roma 1948 (Lateranum, n.s., XIV/1-4), pp. 1-9.

[Dionisotti 1978] = C. Dionisotti, Pio Paschini e la Chiesa di Roma nel Quattro e Cinquecento, in Atti del Convegno di studio su Pio Paschini nel centenario della nascita 1878 – 1978, s.l. s.d. [ma 1978] (Pubblicazioni della Deputazione di storia patria per il Friuli, 10), pp. 146-157, ristampato in Dionisotti, Ricordi della scuola italiana, Roma 1998 (Storia e letteratura. Raccolta di studi e testi, 200), pp. 421-432.

[Ellero 1986] = G. Ellero, Cronaca del Seminario di Udine, 1902-1924, a cura di L. Negrisin, Tavagnacco (UD) 1986 (Storia della società friulana diretta da G. Miccoli. Studi e testi, 4).

[Gaeta 1960] = F. Gaeta, Recensione a P. Paschini, Venezia e l’Inquisizione romana da Giulio II a Pio IV, Padova 1959, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 14 (1960), pp. 128-131.

[Laicini 1993] = F. Laicini, Ellero, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 1993, 42, pp. 510-512.

[Maccarrone 1963] = M. Maccarrone, Mons. Paschini, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 17 (1963), pp. 181-221, e pp. 259-304, per la Bibliografia degli scritti di Pio Paschini.

[Menis 1978] = G. C. Menis, Pio Paschini e le antichità cristiane del Friuli, in Atti del Convegno di studio su Pio Paschini cit., pp. 17-34.

[Miccoli 1985] = G. Miccoli, Metodo critico, rinnovamento religioso e modernismo a proposito di Pio Paschini, in Miccoli, Fra mito della cristianità e secolarizzazione. Studi sul rapporto chiesa – società nell’età contemporanea, Casale Monferrato 1985, pp. 93-111, e in precedenza in “Metodi e ricerche. Rivista di studi regionali”, 1/3 (1980), pp. 17-33.

[Mor 1963] = G. C. Mor, Paschini e la storia del Friuli, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 17 (1963), pp. 220-233, = Pio Paschini storico del Friuli, “Memorie storiche forogiuliesi”, 45 (1962-64), pp. 5-18.

[Paschini 1920] = P. Paschini, Curiosità tolmezzine e vecchi libri di conti del Quattrocento, “Memorie storiche forogiuliesi”, 16 (1920), pp. 153-168.

[Paschini 1934-1936] = P. Paschini, Storia del Friuli. I. Dalle origini al formarsi dello Stato patriarcale, Udine 1934, II. Dalla lotta per le investiture alla Pace di Torino (1381), Udine 1935, III. Dalla Pace di Torino (1381) all’invasione francese (1797), Udine 1936.

[Paschini 1944] = P. Paschini, La storia della Chiesa di Ernesto Buonaiuti, “Studium. Rivista di vita e cultura professionale”, 30/8-9-10 (1944), pp. 200-206.

[Paschini 1948] = P. Paschini, Il carteggio fra il card. Marco Barbo e Giovanni Lorenzi (1481-1490), Città del Vaticano, 1948 (Studi e testi, 137).

[Paschini 1951a] = P. Paschini, Scritti religiosi di Daniele Barbaro, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 5 (1951), pp. 340-349.

[Paschini 1951b] = P. Paschini, Recensione a L. Salvatorelli, Profilo d’una storia religiosa d’Italia, “Rivista di storia della chiesa in Italia”, 5 (1951), pp. 416-420.

[Paschini 1953] = P. Paschini, Storia del Friuli. I. Dalle origini alla metà del Duecento, II. Dalla seconda metà del Duecento alla fine del Settecento, Udine 1953.

[Paschini 1954] = P. Paschini, Le fasi di una leggenda aquileiese, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 8 (1954), pp. 161-184.

[Paschini 1956] = P. Paschini, Recensione a S. Schmidinger, Patriarch und Landesherr die weltliche Herrschaft der Pariarchen von Aquileja bis zum Ende der Staufer, Wien 1954, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 10 (1956), pp. 277-280.

[Paschini 1960] = P. Paschini, Notizie storiche della Carnia da Venzone a Monte Croce e Camporosso, Udine - Tolmezzo 1960.

[Paschini 1961a] = P. Paschini, Il cardinale Marino Grimani ed i prelati della sua famiglia, Roma 1961 (Lateranum, n.s., 26/1-2)

 [Paschini 1961b] = Paschini, Recensione a F. Gaeta, Un nunzio pontificio a Venezia nel Cinquecento: Girolamo Aleandro, Venezia 1960, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 15 (1961), pp. 140-144.

[Paschini 1961c] = P. Paschini, Recensione a G. Alberigo, I vescovi italiani al Concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 15 (1961), pp. 144-146.

[Paschini 1964] = P. Paschini, Dal mondo romano al mondo cristiano, Bologna 1964 (Roma cristiana, 1).

[Paschini 2003] = P. Paschini, Storia del Friuli, a cura di G. Fornasir, Udine 2003.

[Prosperi 2003] = A. Prosperi, Introduzione, in Per il Cinquecento religioso italiano: clero, cultura, società. Atti del convegno internazionale di studio (Siena, 27-30 giugno 2001), a cura di M. Sangalli, Roma - Pisa 2003, pp. 13-25.

[Seminario 1902] = Il Seminario di Udine. Seminario patriarcale di Aquileia e arcivescovile di Udine. Cenni storici pubblicati nel terzo centenario dalla fondazione, Udine 1902.

 [Simoncelli 1992] = P. Simoncelli, Storia di una censura. “Vita di Galileo” e Concilio Vaticano II, Milano 1992 (Studi e ricerche storiche, 165)

[Simoncelli 1993] = P. Simoncelli, La guerra e la liberazione nell’epistolario di Pio Paschini rettore del Pontificio ateneo lateranense, “Rivista di storia e letteratura religiosa”, 29/3 (1993), pp. 555-588.

[Simoncelli 2008] = P. Simoncelli, Sul IV centenario del concilio di Trento (1545-1945) e le origini storiografiche della "riforma cattolica",  “Nuova rivista storica”, 112/2 (2008), pp. 391-410.

[Tessitori 1964] = T. Tessitori, Storia del movimento cattolico in Friuli, 1858-1917, Udine 1964 (ristampa a cura di P. Zovatto, Udine 1989).

[Zabbia 1990] = M. Zabbia, Per una storia dell’erudizione storica friulana tra Otto e Novecento, “Quaderni guarneriani”, 10 (1990), pp. 107-127.

[Zovatto 1988] = P. Zovatto, Pio Paschini e il modernismo, “Humanitas. Rivista bimestrale di cultura”, ”, n.s., 43/2 (1988), pp. 251-275.

 

 


 

 

 

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Ultima modifica: 28/12/08

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