Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
11. I diritti signorili nello Statuto del Comune di Treviso
I capitoli statutari che ora traduciamo presentano un duplice
motivo di interesse: da un lato confermano e arricchiscono il quadro dei
diritti signorili delineato attraverso le fonti precedenti, dall’altro
forniscono un primo esempio della limitazione di tali diritti nella
legislazione dei Comuni cittadini e rappresentano così un’utile premessa
alle fonti statutarie che presentiamo nella Sezione seguente. La linea
direttiva di questi capitoli, che appartengono alla redazione statutaria
promossa nel 1231 dal podestà Giacomo Caccianemico, consiste
nell’autorizzare l’esercizio del potere signorile soltanto nei confronti
di coloro che dipendano personalmente dal signore (i suoi propri rustici e
schiavi) e quindi nel negare il carattere territoriale della signoria,
qualunque ne fosse l’origine. Disposizioni simili si trovano nella più
antica compilazione statutaria di Treviso: Gli Statuti del Comune di
Treviso, a c. di G. LIBERALI, I: Statuti degli Anni
1207-1218, Venezia, 1950 (Monumenti storici pubblicati dalla
Deputazione di Storia Patria per le Venezie, n.s., IV), pp. 110 (c. 153),
113 (c. 166), 123 (c. 205). Ma soltanto nella redazione del 1231 tali
disposizioni vennero ampliate, articolate e riunite in un insieme organico
di undici capitoli, che il lettore desideroso di approfondire la questione
leggerà nella loro integrità: Gli Statuti…, II: Statuti
degli anni 1231-33 – 1260-63, Venezia, 1951 (Monumenti c.s., V/1), pp.
140-145 (cc. 376-386; i tre capitoli della redazione precedente sopra
citati corrispondono rispettivamente ai capitoli 380, 381 e 376 della
redazione del 1231). Sarà utile anche istituire un confronto tra le norme
statutarie di Treviso e quelle, coeve, del secondo libro degli Statuti
padovani, dove in maniera più organica e radicale si affermava la
sovranità cittadina sul territorio: Statuti del Comune di Padova dal
secolo XII all’anno 1285, (ed. A. GLORIA), Padova, 1873, pp.
155-158 (qui il capitolo 171 è sostanzialmente identico al capitolo 382
dello Statuto di Treviso).
376. Le collette e i dazi, che vengano imposte da una
persona ai rustici altrui o ad altre persone, non devono essere
pagati: e se qualcuno avrà arrecato molestie o turbative di questo genere,
dovrà pagare un banno di 50 lire […]
378. Se qualcuno […] costringerà una persona, che non sia un proprio
rustico o un proprio schiavo, a prestare servizio di guardia
o servizio militare in un luogo diverso dal castello dove, per consuetudine,
la persona presta gli obblighi di castellanza, dovrà pagare al Comune
un banno di 100 lire, nel caso che abbia esercitato tale coercizione sopra
le comunità di uno o più villaggi; nel caso che l’abbia esercitata sopra
singole persone, dovrà pagare un banno di 25 lire a persona […] E se
qualcuno costringerà altri a tenere o a comprare armi, dovrà pagare al
Comune un banno di 25 lire per ogni persona che avrà costretto. E se uno
avrà subito un pignoramento o una qualunque sottrazione a motivo delle
imposizioni di cui sopra, ciò che gli è stato preso dovrà essergli restituito
[…]
380. Se qualcuno sottrarrà beni, senza una giusta causa, ai rustici
di altre persone, (dovrà pagare) un banno di 100 soldi al Comune
e 100 soldi al rustico e dovrà inoltre risarcire il danno nella
misura del doppio.
382. Nessuno impedisca con divieti o minacce a persone di Treviso o del
districtus di Treviso di presentarsi a rendere o ad ottenere
ragione di fronte al podestà, ai suoi ufficiali o ai consoli ordinari.
I contravventori dovranno pagare al Comune 25 lire ove siano conti o cattanei
o altri che esercitino direttamente poteri giudiziari, 25 lire ove siano
loro villici, o comunque loro agenti, 10 lire ove siano altre
persone; salvo penalità maggiori a discrezione del podestà.
383. Sarà soggetto alla stessa pena chi avrà scacciato il rustico
di un’altra persona dalla sua terra o gliene avrà interdetto l’accesso
o avrà impedito a chiunque, con minacce, di lavorare il manso e la terra
altrui; egli sarà tenuto inoltre al risarcimento del danno e al versamento
del fitto […] [1]
384. Stabiliamo che se alcuno del districtus di Treviso, il quale
eserciti in un determinato territorio diritti comitali o di avvocazia
[2] o un qualunque
altro tipo di giurisdizione, prenderà o esigerà qualcosa […] da un rustico
o da altra persona che dimori in quel territorio e che non sia un proprio
rustico o schiavo, oppure le recherà danno, il podestà o i consoli
siano tenuti, a querela di chi abbia subito la sottrazione o l’esazione
o il danno, a far restituire ciò che è stato preso e a far risarcire il
danno, senza bisogno di inchiesta o notifica scritta né di qualsiasi altra
formalità [3]; e
se fosse stato effettuato un pignoramento, siano tenuti a far restituire
il pegno. Nel caso poi che un rustico non intenda sporgere querela
per simili fatti, podestà e consoli siano tenuti, su richiesta del signore
di tale rustico, ad agire e a procedere nella stessa maniera
[…]
385. Nessuno, in
ragione di diritti comitali o signorili o a titolo di erbatico, prenda ai
pastori di pecore, quando essi si trattengono sui mansi di altre persone,
uno o più agnelli. Il contravventore dovrà versare un banno di 40 soldi al
Comune e 20 soldi al pastore, e restituire ciò che ha preso.
[1] Nei confronti, ovviamente, del
proprietario della terra di cui è stata impedita la coltivazione.
[2] Le funzioni degli avvocati ecclesiastici
(cfr. doc. n. 1, nota 1) finivano spesso per cristallizzarsi in un complesso
di poteri giurisdizionali autonomi, concessi talora in beneficio feudale
e trasmessi dal titolare della concessione ai propri eredi.
[3] Con procedura sommaria, dunque, non ordinaria e formale.
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