Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI –
metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
2. Testimonianze sul rapporto di colonato che vincolava Benivieni
alla Badia fiorentina Benivieni di Rinucciolo era un colono della zona di Vicchio, o
Vico l’Abate, circa 18 km a sud di Firenze. Agli inizi del secolo XIII
si era trasferito in città e aveva cercato di svincolarsi dai propri
obblighi verso gli abati della Badia fiorentina, signori del castello
di Vicchio. Questi fecero causa, e il l° gennaio del 1219 l’abate Bartolo
fece verbalizzare quattro deposizioni testimoniali favorevoli alla Badia,
rese dinanzi ai magistrati di Firenze che erano preposti alle cause
civili. Viene qui tradotta per esteso la prima testimonianza, mentre
delle altre sono stati tralasciati molti passi che non introducono elementi
nuovi o diversi. L’edizione è nei Documenti dell’antica costituzione
del Comune di Firenze, a c. di P. SANTINI, Firenze, Vieusseux
(Galileiana), 1895 (Documenti di storia italiana pubblicati a c. della
R. Deputazione toscana Sugli studi di storia patria X), parte II, p.
240, n. XXII; nel volume si trovano gli atti di più di una controversia
relativa a rapporti di colonato o comunque a prestazioni contadine (si
aggiunga la lettura di alcuni dei Nuovi documenti dell’antica costituzione
del Comune di Firenze, editi dal SANTINI in Archivio
storico italiano, Ser. V, XIX, 1897, pp. 276-325).
Gonnellina di Gonnella giurò e disse di aver veduto che Rinucciolo,
padre di Benivieni, e lo stesso Benivieni stavano e risiedevano come
uomini e coloni della Badia fiorentina su un fondo sito a Novoli, confinante
su di un lato con la via, sul secondo con i figli di Cotenna, sul terzo
con il fossato e sul quarto con Brunellino. Il teste vide che Benivieni
prestava determinati servizi: egli cioè lavorava alcune volte al muro
del castello di Vicchio, e Rinucciolo faceva la guardia di notte e il
servizio di custodia presso il castello, quando occorresse, e aveva
giurato di stare agli ordini di Maffeo, che allora era l’abate della
Badia fiorentina, e lo riveriva come proprio signore.
Il teste dice di aver visto che Boninsegna e Arrigo, agenti dell’abate,
esigevano il dazio dal padre di Benivieni, e dice che era di
dominio pubblico nel paese che Rinucciolo e il figlio Benivieni davano
agli agenti dell’abate della Badia fiorentina prestazioni d’opera, pasti,
penalità, banni, ogni anno polli e uova – cioè due volte all’anno i
polli e tre volte le uova; alla domanda: quanti polli e quante uova,
risponde di non saperlo.
Alla domanda: per quanto tempo vide risiedere i due sul fondo suddetto,
risponde di aver veduto risiedere Rinucciolo per ventiquattro anni e
Benivieni per trenta. E dice che in seguito Benivieni dimorò tre anni
a Firenze e che dopo che si era trasferito a Firenze fu rivendicato
dall’abate e dal suo rappresentante. Richiesto di dire come facesse
a saperlo, risponde di avere assistito al placito in qualità di testimone;
non sa chi avesse sporto la querela e dice che il placito si tenne tre
anni or sono.
Alla domanda: a chi apparteneva il fondo di residenza, risponde di ritenere
che fosse della Badia. Alla domanda: che tipo di colono era Benivieni
risponde che l’abate lo teneva quale villano. Richiesto di
dire se egli stesso fosse colono o familiare della Badia fiorentina,
risponde di no; richiesto di dire se avesse ricevuto istruzioni [1],
risponde […]; richiesto di dire da quale parte preferisse che
la causa fosse vinta, risponde: dalla Badia. Alla domanda, se Benivieni
sia cittadino, risponde di non saperlo. Alla domanda, se Benivieni abbia
la propria casa in Firenze, risponde di sì, per quanto ha sentito dire.
Alla domanda: chi era il podestà di Firenze a quel tempo [2], risponde
di non saperlo. Richiesto di dire se fosse nemico di Benivieni, risponde
di no; dice di non aver ricevuto compensi, di non agire per odio verso
altri e di avere guidrigildo [3].
Castellino di Ridolfino giurò e disse […] che quando Alberto
da Cintoia aveva in pegno dalla Badia fiorentina il castello di Vicchio
con tutta la curia e le rendite, egli stesso insieme a Ravignano, figlio
del Signor Alberto, riscosse delle prestazioni da Benivieni per conto
del suddetto Alberto – e quindi per conto della Badia, dato che in nome
di questa Alberto riscuoteva o faceva riscuotere le prestazioni. Si
trattava di 18 denari (sostitutivi di una prestazione d’opera con buoi
dovuta da Benivieni per quell’anno), di una gallina, un pulcino e tre
uova a Natale, di tre uova a Pasqua e di altre tre per la festa di S.
Maria d’agosto, di una manna di lino e uno staio di olive, di una mezzetta
di vino, consegnata al portonaio dell’abate che la riceveva per il suddetto
Alberto, e di alcuni denari in sostituzione di un pasto per tre persone.
Il teste dice di aver veduto Benivieni fare servizi di custodia nel
castello per un anno, lavorare al muro del castello per due anni, fare
a proprie spese calcinaio e calcina per un anno, eseguire lavori al
mulino per un anno. E lo vide versare per un anno il dazio e l’accatto a Nicola, che era monaco della Badia e riscuoteva
in nome di questa, e vide che Benivieni riveriva come proprio signore
l’abate che c’era allora. Il teste dice di aver riscosso prestazioni
da Benivieni un solo anno, tranne le uova, che per altri tre anni furono
consegnate a lui e al castaldo dell’abate […]
Interrogato sulla propria età, il teste risponde di avere quarant’anni
e più [4]; richiesto di dire se fosse colono o familiare della
Badia, risponde di essere masnadiere; richiesto di dire se avesse ricevuto
istruzioni, risponde di no; richiesto di dire se avesse guidrigildo,
risponde di sì richiesto di dire da quale parte preferisse che venisse
vinta la causa, risponde: da quella che ha ragione […]
Bene di Rinuccio da Vicchio dell’Abate giurò e disse […] di aver
veduto Benivieni versare il dazio annuale, per trentadue anni
ed oltre, ma solo quando l’abate lo riscuoteva dagli altri uomini. Alla
domanda: come e in qual modo l’abate riscuotesse il dazio dagli
altri uomini, risponde che talora lo riscuoteva ogni tre o quattro anni,
come a lui piaceva. Il teste vide il suddetto Benivieni lavorare al
muro del castello, fare servizi di guardia quando ce n’era bisogno e
recarsi, dietro ordine dell’abate, a riparare la pescaia del mulino
[…]
Interrogato sulla propria età il teste risponde di avere cinquant’anni;
richiesto di dire se fosse colono o familiare della Badia,
risponde di no, ma dice di essere fedele della Badia a motivo del feudo
che da questa detiene […]
Bonaccorso di Peruzzolo del Casato giurò e disse […] di aver
sentito dire che Benivieni dava agli agenti dell’abate nove uova – tre
a Natale, tre a Pasqua e tre per la festa di S. Maria d’agosto; e che
annualmente dava dei polli e uno staio di olive e prestava il dazio e l’albergaria […]
Interrogato sulla propria età, il teste risponde di avere sessant’anni
e più richiesto di dire se fosse colono della Badia, risponde di no
[…] ; richiesto di dire da quale parte preferisse che venisse
vinta la causa, risponde: da Benivieni. Alla domanda, se Benivieni sia
cittadino, risponde di sì richiesto di dire come facesse a saperlo,
risponde di averlo visto dimorare in Firenze da quattro anni a questa
parte. Alla domanda, se Benivieni possieda una casa in Firenze, risponde
di sì.
[1] Intendi: sulle risposte da fornire alle domande degli inquirenti.
[2] Intendi: quando la Badia mosse l’azione legale contro Benivieni.
[3] Altre dichiarazioni tradizionali nella procedura di escussione dei
testi; il guidrigildo era, nel diritto longobardo, il valore in denaro
attribuito agli uomini liberi ai fini delle composizioni pecuniarie
dovute o da costoro (ad esempio nel caso che avessero reso una falsa
testimonianza) o da chi li avesse uccisi od offesi: gli schiavi non
avevano guidrigildo e non potevano testimoniare in giudizio.
[4] Troviamo raramente, nei verbali
di quest’epoca, persone che dimostrino di conoscere esattamente
la propria età; in genere l’età viene espressa con una cifra
tonda – 40, 50, a volte 100 anni – accompagnata talora da
una formula cautelativa (“all’incirca”, “più
o meno”, “forse più” ecc.).
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