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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione II – La servitù della gleba

3. “Rustici” e signori nello Statuto di Vercelli del 1241

Come tutti gli Statuti comunali cittadini, quello promulgato a Vercelli nel 1241 (edito da G. B. ADRIANI negli Historiae patriae monumenta, XVI/2, Torino, Bocca, 1876, coll. 1089-1264) riunisce in forma di capitoli o rubriche una serie di giuramenti, prestati dalle autorità cittadine – in primo luogo dal podestà – che s’impegnavano così a rispettare determinate norme o ad espletare determinati compiti, e una serie di singoli statuti o ordinamenti emanati nel corso degli anni precedenti. Non è sempre possibile stabilire con esattezza l’anno a cui risale un capitolo statutario. L’ultimo tra quelli che riportiamo (ed. cit., col. 1241) è dell’11 novembre 1236: vengono qui richiamati i capitoli 231-232, che sono dunque anteriori a tale data. La relativa antichità dei capitoli 231-232 (col. 1182) è attestata anche dal capitolo 1 (col. 1093), dove il podestà giura l’osservanza del primo di essi. I capitoli 231-232, i passi dei capitoli 1 e 394 che li richiamano e l’inciso “a meno che ecc.” del capitolo 181 (col. 1164) vennero cancellati dopo l’atto di affrancazione del 1243 (documento seguente). Per fornire un quadro abbastanza articolato del dominio signorile e dei rapporti tra rustici e signori nello Statuto di Vercelli abbiamo tradotto ancora i capitoli 246 e 312 (rispettivamente coll. 1185 e 1211). Ma il lettore potrà integrare il quadro con l’analisi dei numerosi capitoli concernenti l’organizzazione del territorio vercellese e l’istituzione, promossa dal Comune cittadino, dei luoghi franchi, svincolati da ogni giurisdizione signorile. (cfr. G. DONNA, I borghifranchi nella politica e nella economia agraria della Repubblica vercellese, in Annali della Accademia di agricoltura di Torino, LXXXVI, 1942-43, pp. 89-151).


1. Giuro [1] sui santi Vangeli di Dio che in buona fede, senza inganno e senza tener conto di alcuna mia amicizia né odio, guiderò, reggerò, custodirò e governerò la città di Vercelli, i suoi cittadini e gli abitanti in generale e gli uomini del districtus e della giurisdizione cittadina, difendendone i beni mobili e immobili, gli averi, i possedimenti fondiari e le persone, sia nel loro complesso che a titolo singolare, fermo restando tuttavia quel capitolo dello Statuto che concerne i signori e i rustici e comincia così: “Giuro che non costringerò i signori a rendere giustizia ai propri rustici, eccetera” […]


181. È stabilito che nessuna persona, maschio o femmina, del districtus della città di Vercelli possa venire costretta dal podestà o dal console di un borgo o di una villa del districtus della città di Vercelli – a meno che non venga costretta dal proprio signore – a comparire presso il podestà o il console di quel luogo in cause del valore di 5 soldi o più […]


231. Giuro che non costringerò i signori a rendere giustizia ai propri rustici per delitti che abbiano commesso contro di loro né renderò giustizia per le cose prese dai signori ai rustici quando questi ultimi erano alle loro dipendenze, eccezion fatta per tutti i diritti dotali delle mogli dei rustici.

Si deve rendere tuttavia giustizia al rustico quando esibisca un atto scritto da cui risulta che il signore gli aveva condonato, per una convenzione reciprocamente stabilita, il fodro o altre prestazioni: se ci sarà una causa in merito, renderò giustizia in base a tale atto scritto.

232. Se un signore ucciderà o mutilerà un suo rustico senza una causa giusta e ragionevole il podestà di Vercelli avrà la facoltà di procedere giudizialmente contro tale delitto, non d’ufficio ma secondo la procedura ordinaria e dietro richiesta di un accusatore legittimo. Per ogni altra questione resti fermo e venga osservato il precedente capitolo sui signori e i rustici.


246. È stabilito che se una persona, di qualunque luogo, vorrà venire ad abitare nella città di Vercelli, dovrà essere accolta come cittadino e abitatore, a meno che non si tratti di uno che il Comune non possa accogliere in virtù di un contratto stipulato tra il Comune e terzi. Fatta questa eccezione, a chiunque dev’essere lecito venire ad abitare nella città di Vercelli, nonostante l’eventuale fodro o un pignoramento dei suoi beni eseguito o imposto dal signore o la stipulazione di una promessa od obbligo di non abbandonare la terra del signore: e questi non potrà impedirgli in alcun modo di venire ad abitare nella città di Vercelli nè di portarsi via i beni mobili e semoventi [2], avanzando il pretesto del fodro o di un pignoramento fatto per il fodro […]

Quanto al fondo, che la persona in questione aveva o deteneva in nome del proprio signore e su cui abitava, deve esserne fatta completa rinunzia aI signore – ove questi appartenga alla giurisdizione di Vercelli – insieme con tutte le costruzioni e con le terre tenute in livello o in affitto o per altro titolo in nome del detto signore; a meno che la persona in questione non possa esibire un contratto di acquisto a titolo di libero allodio o un contratto di investitura a titolo di feudo gentile [3]. La persona non è peraltro tenuta, in base al presente statuto, a cedere al signore sul cui fondo abitava – né ad altri – le terre che deteneva in affitto o per altro titolo in nome di altri signori. I diritti di questi ultimi rimarranno immutati, quali erano prima del presente statuto.

Rimanga fermo che se la persona in questione e i suoi eredi non avranno abitato nella città di Vercelli con la famiglia per dieci anni di seguito, ma se ne saranno andati ad abitare dove erano prima o comunque in un altro luogo, i diritti del signore quanto al pignoramento, al fodro, agli atti di promessa e a tutto il resto dovranno essere pienamente ripristinati, così come erano prima che la persona venisse ad abitare in città.


312. […] Il podestà sia tenuto a provvedere affinché nessun Comune di una villa emani statuti che rechino pregiudizio al Comune di Vercelli o a un signore; ove siano stati emanati simili statuti, li faccia abrogare […]


394. […] È stabilito che se un castellano, un nobile o un cittadino della città e della diocesi di Vercelli si rifiuterà, dopo due o tre notificazioni o richieste, di consegnare al podestà […] o ai consoli del Comune di Vercelli […] il proprio castello, la torre, la casa o il territorio di proprio dominio entro i termini a lui assegnati […] o se farà resistenza al Comune di Vercelli, allora il podestà adesso in carica, i suoi successori e i consoli del Comune di Vercelli […] siano tenuti senza possibilità di deroga, ad affrancare e a rendere liberi tutti gli uomini che costui ha nel districtus di Vercelli. E il podestà, i consoli […], il Comune e gli uomini di Vercelli siano tenuti a custodire e a difendere in perpetuo quegli uomini nel loro stato di libertà, a tenerli per cittadini e a non consentire che il loro signore […] eserciti nei loro confronti alcuna prerogativa, districtus o giurisdizione […]

Questi statuti e ordinamenti devono essere inseriti nello Statuto del Comune di Vercelli […] Lo statuto o gli statuti concernenti i signori e i loro rustici non devono in alcun modo contrastare né essere ritenuti contrastanti con gli statuti e con gli ordinamenti sanciti qui.

[1] Soggetto è il podestà di Vercelli.

[2] Per beni semoventi si devono intendere, in concreto, gli animali.

[3] Per feudo “gentile”, “onorato”, “retto” ecc., si intende un rapporto feudale che non comporti una diminuzione della libertà personale o il mantenimento di vincoli di dipendenza contadina: cfr., qui oltre, la presentazione del doc. n. 5.

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05