Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
7. Gli Statuti di Parma contro il vincolo alla gleba
Del primo di questi due capitoli non si conosce la data, l’altro
fu emanato nel 1234; ambedue vennero inseriti, l’uno di seguito all’altro,
nella redazione del 1255: Statuta communis Parmae digesta anno MCCLV,
ed. A. RONCHINI, Parma, 1855-56 (Monumenta historica ad provincias
Parmensem et Placentinam pertinentia, I), pp. 258-259.
a/ Se qualcuno è stato o starà per dieci anni in città,
in qualità di cittadino e risiedendovi per la maggior parte dell’anno,
senza che in questi dieci anni alcun padrone lo abbia rivendicato come
proprio manente e ascrittizio, tale rivendicazione non potrà più
essere presa in considerazione. La norma non si applica a vantaggio di
schiavi ed uomini di masnada.
La norma non si applica ai discendenti di una persona che continui a vivere
e ad abitare in campagna. La stessa eccezione vale per chi abbia un fratello,
fintantoché questi risieda in campagna sul fondo del padrone e
fintantoché i fratelli abbiano in comune la terra e le altre cose
e non si sia provato che la persona è divisa dal fratello rimasto
in campagna.
In aggiunta a questo capitolo statutario si prescrisse che nel periodo
di tempo indicato sopra non si dovessero computare, a sfavore dei padroni,
i periodi di guerra [1].
b/ D’ora in avanti nessuno dovrà o potrà essere ascritto
al suolo né essere chiamato manente né essere costretto
a stare e ad abitare sul fondo, anche se avrà abitato su un fondo
o su una terra altrui per trenta o quarant’anni.
Ciò non si applica a chi è stato ascritto in passato [2].
Nell’anno millesimo duecentesimo trentesimo quarto, indizione settima.
[1] Sul principio della sospensione della prescrizione in tempo di guerra
cfr. anche Sez. IV, doc. n. 8.
[2] La norma non ha cioè carattere di retroattività.
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