Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI –
metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
8. Permute tra il monastero di Passignano e i suoi coloni Di questi due lunghi e complessi contratti, tuttora inediti, riproduciamo
il riassunto elaborato dal CONTI, La formazione cit., pp. 295-297:
noi ci siamo limitati a tradurre in italiano quelle parole, espressioni
o frasi dei documenti originali che il Conti riproduce integralmente
(esse sono poste tra virgolette). Il primo dei due coloni cedette case,
terre e denari in cambio dell’affrancazione dai vincoli colonici e di
altri terreni; l’altro colono cedette invece case e terre in cambio dell’affrancazione
e di una somma di denaro, ma si riservò per sei anni la rendita
del patrimonio che aveva ceduto. Si deve notare l’insistenza con cui
il monastero si fece promettere che gli ex coloni non avrebbero acquistato
beni e diritti entro le circoscrizioni signorili di Poggialvento e di
Passignano: questi atti di affrancazione si inquadravano in un grande
sforzo di espansione della proprietà monastica in tali circoscrizioni,
perseguito a prezzo di grossi esborsi di denaro, dell’alienazione delle
terre più lontane e dell’affrancazione di quei dipendenti signorili
che, dotati di proprie case e terre e sostanzialmente autonomi, potevano
rivelarsi pericolosi concorrenti. a/ 1279, 24 ottobre. Jacopo di Buono (di Cristofano), “a titolo
di permuta e di scambio” cedé “in proprietà
e in perpetuo” al monastero di Passignano due case poste nel castello
di Poggialvento, due colti con aie e capanne all’Aia e al Casalino,
un pezzo di terra in parte vignata a Matraia e altri 35 pezzi di terra,
alcuni dei quali in parte boscati, uno presso il castello e gli altri
nei luoghi detti Aialta, Aiavecchia, Busca, Calenzoli, Campocosoli,
Ceppa, Ferrale, Fontevecchia, Grossoli, Lama al Sambuco, Lasuli, Masse,
Matraia, Pesa, Pianeto, Piano, Piano di Marcigliano, Quercia Frassinaia,
Torelli, Valicatoio; una casa nel borgo di Passignano e 150 lire in
contanti. Rinunciò inoltre a un pasto (“a una conmestione
o manicare”) dovutogli ogni anno dall’abate il giorno
della consegna del fitto perpetuo, e promise, sotto pena di lire 500,
“di non comprare né acquistare, in qualunque forma giuridica,
maniera, causa o titolo, d’ora in avanti, per sé o per interposta
persona, alcuna cosa, comunque definita, né alcun bene immobile
entro il castello o in una parte del castello di Poggialvento o nella
curia, nella curtis o nel districtus di tale
castello o in una parte o particella del castello e del districtus,
oppure nel castello o nel borgo di Passignano”, senza speciale
licenza dell’abate.
In cambio ricevette, “in proprietà”, un pezzo di
terra e un pezzo di bosco nel popolo della pieve di S. Cresci a Monteficalli,
tutte le terre di proprietà del monastero entro il territorio
confinato dalle strade che dalla “villa” di Rignana portavano
al castello di Monteficalli e alla pieve di Sillano, dalla “villa”
di S. Martino in Cecione alla pieve di Sillano e dal castello di Poggialvento
alla “villa” di Mezzuola, la libera proprietà di
due pezzi di terra nel territorio indicato e della metà per indiviso
di una casa in Firenze, nel popolo di S. Piero Scheraggio, “pezzi
di terra e casa che erano detenuti e posseduti dal detto Jacopo”,
e infine l’assoluzione “e l’affrancazione da ogni vincolo, legame
e nesso di colonia: specialmente ed espressamente dall’obbligo di consegna
e prestazione annuale di 11 staia di grano e di una emina di grano […]
a titolo di affitto”, “e dall’obbligo di consegna e versamento”
di 6 denari l’anno “quale canone per una casa situata nel borgo
di Passignano”.
b/ Lo stesso giorno messer Bartolo di Giunta di Rognoso, “giudice
e notaio”, “a titolo di permuta e di scambio”, cedé
“in proprietà e in perpetuo” al monastero una casa
nel castello di Poggialvento, un. pezzo di terra con vigna, aia e capanna
a Sant’Andrea, un pezzo di terra in parte boscata all’Imbuto e altri
10 pezzi di terra alla Costa Ricci, Ercole, Matraia, Montorsi, Pratolino,
Rovenzano, Valdimura, Vallesoda. Rinunciò inoltre a un pasto
annuo dal monastero e promise per sé e i suoi eredi, sotto pena
di lire 500, di non comprare da nessuno beni nei distretti di Poggialvento
e di Passignano, “di non compiere o far compiere d’ora in avanti
atti di compravendita né stipulare acquisti o contratti, sotto
qualunque titolo, forma giuridica o maniera, con uomini, coloni o fedeli
di qualunque specie del monastero o con qualunque altro uomo, persona,
collettività o collegio che sia tenuto nei confronti del monastero
a una qualunque sorta di fitto perpetuo o al versamento di canoni o
prestazioni, usi od abusi, giustamente o ingiustamente”, e infine
di “non abitare né stare”, senza speciale licenza
dell’abate, nei luoghi predetti.
In cambio ricevette le 150 lire versate da Jacopo di Buono, i frutti
dei beni ceduti per i sei anni prossimi futuri e la “liberazione
e assoluzione da ogni vincolo e condizione colonaria, ascrittizia, di
residenza, di manenza, censita, per sé e per i propri
figli e figlie e discendenti, in perpetuo”, nonché dalla
prestazione annua di 10 staia di grano “secondo il retto staio
affittuale di Passignano”.
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