Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
9. Il Consiglio del Popolo di Bologna dichiara nulli i vincoli di dipendenza
personale
La deliberazione bolognese del 22 maggio 1304 rappresentò, come si
è detto nell’Introduzione, il punto di arrivo di una politica sviluppata
dalle autorità comunali a partire dalla metà del secolo XIII e tesa a
eliminare progressivamente tutti i tipi di dipendenza personale: la schiavitù,
la servitù di masnada, i vincoli feudali, la dipendenza signorile e la
servitù della gleba. Gli autori della deliberazione si richiamarono esplicitamente
ai provvedimenti legislativi più antichi mostrandosi consapevoli della
stretta connessione che esisteva tra i diversi tipi di dipendenza personale
e quindi dell’inevitabile concatenazione che c’era stata tra
le successive leggi comunali di affrancazione. La deliberazione fu edita
alle pp. 429-430 dell’articolo di A. PALMIERI, Sul riscatto
dei servi della gleba nel contado bolognese, in Archivio Giuridico
LXXVII (1906), pp. 416-430; essa è riprodotta, insieme alle più importanti
tra le leggi che la precedettero e la prepararono (e di cui si raccomanda
la lettura) in VACCARI, Le affrancazioni collettive cit., pp.
42-53.
In nome di Cristo, amen. Per diritto naturale tutti gli uomini nascono
liberi, ma con l’accrescersi della malvagità umana sopravvenne,
per diritto delle genti, lo stato servile. Così, dopo che il Popolo
e il Comune di Bologna ebbero affrancato tutti gli schiavi della città
di Bologna e del suo contado e districtus e dopo che li ebbero
fatti liberare, con la manomissione, da ogni giogo servile, sopravvenne
contro giustizia e si andò propagando una certa forma di schiavitù,
soprattutto ad opera di nobili e di potenti.
Gli uomini di costoro, vincolati a tale giogo con i propri beni e i propri
discendenti, vengono comunemente designati con il nome di fedeli, manenti,
residenti, commendati, coloni, ascrittizi o con altri nomi e sono tutti
obbligati a fornire ai suddetti nobili servizio militare e cavalcate,
oppure collette o altre contribuzioni, oppure donativi di maiali,
determinate albergarie, cera, capponi, focacce e altre prestazioni di
carattere speciale o generale, come risulta dai contratti indebitamente
stipulati in materia. Cosicché ormai quasi la maggior parte degli
uomini del contado e del districtus di Bologna, soprattutto quelli
che dimorano nella Montagna, si trovano vincolati contro giustizia a questa
forma di giogo servile, in forza dei pubblici contratti che hanno stipulato,
e stanno quasi per essere ridotti in catene, ove non sia posto un salutare
rimedio a tale situazione.
Piacque pertanto al Consiglio del Popolo che nella città, nel contado
e nel districtus di Bologna nessuno, cittadino o forestiero o
di qualunque stato e condizione giuridica sia, abbia d’ora in avanti
l’ardire e la presunzione di affermare e sostenere in qualunque
modo, con qualunque tipo di argomentazione, in sede giudiziaria o extragiudiziaria,
che una persona del contado e del districtus di Bologna è
un proprio fedele, manente, residente, commendato, colono perpetuo, ascrittizio
– per dipendenza personale o per i beni che gli appartengono o per
quelli che detiene in nome altrui – in forza di un contratto che
sia stato stipulato nel corso degli ultimi venticinque anni. Al contrario,
ognuna delle persone di cui si è detto goda della piena libertà
con tutti i propri beni e con quelli che ha, possiede oppure avrà,
deterrà o possiederà in futuro, nonostante qualunque contratto,
patto o convenzione stipulato in materia e nonostante consuetudini o norme
di prescrizione in senso contrario che siano state stabilite nel periodo
di tempo indicato sopra. E tutte queste stipulazioni, consuetudini e norme
di prescrizione si considerano da adesso in poi annullate e prive di valore.
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