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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione II – La servitù della gleba

10. Il divieto di alienazione dei servi nello Statuto del Capitano del Popolo di Firenze

Il documento va letto tenendo presente quanto si è detto nell’Introduzione a proposito dell’atto del 6 agosto 1289, con il quale le autorità comunali fiorentine vietarono ogni atto di compravendita, o comunque ogni alienazione, che avesse per oggetto coloni e in genere diritti sulle persone. Quell’atto venne riportato quasi integralmente nel libro I, rubrica LVI, dello Statuto del Capitano del Popolo redatto nel 1322, revisionato nel 1325 e pubblicato da R. CAGGESE, Statuti della Repubblica Fiorentina, I: Statuto del Capitano del Popolo degli anni 1322-25, Firenze, Galileiana, 1910, pp. 59-61. Nel riprodurre la rubrica in questione raccomandiamo la lettura complessiva dei documenti del 1289-1290 che furono all’origine di essa e che si trovano riprodotti in VACCARI, Le affrancazioni collettive cit., pp. 58-76.


Affinché le giurisdizioni, le prerogative e i diritti del Comune di Firenze si conservino illesi e non soffrano diminuzioni, ma vengano anzi ad accrescersi, e affinché gli impotenti e i deboli non siano indebitamente oppressi dai magnati e dai potenti, è stabilito e sancito che nessuna persona o ente, di qualunque rango o condizione, ardisca o presuma di vendere, donare, alienare o comunque trasferire sotto un qualche titolo a terzi – si tratti di persone, enti, collettività collegi o capitoli, di qualunque condizione o stato giuridico – coloni, censiti o ascrittizi, fedeli, inquilini, commendati, manenti o servi oppure diritti, angarìe, parangarìe od altre prestazioni, personali o reali, o qualunque altro diritto connesso ad affitti o a livelli o alcuna giurisdizione sopra una collettività, una villa o un castello o sopra singole persone del contado e del districtus di Firenze; e che nessuno possa costituirsi fedele o legarsi con vincolo di fedeltà […].

Il divieto e la nullità di tutti questi atti sono sanciti a partire dall’anno millesimo duecentesimo ottantesimo ottavo, indizione seconda [1]. E nessuna persona, ente o collettività di qualunque stato o condizione giuridica, compri o acquisti gli oggetti di cui sopra […] né assuma alcuno come fedele o lo leghi a sé con vincolo di fedeltà; ciò a decorrere dal termine indicato sopra. Che se qualcuno contravverrà a queste disposizioni […], sarà condannato dall’Esecutore degli Ordinamenti di Giustizia a una penalità di 1000 fiorini piccoli […], e l’alienazione o il contratto saranno nulli ipso iure [2]. E da questo momento si devono considerare abrogati, nulli e privi di valore contratti, alienazioni e concessioni del tipo indicato. Né alcun diritto, derivante da simili alienazioni e concessioni, potrà essere attribuito alla persona; collettività od ente che le abbiano ricevute o potrà essere da queste rivendicato; e chi avesse venduto, alienato, concesso o donato uno dei diritti di cui sopra o qualche giurisdizione, perderà ipso iure ogni proprio diritto: e coloro che avessero costituito oggetto dell’alienazione o concessione, siano liberi e svincolati e abbiano la condizione e lo stato giuridico di libertà.

Si intende tuttavia che, nonostante queste disposizioni, ogni laico della città, contado e districtus di Firenze abbia facoltà e licenza di acquistare e di comprare da qualunque chiesa, ecclesiastico, convento di religiosi o dai rappresentanti di chiese e conventi, insieme ai beni e ai diritti di tali chiese e conventi, anche i fedeli, i diritti connessi ad affitti e tutti gli altri diritti descritti qui sopra, purché, una volta comprati o acquisiti tali fedeli, li liberi dal vincolo di fedeltà che potrebbe rivendicare su di loro in forza di tale vendita od acquisto [3].

È stabilito ancora che ove una persona, ente o collettività non soggetta alla giurisdizione del Comune di Firenze o esente dalle imposte o dagli oneri fiscali del Comune acquisti i diritti e le giurisdizioni di cui sopra, sia condannata a una penalità di 1000 lire di fiorini piccoli […] e costretta ad abrogare simile contratto o acquisto e a rinunziarvi completamente; e anche il padre, i figli, i fratelli o altri congiunti del compratore o acquirente siano costretti a fargli compiere tale atto di abrogazione e rinunzia […]. E l’insieme di queste disposizioni e ciascuna di esse abbiano luogo e vengano osservate a partire dall’anno millesimo duecentesimo ottantesimo ottavo […]. Ma si intende e si dispone espressamente che le vendite, le alienazioni e le concessioni compiute o da compiersi in futuro nei confronti del Comune di Firenze, e aventi come oggetto le cose di cui sopra o parte di esse, possano aver luogo lecitamente e senza penalità e siano ritenute definitive e valide.

[1] Corrisponde all’anno 1289, secondo il computo moderno.

[2] Automaticamente, cioè, senza bisogno di sentenza giudiziaria di nullità.

[3] Questo periodo (da: “Si intende tuttavia” in poi) mancava nel testo del 1322 e venne aggiunto nel 1325.

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05