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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione III – La proprietà fondiaria nella prima età comunale

2. Concessione della badessa di S. Maria di Aquileia agli abitanti del territorio di Cervignano

II documento, dell’ottobre 1062, è pubblicato nell’importante libro di P. S. LEICHT, Studi sulla proprietà fondiaria nel medio evo, ristampa, Milano, Giuffrè,1964 (la prima edizione, in 2 voll., risale agli anni 1903-1907), p. 151, n. I. Un riassunto e un breve esame del documento, a cura di G. PERUSINI, si leggono nel volume di AA.VV., Testi e documenti per la storia del diritto agrario cit., p. 42, n. IV, e sono poi ripresi in PERUSINI, Vita di popolo in Friuli. Patti agrari e consuetudini tradizionali, Firenze, Olschki, 1961, p. 97, n. N.IV.


In nome di Cristo, amen. Patto e convenzione tra Friderunda, badessa del monastero di S. Maria d’Aquileia e Martino, Uduverto, Domenico […] (seguono una settantina di altri nomi), uomini liberi che abitano nel luogo e fondo di Cervignano, a Mùscoli, a Terzo, nella località detta S. Martino e nei relativi territori.

La badessa dovrà confermare la concessione dei poderi e dei mansi, con le vigne, le terre arative, i campi, i prati, le selve, i pascoli e i terreni del monastero, che sono situati nel luogo e fondo di Cervignano, a Mùscoli, a Terzo e nella località di S. Martino e sono attualmente detenuti dagli uomini suddetti, i quali li avevano ricevuti dalla badessa in affitto e dietro corresponsione di un censo.

La concessione è fatta in questi termini. Gli uomini di cui sopra e i loro eredi terranno i poderi per i prossimi ventinove anni e sosterranno le spese necessarie alla loro conduzione, vi abiteranno e ne usufruiranno e ne faranno ciò che sembrerà loro opportuno, senza contestazioni da parte della badessa e di chi le succederà né da parte del monastero di S. Maria, purché i poderi vengano migliorati e non deteriorati, registrino un progresso e non vadano in rovina.

Ciascuno dei concessionari dovrà versare annualmente, a ogni vendemmia, la terza parte del vino, da consegnare alla spina [1]. Chi possiede un intero campo a vigna [2] dovrà a titolo di vendemmiatico due pani, vino per un valore di 2 denari, carne per un valore di 2 denari, una prestazione d’opera nella vigna, una nel prato, una nell’aia. Ogni massaro deve fare ogni anno sei trasporti col carro da Cervignano ad Aquileia.

I concessionari, godranno in comune del diritto di raccolta, di pascolo e di aratura nei territori compresi tra il lago di Sommaselva e la terra di Castiglione, tra Prato Frascario e Cavenzano, e dalla Casa Sualdana – dove è la tenuta di Rovedula e di Anfora – sino al Corno – dove è la tenuta di Zumello.

Non dovranno essere imposte altre prestazioni oltre a quelle indicate.

[1] Si intende dire, probabilmente, che il lavoro e le spese della vinificazione toccano integralmente ai concessionari, i quali sono tenuti a consegnare un terzo del vino già fermentato, buono e puro, mentre spetteranno a loro le vinacce e il secondo vino.

[2] In Friuli, come in altri territori dell’Alta Italia, il “campo” era un’unità locale di superficie agraria, con valori differenti da zona a zona: il campo aquileiese corrispondeva a mq. 5117 (PERUSINI, Vita di popolo cit., p. 246).

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05