Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
4. Una concessione enfiteutica dell’eremo di Fonte Avellana
Traduzione integrale dalle Carte di Fonte Avellana, 1 (975-1139),
a c. di C. PIERUCCI e A. POLVERARI, Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura, 1972 (Thesaurus Ecclesiarum Italiae, IX/1), p.
305, n. 140. Simili a questo sono i contratti editi alle pp. 235 n. 105,
244 n. 110, 295 n. 134, 303 n. 139, 318 n. 177.
In nome di nostro Signore Gesù Cristo. Nell’anno millesimo
centesimo ventesimo primo dalla sua Incarnazione [1], in un giorno del
mese di aprile, indizione tredicesima, in Cagli. Nel nome di Dio io, Signor
Giovanni, per grazia di Dio preposto nella chiesa di S. Croce dell’eremo
di Fonte Avellana, nel giorno presente, di mia spontanea volontà
e con il consenso del Signor Ranieri, per grazia di Dio priore e rettore
dell’eremo, do e concedo mediante carta di enfiteusi a te, Amizo del fu
Adamo, per metà, e per l’altra metà a te, Guido del fu Uberto,
e ai vostri figli e nipoti maschi tutti i beni che avevate dato in proprietà
alla chiesa suddetta, a beneficio dell’anima vostra e dell’anima dei vostri
parenti, e che attualmente avete e detenete entro il contado di Cagli
e la pieve di S. Fabiano, in località Castratoni: e cioè
la terra coltivata e messa a vigna e quella non coltivata, con tutti gli
alberi che vi stanno sopra; così che per questa carta voi l’abbiate,
la teniate, la possediate, la rendiate migliore, la sfruttiate e ne facciate
tutto ciò che parrà opportuno a voi, che di questa terra
avete fatto richiesta, e ai vostri figli e nipoti maschi, ferma restando
la proprietà della chiesa suddetta. Se uno di voi sarà morto
senza eredi maschi, la sua parte di questa terra andrà al sopravvissuto.
Ogni anno dovrete versare un canone di tre denari di Pavia e la decima
dei prodotti, nella festività di S. Angelo di settembre [2], alla
chiesa suddetta che è proprietaria della terra; dovrete inoltre
un pezzo di carne e due focacce, a Natale, ed ogni anno, fino alla terza
generazione, un’opera per la mietitura, una per i lavori della vigna e
due opere con un paio di bovi [3].
A voi, che ne avete fatto richiesta, e ai vostri figli e nipoti maschi
promettiamo che noi, i concedenti di cui sopra, e i nostri successori
terremo fermi, garantiremo e difenderemo in giudizio contro chiunque tutti
i beni qui indicati. Se così non faremo, se cercheremo di contravvenire
alle disposizioni di questa carta o di invalidarla o di non osservarne
tutti i punti, noi concedenti e i nostri successori saremo obbligati a
dare a voi, suddetti richiedenti, e ai vostri figli e nipoti maschi 2
lire d’argento: dopo il versamento della penale questa carta, con ciò
che in essa si legge, dovrà rimanere valida e immutata.
Fatto nel mese e nell’indizione indicati sopra, a Cagli.
Segno di mano del Signor priore Ranieri.
Segno di mano del Signor preposto Giovanni, che per conto del suddetto
priore richiese la stesura di questa carta.
Segno di mano di Martino di Raino e di suo figlio Atto e di Custulo di
Raino: questi tre furono chiamati a testimoniare.
Io, Giovanni notaio, scrissi questa carta e le diedi compimento.
[1] In realtà 1120.
[2] S. Michele Arcangelo, 29 settembre (termine consueto di versamento
dei canoni fondiari).
[3] Un’opera vuol dire una giornata di lavoro, ovviamente non sulla
terra condotta in enfiteusi ma su altri campi del padrone.
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