Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
7. Controversia tra l’arciprete di S. Maria di Monte Velate e gli uomini
di Velate
Il villaggio di Velate è posto sulle pendici delle Prealpi
Varesine: un poco più in alto, sul versante che domina il corso
dell’Olona, sorgeva l’abbazia del Monte Velate, che ha lasciato un insieme
ricchissimo di documenti: cfr. Regesto di S. Maria di Monte Velate
sino all’anno 1200, ed. C. MANARESI, Roma, 1937 (Regesta
Chartarum Italiae, XXII). Alcuni di essi sono stati pubblicati dal
MANARESI anche negli Atti del Comune di Milano cit.; tra
questi sono di particolare interesse le sentenze, pronunziate dai consoli
di Milano, nelle cause che i rappresentanti di S. Maria avevano intentato
allo scopo di rivendicare, per sé o per i propri uomini, diritti
utili su boschi e pascoli della zona: pp. 20, n. XII (24 agosto 1145),
44, n. XXVIII (10 giugno 1153), 335, n. CCXXXVII (31 agosto 1201). Del
secondo di questi documenti traduciamo quasi integralmente la parte iniziale,
in cui sono definiti i punti della controversia; la sentenza fu sostanzialmente
favorevole alla chiesa di S. Maria.
Nel decimo giorno del mese di giugno, nella sede dei consoli di
Milano. Verbale della sentenza pronunziata da Azzo Cicerano console di
Milano, insieme agli altri consoli Alberto di Porta Romana, Ottone di
Mariola, Roberto Pingilucco, Marchisio Calcagnolo, nella causa che pendeva
tra Enrico, Soldano e Viviano, consoli del Comune della località
di Velate, nonché Ugo detto Prete e Ottone di Morosolo, agenti
a nome proprio e come rappresentanti di tutti i loro vicini che
sono parte in causa, e dall’altra parte il Signor Landolfo, arciprete
della chiesa di S. Maria di Monte Velate.
La causa verteva sulla facoltà o meno, per i suddetti uomini di
Velate, di dividere tra loro il bosco chiamato Gazzo, sopra il quale l’arciprete
vantava numerose prestazioni e diritti: quello cioè di raccogliervi
legna per la fabbrica [1] della chiesa di S. Maria e per la costruzione,
la riparazione e la manutenzione delle case di cui questa è proprietaria
nel monte suddetto, nonché legna per il fuoco – non solo per il
focolare dell’arciprete e della sua famiglia [2] ma anche per
la cottura e la preparazione dei cibi, sia al forno che in cucina; vantava
inoltre il diritto di farvi mangiare e pascolare i porci, e non soltanto
quelli di sua proprietà nel monte suddetto, ma anche quelli degli
altri uomini che abitano lì nel monte, accanto alla chiesa di S.
Maria, i quali per ogni porco che ammazzano gli danno a titolo di escatico
[3] i lombi e l’olza, e per ogni porco che vendono 6 denari.
Gli uomini di Velate non contestavano tutto ciò, fatta eccezione
per il diritto di far pascolare i porci degli altri uomini che abitano
nel monte suddetto, diritto che secondo loro l’arciprete non aveva affatto.
Ma sostenevano che quando anche l’arciprete avesse tutti i diritti che
diceva di avere, non poteva tuttavia impedir loro di procedere alla divisione
del bosco, poiché nessuno deve essere costretto al condominio contro
la sua volontà e poiché, per quanto si fosse attuata una
divisione, i diritti dell’arciprete non avrebbero subito diminuzione alcuna.
L’arciprete suddetto negava che si potesse procedere alla divisione, per
questo motivo: che se il bosco fosse stato diviso e ciascuno avesse usato
a piacimento della propria parte, esso sarebbe andato completamente distrutto
e gli utili, che spettavano alla chiesa e all’arciprete, sarebbero stati
ridotti a zero.
La causa verteva inoltre sulla facoltà o meno, per gli uomini di
Velate, di prendere, a titolo di remunerazione per il servizio di custodia
del bosco Gazzo, sino a otto moggia di castagne, da raccogliersi in tutto
il bosco e cioè sia sulla parte dei signori di Porta Romana che
sulla propria [4]: gli uomini di Velate dicevano di aver fatto molte volte
ciò, per consuetudine, ma l’arciprete replicava che non avevano
mai goduto di tale consuetudine e che se qualche volta avevano fatto ciò
lo avevano fatto contro diritto.
Si discuteva inoltre se quegli uomini – di cui si è detto – che
abitano sul monte presso la chiesa di S. Maria, avessero la facoltà
di prendere per fare il fuoco la legna secca di ogni tipo, che potevano
trovare tanto nel bosco Gazzo quanto in un altro bosco chiamato Cerreto,
che è situato ad occidente della chiesa di S. Maria tra il Gazzo
e il prato detto Vivaro, e sul quale l’arciprete ha gli stessi diritti
di far legna, per costruzione e da ardere, che ha nel Gazzo; o se avessero
invece la facoltà di raccogliere solo i legni dispersi, staccati
dagli alberi, che potevano trovare in questi
boschi.
Si discuteva ancora se in quel prato chiamato Vivaro, dove all’arciprete
è riconosciuto il diritto di far pascolare le sue bestie per tutto
l’anno, gli uomini di Velate potessero falciare e fare comunque erba.
L’arciprete negava che potessero fare ciò; dicendo che se fosse
stata concessa loro la facoltà o il diritto di fare erba nel Vivaro
sarebbe stato seriamente diminuito il suo diritto di pascolo […].
Si discuteva inoltre se quegli uomini che abitano sul monte, presso la
suddetta basilica di S. Maria, potessero far pascolare le loro bestie
nel Vivaro e negli altri prati che si trovano sulla parte orientale del
monte, e sui quali l’arciprete ha un diritto di pascolo sia prima che
dopo la falciatura. Gli uomini di Velate dicevano di no; ma l’arciprete
provò con numerosi testimoni che i suoi uomini avevano posseduto
per moltissimo tempo il diritto di far mangiare e di far pascolare i porci
nel Gazzo e quello di far pascolare le altre loro bestie nel Vivaro e
negli altri prati che di solito venivano falciati.
[1] Cioè per l’opera di costruzione e di manutenzione.
[2] Per famiglia di una chiesa o di un monastero si intende sia
l’insieme dei chierici o dei monaci sia – come ad esempio
nel doc. n. 6 della Sez. I – l’insieme dei dipendenti, e in
particolare quelli di condizione servile.
[3] Tassa sul pascolo e l’alimentazione delle bestie, in questo
caso dei maiali. Non conosco il significato del termine olza,
che segue.
[4] Da un altro passo del nostro documento risulta che il bosco Gazzo
spettava per un terzo a questa importante famiglia signorile e per due
terzi agli uomini di Velate.
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