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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione III – La proprietà fondiaria nella prima età comunale

10. Due concessioni feudali nel territorio di Padova

Ancora dal Codice diplomatico padovano dall’anno 1101 cit., riportiamo due tra le numerosissime investiture di terreni a titolo feudale (II, pp. 260 n.1089, 373 n. 1298). II primo documento è un rinnovo di concessione feudale, fatto al figlio del feudatario precedente: quest’ultimo, Lemizo di Aica, era stato spesso testimone sia in documenti della cattedrale di Padova che in atti cittadini importanti, e nel 1142 aveva fatto parte del collegio dei consoli (per i numerosi riferimenti rimando all’indice del volume citato, s.v. Aica, p. 523). Il concessionario di (b) era invece membro di una famiglia di artigiani e contadini, di scarso rilievo; pertanto l’aspetto patrimoniale della concessione risulta qui prevalente rispetto al vincolo propriamente feudale: come in altre concessioni che pure si dicono feudali (cfr. ad es. ibid., p. 256, n. 1082) non c’è fedeltà né omaggio, e viene ammessa esplicitamente la successione delle donne.


a/ Nell’anno millesimo centesimo settantesimo secondo dall’Incarnazione e dalla Natività di nostro Signore Gesù Cristo, indizione quinta, il tredicesimo giorno dopo l’inizio del mese di settembre. Furono testimoni Uberto prete di S. Lucia, Visemanno figlio di Alberto di Arnoardo, Broza. In loro presenza Vifredo arciprete della canonica di Padova investì Domenico del fu Lemizo di Aica, che agiva per sé e per i suoi fratelli e nipoti, del feudo che il padre di Domenico aveva avuto e detenuto in nome della chiesa di S. Maria. Tale feudo consiste, per dichiarazione dello stesso Domenico, in un pezzo di terra della misura di 15 campi, poco più o poco meno, posto nella località di Torniago. Domenico fece all’arciprete e ai canonici atto di fedeltà contro ogni altra persona, salva la fedeltà dovuta ai suoi precedenti signori.

Fatto in Padova, sotto il portico della chiesa di S. Lucia.

Io, Pietro notaio, fui presente e scrissi quest’atto dietro mandato delle parti.


b/ Nell’anno millesimo centesimo settantesimo ottavo di nostro Signore Gesù Cristo, indizione undicesima, il dodicesimo giorno prima della fine del mese di maggio (20 maggio). In presenza degli uomini nominati qui oltre, i coniugi Pietro notaio e Maria investirono Alberico figlio di Prando fabbro, a titolo di feudo senza fedeltà e senza omaggio, di un pezzetto di terra con casa in S. Giorgio del Vescovo, nel borgo nuovo; confinano ad un capo – oriente – il medesimo Alberico, all’altro capo la via, su di un lato – mezzodì – Viviano e Rainaldino, sull’altro lato la via del castello. Con il patto che in questo feudo debbano succedere maschi e femmine, cioè che venendo meno i maschi possano succedere nel feudo le femmine. Alberico peraltro dovrà venire una volta l’anno a Padova, se ciò gli verrà ordinato, entro il termine assegnatogli e senza frode. I coniugi suddetti promisero di garantire e di difendere in giudizio contro chiunque il buon diritto di Alberico sul pezzo di terra, sotto penalità di 10 lire di Verona.

Ciò è stato fatto in Padova, nella casa del detto Pietro. Furono, testimoni Musa, Gumberto mugnaio, Pigoleto da Cogno.

Io, Natale, notaio del Sacro Palazzo, fui presente e scrissi dietro mandato delle parti questo contratto di feudo.

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05