Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI –
metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
9. Due contratti di mezzadria nel Senese Il volume di I. IMBERCIADORI, Mezzadria classica toscana, con
documentazione inedita dal IX al XIV sec., Firenze, Vallecchi, 1951,
è interessante soprattutto per la parte documentaria: si tratta di 41
atti, compresi quasi tutti tra la metà del secolo XII e la metà del
XIV, che attendono ancora un’analisi storica dettagliata. In gran
parte sono contratti del territorio senese, come i due che traduciamo
qui (loc. cit., pp. 89 n. 13, 100 n. 22, rispettivamente del 14 giugno
1254 e del 4 aprile 1282). Sono di particolare interesse, nel primo
documento, l’esplicito impegno del mezzadro a non lavorare altre
terre se non quelle del padrone attuale, nel secondo l’impegno
ad assumere stabilmente e a stipendiare un ragazzo di fatica. a/ Io, Guglielmo del fu Ghiberto, agendo per me e per i
miei fratelli […], loco e concedo a titolo di locazione a te, Dietaviva
di Martino Lebdi, che ricevi in conduzione per te e per tuo fratello
Ugolino, un podere con vigne sito a Lestina, con le sue pertinenze e
con una casa e una capanna – eccettuata la terra in località Noceto,
che era dei figli di Guglielmino, ed eccettuati quegli olivi che non
erano stati concessi ai precedenti detentori del podere: Bonico e Bonagrazia
– affinché tu vi lavori per tre anni interi a partire dalla festività
di S. Michele di settembre prossima ventura. Prometto di darti la metà
dei buoi nonché, ogni anno, la metà di tutte le sementi e di tutti gli
attrezzi di ferro e delle altre cose che servono al lavoro, vale a dire
delle masserizie […]. Ed io, il conduttore suddetto, ti prometto […]
di lavorare il podere e le vigne bene e con diligenza, nei tempi opportuni
e nel modo consueto per un buon lavoratore. E ti prometto di conferire
la metà di tutte le sementi, la metà dei buoi, degli attrezzi di ferro
e delle altre cose che servono al lavoro, vale a dire delle masserizie,
e di portare a Siena nella tua casa, a mie proprie spese, la metà di
tutti i prodotti del podere in questione; soltanto per il mosto non
avrò l’obbligo del trasporto a Siena. Prometto inoltre di dar
da mangiare e da bere adeguatamente, al tempo della mietitura, della
trebbiatura e della vendemmia, a te o a uno dei tuoi fratelli oppure
a un vostro agente. E di non lavorare altre terre e vigne oltre a quelle
del podere suddetto. E prometto che per la durata del contratto io e
la mia famiglia custodiremo e governeremo le bestie, secondo la tua
volontà, e che al termine del periodo indicato sopra lasceremo nel podere
tutta la paglia, la lolla e il letame che ci sarà allora, eccetera;
e che riconsegneremo le vigne con i pali così come stanno adesso e la
stessa estensione di terra a coltura che c’è adesso.
b/ Io, Vanni del fu Ildibrandino da Renaccio, dichiaro di avere ricevuto
in conduzione mezzadrile da te, Cionino del fu Giovanni Uberti da Siena,
tutto il tuo podere posto a Renaccio e cioè le terre, le vigne, la casa,
le lame [1], i prati e i pascoli
[…], per lavorarlo, tenerlo, possederlo e usufruirne per cinque anni
interi a partire dalla prossima festività di S. Maria di agosto. E ti
prometto di stare e risiedere stabilmente nella casa del podere per
tutto questo periodo, insieme alla mia famiglia; e ti prometto che terremo
con noi un garzone, perché partecipi alla lavorazione del podere, al
quale darò il necessario per vivere e un salario annuo di 8 lire di
denari. Prometto inoltre di comprare con i miei soldi, al prezzo di
24 lire di denari minuti, un paio di buoi con i quali lavorerò le terre
del podere e che non presterò ad alcuno senza un tuo speciale permesso
e nemmeno userò per trasporti. Prometto di compiere tutti i lavori sul
podere e sulle sue terre bene e proficuamente, nei tempi opportuni,
nel modo usato da un buon lavoratore osservante della legge, e di mettere
nel podere, nei luoghi dove ciò sarà necessario, tutto il letame che
si trovi nella stalla della casa suddetta. E ti prometto di seminare
[…] ogni anno […] 8 staia d’orzo, 12 di spelta, 4 di fave, 4 di
lino, 4 di vecce e tanto frumento quanto sarà necessario, e di dare
a te ogni anno, senza diminuzione o sottrazione alcuna, la metà di tutti
i prodotti che Dio ci manderà su questo podere, recandotela a casa al
tempo del raccolto. Quanto alla vigna del podere, prometto di compiervi
ogni anno, per tutto il periodo indicato, tutti i lavori in maniera
buona e proficua: prometto cioè di potare, di piantare i pali, di legare
le viti e di propagginarle, di fare le operazioni di scavo e di rincalzatura
e tutte le altre cose utili, nel modo consueto; e di dare a te ogni
anno la metà di ogni prodotto della vigna, consegnandolo nella tua casa
di Renaccio e riponendo e governando il vino nei tuoi tini. Al tempo
della raccolta delle messi e al tempo della vendemmia terrò a mie spese
un garzone che conservi e custodisca la parte che ti spetta. Prometto
inoltre di tenere in sòccida, per tutto il periodo indicato, ventiquattro
pecore con i loro nati, delle quali io metterò e conferirò un terzo,
tu gli altri due terzi; a te darò la metà di ogni prodotto e provento
che Dio mi farà ricavare da queste pecore, cioè della lana e del formaggio,
senza diminuzione alcuna e per tutto il periodo indicato. E prometto
di tenere in sòccida nel detto podere, per tutto il periodo indicato,
sei arnie con le api, un terzo delle quali sarà conferito da me, due
terzi da te; a te darò la metà di ogni prodotto, che Dio ci avrà concesso,
di queste api, cioè la metà della cera e del miele […], e al termine
del periodo indicato dividerò arnie e api in due parti: una per te,
l’altra per me. Prometto inoltre di governare e riporre ogni anno tutta
la paglia, il fieno e le altre cose e di consegnarti annualmente […],
recandole nella tua casa di Siena, 5 salme tra fieno e paglia, per le
quali pagherò io la gabella [2].
Io potrò disporre dello strame che dovesse avanzare in seguito a morte
delle bestie mantenute da me nel podere. E prometto che per tutto il
periodo indicato ti darò ogni anno, recandole nella tua casa di Siena,
quattrocento uova e quattro paia di capponi per la festa di Ognissanti:
a questo fine mi sarà consentito di tenere nel podere tutto il pollame
che vorrò. E ti prometto di tenere e fare ingrassare a mie spese due
porci all’anno, che tu dovrai procurare […] comprandoli con i tuoi
soldi al prezzo di 50 soldi di denari senesi; dopo averli ingrassati
ne farò divisione a metà, ogni anno a Pasqua di Resurrezione: una metà
per te, l’altra per me a compenso dell’ingrasso. Prometto che al termine
del periodo indicato ti lascerò 24 staia di terra messa bene a coltura,
con due solcature: se avrò messo a coltura più di 24 staia del podere,
faremo apprezzare tale lavoro da due amici del paese. Prometto, sotto
pena di 25 lire di denari senesi, di non tagliare né divellere con dolo
viti e alberi del podere, di non svellere i pali della vigna, di riconsegnare
il podere libero e disponibile al termine del periodo suddetto, di non
cederlo in locazione a terzi, né in tutto né in parte, senza un tuo
speciale permesso e di rispettare e osservare tutte le clausole di cui
sopra.
[1] Strisce di terra formatesi
per alluvione fluviale o per interramento di stagni o pantani.
[2] La salma era una misura
di capacità per gli aridi, dell’ordine di una ventina di kg. Sotto il
nome di gabelle si comprendevano soprattutto le imposte indirette, tra
cui erano di particolare importanza quelle sulle vendite e quelle sul
transito delle merci; il documento si riferisce alla “gabella delle
porte”, che colpiva ogni merce al momento in cui veniva introdotta in
città.
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