Fonti
Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)
a cura di Paolo Cammarosano
© 1974-2005 – Paolo Cammarosano
17. Tutela e incremento del patrimonio agricolo negli Statuti aretini
Abbiamo scelto quattro rubriche, tra quelle assai numerose riguardanti
l’agricoltura, nello Statuto di Arezzo (1327), a c. di G. MARRI
CAMERANI, Firenze, 1946 (Fonti di storia aretina, I): rispettivamente
le rr. 50, 53 e 54 del Libro I (pp. 35-37) e la r. 112 del Libro IV (p.
252). Le norme che puniscono i danneggiamenti, in particolare dei seminativi
e delle colture legnose, hanno un posto importante in tutti gli Statuti
delle città dominanti, e costituiscono poi parte essenziale degli Statuti
rurali. Più sporadiche e disorganiche sono le disposizioni intese a promuovere
determinate colture o lavori di sistemazione agraria; in quasi tutti gli
Statuti si trova comunque qualche rubrica che impone ai proprietari, in
ragione dell’entità dell’azienda o dell’ubicazione dei
terreni, l’obbligo di piantagioni arboree, di colture ortive o industriali,
insomma di quegli investimenti che potevano essere facilmente trascurati
perché richiedevano un maggiore impegno di altri o non assicuravano un
guadagno immediato. Nella rubrica che proibisce l’incenerimento
degli alberi (la cenere era largamente usata come fertilizzante come in
molte economie agricole arretrate), si noti l’accenno ai sindaci,
rappre sentanti elettivi dei castelli e dei villaggi del contado, responsabili
per la loro comunità nei confronti del Comune dominante.
Chi ha dei cani nelle cortine e nella camparia della città di Arezzo
[1] li deve tenere legati dalla metà di agosto
sino alla metà di ottobre, per evitare che facciano danno nelle vigne
quando l’uva è matura. I contravventori saranno puniti con un banno
di 40 soldi, imposto dal notaio del piano [2]
ogni volta che si verifichi l’infrazione; il padrone di un cane che
abbia recato danni sarà tenuto inoltre al completo risarcimento della
parte lesa. Le guardie segrete [3]
dovranno denunziare ogni padrone di cani che arrechino danno o non siano
legati […] Nel periodo indicato sopra sarà tuttavia consentito, a
chi voglia portare i cani a spasso, di condurli al guinzaglio: e nel
caso che avvistino un animale selvatico, chi li conduce potrà sguinzagliarli
perché lo prendano, senza penalità. Queste norme non si estendono ai
cuccioli, che portino al collo un uncino [4].
Le penalità sono raddoppiate se i fatti sono commessi di notte – escluso,
anche qui, il caso di cittadini che portino in giro cuccioli.
Chiunque possieda, nel contado e nelle cortine di Arezzo e nel piano
della città, terreni e fondi situati presso fiumi o torrenti è tenuto
a piantare almeno un filare di pioppi o di salici lungo tali torrenti
e fiumi: pena di 10 soldi per ogni contravventore. E nessuno dovrà scortecciare,
incidere, svellere o comunque rovinare questi alberi: pena di 20 soldi
per ogni albero e per ogni volta che sia commessa l’infrazione,
e l’obbligo al completo risarcimento della parte lesa […]
Chiunque detenga, nelle cortine e nel contado di Arezzo, un paio di
bovi è tenuto a far coltivare e mantenere ad orto almeno mezzo stàioro
tavolare [5]: pena di 20 soldi
[…]
Poiché la produzione di cenere comporterebbe una rapida distruzione
di querce, cerri ed altri legnami, vietiamo don il presente Statuto
che alcuno faccia cenere nel contado e districtus di Arezzo o venda
legna a chi voglia farne cenere. Pena 25 lire per ogni contravventore
e per ogni volta che sia commesso il delitto; chiunque potrà sporgere
la denunzia e muovere l’accusa: non verrà fatto il suo nome e avrà metà
del banno. I sindaci del contado dovranno denunziare questo delitto,
al pari degli altri alla cui denunzia sono tenuti, e in caso di omissione
incorreranno nella penalità prevista dagli Statuti del Comune di Arezzo.
Quanto sopra dovrà essere bandito pubblicamente per la città di Arezzo.
[1] In tutti i Comuni medievali
italiani era riconosciuto un particolare statuto agli edifici e alle
terre immediatamente circostanti la città: tali i “borghi”, i “sobborghi”,
e ad Arezzo le cortine, la camparia (fasce territoriali del raggio di
5 e 1,5 miglia, rispettivamente, a partire dalla cerchia più esterna
delle mura urbane), il piano della città.
[2] Di questo pubblico ufficiale
parla la rubrica 11 del Libro I degli Statuti.
[3] Custodes celati: svolgevano
essenzialmente funzioni di polizia campestre, sporgendo le loro denunzie
segretamente e senza nessun obbligo di prova per le contravvenzioni
che non eccedessero i 40 soldi; se ne parla soprattutto nelle rubriche
39-40 del Libro I.
[4] Come segno di riconoscimento.
[5] Stariore ad tabulam: non
so se corrisponda al moderno staio aretino = 5 tavole = 1700 mq circa.
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