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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione IV – Proprietari e contadini nei secoli XIII e XIV

20. La sòccida negli Statuti di Bòvegno

Dagli Statuti rurali bresciani del secolo XIV (Bovegno, Cimmo ed Orzinuovi), edd. B. NOGARA, R. CESSI e G. BONELLI, Milano, Hoepli, 1927 (Corpus Statutorum Italicorum, X), pp. 106-108. Sono le ultime rubriche della redazione statutaria di Bòvegno in Val Trompia, risalente al 1341; esse sono state segnalate alle pp. 480-481 del saggio di P. TOUBERT, Les statuts communaux et l’histoire des campagnes lombardes au XIV siècle, in Mélanges d’archéologie et d’histoire, LXXII (1960), pp. 397-508, che è un esempio eccellente di come si possano utilizzare gli statuti rurali per ricostruire la vita sociale delle campagne, nei suoi diversi aspetti.


283. Stabiliamo e ordiniamo che nelle sòccide di bestiame si osservino le modalità seguenti. Anzitutto la persona che cede il bestiame in sòccida e, quella che lo riceve devono, in via preliminare, fare una stima delle vacche e fissare il loro prezzo. Il soccidario terrà le vacche per cinque anni, a meno che le parti non concordino altrimenti, e dovrà allevare tutti i vitelli e le vitelle che nasceranno in questo periodo […] Al termine dei cinque anni si procederà a una divisione in due parti del bestiame, spartendo a metà anche i guadagni e le perdite, in tale maniera: il soccidario distribuirà i capi di bestiame in due gruppi e il padrone sceglierà per sé uno dei due. In aggiunta, il padrone potrà farsi dare dal soccidario il venticinque per cento [1] del prezzo di stima delle vacche, fissato al momento della concessione.

284. Stabiliamo e ordiniamo che ove le bestie date in sòccida vengano uccise da lupi, orsi od altre bestie, il soccidario sia tenuto al risarcimento.

285. Stabiliamo e ordiniamo che ove le bestie muoiano per accidenti straordinari le perdite debbano essere ripartite a metà; e il soccidario sia tenuto a dare al padrone, entro otto giorni dalla morte delle bestie, le pelli e metà delle carni.

286. Stabiliamo e ordiniamo che ove le bestie date in sòccida muoiano di malattia o di veleno o di stizza [2] le perdite debbano essere ripartite a metà; ma al padrone spetteranno tutte le pelli.

287. Colui che tiene in sòccida bestie o vacche è responsabile nei confronti del padrone secondo quanto si è detto sopra e in tutti i casi di dolo, di colpa lata e di cattiva amministrazione [3], e in nessun altro caso.

288. Stabiliamo e ordiniamo che dei manzi concessi e ricevuti in sòccida si debba fare la stima e fissare il prezzo; al termine della sòccida il padrone dovrà riavere tutto il valore stimato, mentre gli eventuali guadagni saranno divisi a metà tra padrone e soccidario. Ove i manzi muoiano per difetto di custodia da parte del soccidario, come nel caso che vengano uccisi da lupi, orsi od altre bestie, egli sarà tenuto al risarcimento. Ove muoiano per accidenti straordinari, le perdite saranno ripartite a metà e il soccidario dovrà consegnare al padrone le pelli e metà delle carni. Ove muoiano per malattia, veleno o stizza, le perdite saranno divise in parti eguali. Si potrà procedere alla vendita o alla ripartizione dei capi di bestiame in qualunque momento, su richiesta di una delle due parti.

289. Chi tiene pecore in sòccida deve dare al padrone metà della lana e metà degli agnelli maschi e allevare tutte le femmine nate dalle pecore, a meno che le parti non abbiano convenuto tra loro di procedere a una ripartizione prima della scadenza della sòccida. Alla scadenza, il soccidario distribuirà le pecore e i loro nati in due gruppi e il padrone ne sceglierà uno per sé; le eventuali perdite saranno divise a metà.

290. Stabiliamo e ordiniamo che l’unità di sòccida delle capre sia costituita di quattro femmine e un maschio. Chi tiene capre in sòccida deve dare ogni anno al padrone un buon capretto e un peso [4] di buon formaggio, deve tenere le capre per cinque anni e allevare annualmente due capri. Alla scadenza si procederà alla divisione come sopra: il soccidario distribuirà tutti i capi, aumentati o diminuiti che siano, in due gruppi e il padrone ne sceglierà uno per sé. Ove le capre muoiano senza colpa del soccidario, il danno sarà ripartito a metà e il soccidario dovrà dare al padrone le pelli e metà delle carni.

291. Chi tiene bestie in sòccida è responsabile per il dolo, la colpa lata e la cattiva amministrazione, e deve sempre agire in buona fede.

[1] Il testo dice letteralmente: “Cinque soldi di planeti (era questa la specie monetaria locale) per ogni lira di planeti”; vigeva naturalmente il consueto rapporto: 1 lira = 20 soldi.

[2] Penso che con questo termine vengano indicate genericamente le diverse malattie (epilessia, capostorno ecc.) che colpiscono l’apparato sensorio dei bovini.

[3] Sono concetti del diritto romano; in particolare, il dolo è il deliberato proposito di arrecare un danno, la colpa lata è l’estrema negligenza, la disattenzione di chi non capisce ciò che capiscono tutti.

[4] Unità di misura locale, dell’ordine forse di una decina di kg.

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05