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Didattica

Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione I – La borghesia e l'avvento del comune

4. La pace di Costanza

La lotta dei comuni lombardi contro gli imperatori svevi è senza dubbio il conflitto più aspro tra borghesia e potere imperiale che la storia del Medio Evo conosca. Tale aspra contesa trovò una sua conclusione nella pace di Costanza del 1183, in cui l'imperatore riuscì a conservare le prerogative esteriori della sua sovranità, ma in realtà fu costretto a cedere su tutte le questioni essenziali.

Tale pace, conclusa dopo un trentennio di lotte più o meno aperte tra comuni ed Impero, fu stipulata nel periodo che vide il primo trionfo politico della borghesia con il passaggio dal regime consolare a quello podestarile. È veramente questo il momento di affermazione piena e dei comuni e della classe borghese che, acquistando con il trattato di Costanza il godimento delle regalie (cioè dei diritti regi), ottenevano il diritto, legalmente riconosciuto, di eleggere i propri magistrati, di fortificare le loro città, di formulare leggi locali; in poche parole, raggiungevano una piena autonomia. Diamo qui una scelta degli articoli più significativi della pace di Costanza, che sono i più atti a confermare il rapporto sopra accennato tra potere imperiale e regime comunale.

Fonte: Constitutiones et Acta pubblica imperatorum et regum, a cura di L. WEILAND, I, in M. G. H., Hannover – Leipzig, 1893, n. 293; trad. in C. VIGNATI, Storia diplomatica della Lega Lombarda, ed. anast. dell'ed. del 1866 con prefazione e aggiornamento bibliografico di R. MANSELLI, Torino, Bottega d'Erasmo, 1966, pp. 375-381.


Pertanto sappiano tutti i fedeli dell'Impero presenti e futuri che noi [Federico I] per consueta benignità della nostra grazia, aprendo le viscere della nostra innata pietà alla fede ed all'ossequio dei lombardi, i quali s'erano levati contro di noi e l'Impero, li abbiamo ricevuti nella nostra grazia colla società loro ed i loro fautori; che noi clementi condoniamo loro tutte le offese e le colpe colle quali avevano provocata la nostra indignazione e che, avuto riguardo ai servigi di leale affetto che noi speriamo da loro, giudichiamo di annoverarli tra i nostri diletti e fedeli sudditi.

Pertanto abbiamo comandato di sottoscrivere e di confermare col sigillo della nostra autorità la pace che nella presente pagina abbiamo loro benignamente accordata. Tale ne è il tenore e la serie.

Noi Federico, imperatore dei romani, ed il nostro figlio Enrico, re dei romani, concediamo a voi città, terre e persone della lega le regalie e le consuetudini vostre tanto in città che fuori…; che nelle città abbiate ogni cosa come avete avuto sin qui ed avete; fuori poi esercitiate senza nostra contraddizione tutte le consuetudini come avete sino ad oggi esercitate, cioè sul fodro, sui boschi, sui pascoli, sui ponti, sulle acque e molini, come usaste ab antico o fate ora, nel formare esercito, nelle fortificazioni delle città, nella giurisdizione, così nelle cause criminali come pecuniarie, entro e fuori, ed in tutte l'altre cose che appartengono agli utili delle città…

… Ciascuna città riceverà da noi il consolato ed ogni volta che in ciascuna città siano costituiti i consoli, riceveranno l'investitura dal nostro nunzio che sarà nella città e nella diocesi…

… Sia lecito alle città di fortificarsi e fare fortilizi anche fuori.

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Ultimo aggiornamento: 01/09/05