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Didattica |
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione I – L'inquadramento religioso delle popolazioni nell'alto medioevo12. L'autorità per eccellenza: Gregorio MagnoPunto di riferimento della cultura ecclesiastica per tutto l'alto medioevo sono le varie opere di papa Gregorio Magno (590-604), dalle Omelie ai Dialogi alla Regola pastorale. Ricordata nei decreti carolingi, diffusa in numerosissimi manoscritti — talora addirittura non nel testo integrale, ma per estratti —, la Regola pastorale consacra all'argomento della predicazione e dei predicatori una ampia esposizione, che ruota intorno a due concetti base: i chierici in cura d'anime devono dedicarsi con assiduità alla predicazione, ma anche, per assicurarle credibilità ed efficacia, devono conformare tutta la loro esistenza al proprio insegnamento. Fonte: SAN GREGORIO MAGNO, La Regola Pastorale, tr. it. di E. Logi, Siena, Cantagalli, 1933, pp. 94-96. Modi diversi da usare nell'arte della predicazione. Gli avvertimenti si debbono dare in un modo agli uomini, in un altro alle donne; in un modo ai giovani, in un altro ai vecchi; in un modo ai poveri, in un altro ai ricchi. Così, non si potrà parlare nello stesso modo a chi è lieto e a chi è triste, ai sottoposti e ai superiori, ai servi e ai padroni, ai sapienti del secolo e ai corti di testa, agli imprudenti ed ai verecondi, ai presuntuosi e ai pusillanimi, agli impazienti ed ai pazienti, ai benevoli ed agli invidiosi, ai casti ed agli scostumati, ai sani ed ai malati, a quelli che timorosi dei castighi si tengono lontani dalla colpa e a quelli induriti ormai nel male da non correggersi neppure davanti ai flagelli. Parimenti, non si dovrà parlare allo stesso modo ai taciturni ed ai loquaci, ai pigri e ai precipitosi, ai mansueti e agli iracondi, agli umili e ai superbi, ai pertinaci e agli incostanti, ai golosi e agli astinenti, ai misericordiosi larghi del proprio agli altri e ai rapaci avidi della roba altrui, a quelli che non rubano ma neppure elargiscono, e a quelli che, pur facendo elemosine, non lasciano di approfittarsi della roba altrui. Così pure, sbaglierebbe chi parlasse allo stesso modo ai rissosi e ai quieti, ai seminatori di discordie e ai pacifici; a chi non vuole intendere come si deve la parola della Legge divina, e a quelli che, pur intendendola a dovere, si insuperbiscono per la loro scienza; a quelli che, potendo predicare degnamente, non osano farlo per eccesso di umiltà, e a quelli che, dovendo astenersene per qualche difetto o per l'età, vi si lanciano inconsideratamente. Sempre per la stessa ragione, non si potrà parlare nello stesso tenore a quelli che bramano e ottengono i beni temporali e a quelli che, pur desiderandoli, sono travagliati da avversità; a chi è coniugato e a chi è libero dal vincolo del matrimonio; a chi si è contaminato nei piaceri della carne e a chi li ignora; a chi piange i peccati di opere e a chi deplora quelli del pensiero; a chi si pente delle colpe commesse senza però distaccarsene, e a chi le lascia senza pentirsene; a chi non solo pecca ma anche ne mena vanto, e a chi, pur non evitandoli, detesta però i propri vizi; a chi resta vinto da un assalto improvviso della concupiscenza e a chi si lascia volontariamente legare dalla colpa. Così, nel modo di parlare ad essi, si dovrà distinguere fra quelli che sono facili a commettere mancanze, per quanto leggere, e quelli che si guardano dalle piccole colpe, ma cadono talvolta nelle più gravi; fra quelli che non si danno cura neppure di incominciare il bene, e quelli che dopo averlo incominciato non lo portano in fondo; fra quelli che fanno il male di nascosto e il bene in pubblico, e quelli che nascondono il bene e non si curano che si pensi male di loro per certi fatti esterni. Ma a che prò avremmo enumerate così in fascio tutte queste cose, se non spiegassimo, sia pure nel modo più breve, ciascuno di questi modi diversi d'impartire gl'insegnamenti a seconda delle varie contingenze? Così, ad esempio, gli uomini si debbono avvertire in modo differente delle donne, inquantoché a quelli conviene imporre cose più gravi, a queste più leggere, affinché gli uomini si esercitino nelle cose grandi, e le donne si pieghino colla dolcezza ai doveri più leggeri. Così pure i giovani dovranno esortarsi in altro modo che i vecchi; perché, mentre quelli per lo più sono ricondotti al bene dalla correzione severa, questi si dispongono a migliore vita per mezzo di dolci esortazioni, secondo quel detto della Sacra Scrittura: «Non rimproverare il più vecchio, ma pregalo come un padre». |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |