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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > I, 17

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione I – L'inquadramento religioso delle popolazioni nell'alto medioevo

17. La predicazione dei chierici a Milano alla metà del secolo XI

Il cronista milanese Landolfo Seniore, ostile al movimento della Pataria (cfr. la seconda sezione) e alla riforma della chiesa, ha lasciato il racconto vivace e fantasioso di un segreto viaggio a Milano di Anselmo da Lucca, mosso da invidia per la bravura dei predicatori consacrati da Guido da Velate, l'arcivescovo. La narrazione sa forse troppo di novella. Essa ci fornisce, comunque, una serie di indicazioni su chi e su come si predicava nelle cattedrali urbane alla metà dell'XI secolo.

Fonte: LANDOLFO SENIORE, Mediolanensium Historiae libri quatuor, a cura di A. Cutolo, in Rerum Italicarum Scriptores, IV-2, Bologna, Zanichelli, 1932, p. 85-86. La traduzione è mia.


Avvenne dunque che, quando Anselmo era vescovo di Lucca, Guido scelse sette diaconi, da ogni punto di vista sapienti e di buona condotta, da consacrare all'opera del ministero di Dio e della sua predicazione. E poiché ognuno di essi, a turno, ogni domenica predicava sull'Avvento, in maniera chiarissima, l'eco di tale fatto giunse con rapidità ad Anselmo a Lucca. Ed egli, sentendo questo, si indignò in maniera indicibile, e rivoltandosi su se stesso come un leone e smaniando interiormente, cadde in preda all'ira e all'odio e, come un orso che rumina in una grotta, proferiva parole incomprensibili. Poi, in preda ad una soverchia eccitazione, nel più gran segreto si recò a Milano con pochi chierici della propria città e giunse nel giorno in cui si faceva l'esposizione al popolo e a tutti i chierici del passo di Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo», e nella cattedrale d'inverno [1], quasi di nascosto, si mostrò faccia a faccia al predicatore stesso. In quel giorno era Ambrogio Biffi, il quale, quasi duplice oratore, vale a dire quasi pronunciando due discorsi, in greco ed in latino, e trattando quel passo del Vangelo secondo i santi dottori, soprattutto secondo le direttive di sant'Ambrogio, con abilità straordinaria, spiegando i termini greci in latino, non sembrava essere un uomo che dissertava, ma un angelo che annunciava. Anselmo, pertanto, pallido in volto, livido per l'ira, con le labbra tremule, con l'animo sempre più turbato, minimizzando il valore di ciò che aveva udito, ritiratosi tra i suoi chierici se ne ritornò alla casa paterna, mentre tutti i chierici della città erano rimasti completamente all'oscuro della sua presenza. Invece i chierici che erano venuti con lui, non tenendo conto della sua volontà, lodando in coro Dio e sant'Ambrogio per le cose che avevano sentito, rimasero straordinariamente ammirati e, per dichiarazione di molti, affermarono che nessun uomo mai aveva parlato in maniera così compiuta della divinità e dell'umanità di Cristo. Di fronte a tali parole, Anselmo, che aveva un grande peso nel petto, come un leone in preda ad un'ira eccessiva, inciampando nelle parole, perché era balbuziente di natura, disse: «Certamente, se tutti i sacerdoti e i leviti di questa città non avessero donne, si farebbero valere nel giusto modo, nella predicazione e negli altri buoni costumi».

[1] Chiesa in cui il vescovo celebrava i riti liturgici nella stagione invernale.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2006