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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > I, 18

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione I – L'inquadramento religioso delle popolazioni nell'alto medioevo

18. La predicazione itinerante degli eremiti nella Sabina

Nella prima metà del secolo XI Domenico di Sora, un predicatore itinerante di tipo eremitico, percorre la Sabina e giunge nelle chiese dei villaggi a predicare, tra l'entusiasmo della popolazione. I temi delle sue prediche sono in primo luogo l'esortazione alla riforma del clero, che vive nei castra [1], anche per effetto della pressione popolare, e poi l'usuale esortazione alla concordia fraterna, prendendo le mosse dagli ammonimenti della Scrittura.

Fonte: S. Dominici Sorani abbatis Vita et miracula a coaevis conscripta, in «Analecta Bollandiana», 1, 1882, pp. 288-89 e 294-96. La traduzione è mia.


Nello stesso tempo, poi, mentre il beato Domenico ritornava dal colloquio con il signor Giovanni [2], sommo ed universale pontefice di santa romana chiesa, giunse a Guarcino. Lì era atteso. Il giorno successivo, poi, radunati in chiesa il popolo ed il clero, e celebrata la solennità della messa e l'ufficio, il santo cominciò a predicare e ad ammonire tutto il popolo e i sacerdoti a perseverare instancabilmente nel servizio al Signore, cioè nelle veglie, nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine, e prese a richiamare e a rimproverare i sacerdoti per la loro avarizia, la loro lussuria e per tutti i loro vizi, e soprattutto perché rinunciassero alle unioni illecite. Fattasi mattina, mentre si dirigeva verso Vico, una donna di Guarcino, di nome Potenza, gli si fece incontro con bastoni e pietre, picchiandolo, e dicendogli: «Sei tu, dunque, quel Domenico che condanni i nostri connubi e che vieti ai nostri sacerdoti di accoppiarsi in legame con noi?». Non aveva ancora finito di parlare, che la sacrilega mano destra di quella miserabile, con cui aveva picchiato il santo, di colpo si paralizzò. E così il santo, insultato e sconvolto, arrivò a Vico.

Il giorno successivo, poi, dietro invito del beato Domenico tutto il popolo, sia uomini che donne, si radunò nella chiesa di S. Angelo. Qui il santo celebrò la solennità della messa, e predicò al popolo e raccomandò a tutti di servire sempre Dio e di perseverare al suo servizio giorno e notte: perché «non chi abbia incominciato, ma chi abbia perseverato sino alla fine, costui sarà salvo». E dopo aver impartito a tutti la benedizione, dopo aver mangiato, il santo si recò a Collepardo. Ma prima che giungesse al castello, clero, uomini, donne e fanciulli gli si fecero incontro con palme e con fiori, cantando lodi in onore di Dio, perché noi avevamo meritato di avere un tale signore e difensore nella nostra patria. Dopo che si fece nuovamente giorno, tutti, potenti e umili, saltando giù dal letto l'uno più in fretta dell'altro, si recarono in massa con offerte nella chiesa di S. Salvatore per ascoltare con piacere la messa, gli uffici e la predicazione del santo e le soavi raccomandazioni, che rivolgeva al popolo, e ad adattare a quanto sentivano con le orecchie le disposizioni dei propri cuori. Quando poi il santo si rese conto che tutto il popolo era convenuto con più devozione in chiesa, per la salvezza dell'anima, cominciò a predicare loro in tono umile e a piantare con profusione i salutari semi del regno dei cieli: esortandoli, per ciò che riguardava le colpe già commesse, ad estinguere le fiamme delle pene, che puniscono i delitti di empietà, mediante l'abbondanza di lacrime, di preghiere, di digiuni e di elemosine, perché Dio non vuole la morte del peccatore, bensì che si converta e viva. Allora, dopo aver pregato con tutti, il santo con benevolenza mangiò e bevve con loro. Così, salutando e benedicendo tutti, ritornò al monastero di S. Bartolomeo apostolo.

[...] Nel medesimo tempo il beato Domenico si recò alla chiesa di S. Maria «de Cannavinano», dedicata alla vergine madre di Dio, e qui, dopo la solennità della messa, così parlò al clero e al popolo di Guarcino, di Vico, di Collepardo e alla folla proveniente dai territori circostanti:
«Fratelli e figlie, io raccomando a voi queste cose, affinché vi amiate l'un l'altro. Per questo il Signore dice nel Vangelo: "Da ciò riconosceranno tutti che siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro". Il dimostrare amore equivale alla realizzazione di una buona opera. L'amore, semmai, è un segno certo, in base al quale i buoni vengono distinti dai cattivi, i figli di Dio dai figli del diavolo. Infatti tutto ciò che di buono si fa senza amore, non serve a nulla. Perciò dice l'apostolo: "Se consegnerò i miei beni ai poveri, e se anche consegnerò il mio corpo da bruciare, ma non avrò carità ed amore, non mi servirà a nulla. Se, invece, avrete la carità, adempirete alla Legge, perché l'adempimento della Legge è la carità". Per avere, dunque, carità ed amore fraterno, allontanate da voi l'invidia: infatti, dove c'è invidia, non ci può essere amore fraterno. Ciò è evidente anche nell'esempio dei due figli di Adamo, Caino e Abele. Caino, nutrendo invidia nei confronti del fratello, versò il suo sangue. Voi, dunque, amate i vostri fratelli. Perché chi non ama, resterà nella morte. Perciò san Giovanni dice: "Chiunque odia il proprio fratello è omicida". E sappiate che in ogni omicida non rimane la vita eterna.

E con queste parole il signor nostro Gesù Cristo ci insegna in che modo dobbiamo riconoscere i buoni alberi ed i cattivi: poiché ogni albero si riconosce dai suoi frutti. Abbiamo dunque riconosciuto che Caino fu un cattivo albero, perché uccise il proprio fratello. I buoni alberi, invece, sono i fedeli che, piantati nella vigna di Dio, cioè nella chiesa, si riconoscono dai loro frutti, cioè dalle buone azioni. Alberi tali furono gli apostoli, i cui frutti vengono raccomandati dal Signore, quando dice: "Non foste voi a scegliere me, ma io a scegliere voi; e vi ho posti affinché andiate e portiate i vostri frutti ed i vostri frutti rimangano. Un tale piantò un albero di fico nella sua vigna, ed avendo cercato in esso i frutti per tre anni e non avendone trovati, ordinò al vignaiuolo di tagliarlo". Pertanto ognuno di voi badi bene, amatissimi, a non dover sentire una tale sentenza; badi a non essere tagliato dalla vigna di Dio.

Per questi anni ormai il Signore ha aspettato il frutto della pianta: ed il nostro creatore ha atteso durante l'adolescenza, ha atteso durante la gioventù, ha atteso durante la vecchiaia; infine, ci ha atteso mentre pensavamo male, ci ha atteso mentre facevamo il male, ci ha atteso quando ormai da lungo tempo perseveravamo nel male. Che cerchiamo di più? Che aspettiamo di più? Perché tardiamo ancora? Ormai sono finiti i nostri anni, è finita la durata della nostra vita. È l'ultimissima ora. E, tuttavia, se ci convertiamo oggi, benché indegni otterremo il perdono. Infatti, in qualunque momento un peccatore si convertirà al Signore, vivrà di vita eterna e non morirà; mentre un giusto, in qualunque giorno si allontanerà dalla giustizia e si convertirà all'ingiustizia, nella sua stessa iniquità, che ha operato, morirà. Pertanto "li riconoscerete dai loro frutti". È come se dicesse: avete l'intelligenza, per cui, considerando i frutti del male, separatevi da essi, per non essere trascinati con essi nel supplizio eterno.

Pertanto, amatissimi fedeli, datevi da fare per essere dei buoni alberi; sforzatevi di far uscire da voi dei buoni frutti, ovvero opere che possano placare Dio, quali sono í sacrifici, i digiuni, le preghiere e le elemosine, e cose simili a queste, e ciò fate non per ottenere il favore della gente o la lode degli uomini, bensì, come si dice nel Vangelo, "non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra", ed in tal modo potrete godere completamente di quella gioia celeste, di quella celeste beatitudine. Oltre a ciò, in nome di Dio e di san Bartolomeo apostolo, di cui sono l'umile servitore, vi prego e vi esorto, affinché amiate in tutti i modi la sua chiesa, che è stata edificata ed è stata affidata al suo nome, e che abbiate timore ad offenderla in qualche modo: perché, grazie ai meriti ed alle intercessioni di san Bartolomeo apostolo, sono state esaudite le preghiere che ho rivolto al figlio di Dio, nostro signore Gesù Cristo, perché quel bestiale e pessimo male, che uccideva gli uomini della vostra terra, non ammazzasse più. E per il resto, è necessario che io mi prenda cura della chiesa di S. Maria, vergine e madre di Dio, la quale mi è stata affidata e data legalmente in consegna da Pietro, figlio di Raniero di Sora».

[1] Castelli, nel senso di borghi fortificati.

[2] Papa Giovanni XIX (1024-1032).

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2006