Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > I, 25

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione I – L'inquadramento religioso delle popolazioni nell'alto medioevo

25. Una questione di campanile tra canonici e monaci

Al di sotto delle forme di una delle tante controversie giurisdizionali che oppongono i canonici di S. Ambrogio in Milano ai monaci dell'omonimo monastero, vi è una questione fondamentale: affermare il diritto dei canonici a convocare il popolo con le campane sottintende che ad essi spetta la cura d'anime della popolazione; e sostenere in forma solenne la competenza unica del vescovo a dirimere ogni questione relativa alla stessa cura d'anime, significa rintuzzare l'espansione dei monaci al di fuori dei loro chiostri. Anche se le soluzioni adottate alla fine sono le stesse, nella redazione definitiva del privilegio rilasciato dall'arcivescovo di Milano, Robaldo, a Martino Corbo e ai canonici di S. Ambrogio nel settembre 1144, i passi in cui queste affermazioni sono fatte con maggiore chiarezza furono soppressi. Essi sono riprodotti in corsivo nel testo che segue.

Fonte: G. PICASSO, Origine e significato della pergamena santambrosiana «Sec. XII-73», in AA.VV., Contributi dell'Istituto di Storia medioevale, II, Milano, Vita e Pensiero, 1972, pp. 560-64. La traduzione è mia.


Robaldo, per grazia di Dio indegno arcivescovo della santa chiesa di Milano, a Martino, prevosto, ed ai suoi fratelli, canonici della chiesa di S. Ambrogio, dove riposa il suo santissimo corpo: tanto per il presente che per il futuro, in perpetuo.


Dal momento che, carissimo fratello Martino, canonico, prevosto di S. Ambrogio, abbiamo riconosciuto con certezza che la richiesta tua e dei tuoi fratelli è canonica e ragionevole, premesse poche cose pertinenti alla medesima petizione, abbiamo decretato di dare un effettivo assenso alle tue richieste. Abbiamo pertanto esaminato e condotto al loro giusto esito i tre capitoli, a proposito dei quali era in atto una controversia, lunga e radicata, tra voi e i monaci della medesima chiesa.

Il primo di essi è il capitolo che riguarda le offerte di tutti gli altari e della croce della medesima chiesa di S. Ambrogio; il secondo riguarda una nuova parrocchia, che è posta oltre la fonte Musceta; il terzo capitolo, infine, riguarda il nuovo campanile della stessa chiesa.

Insieme ai cardinali Guido e Ubaldo e ai legati di santa romana chiesa, sulla base anche del consiglio dei nostri venerabili fratelli vescovi Litefredo di Novara, Alfano di Pavia, Oberto di Asti, Ardizzone di Como, e nondimeno avendo consultato tre illustri abati, cioè Bruno di Cerreto, Pietro di Morimondo e Pietro di Lucedio, ed anche molti altri uomini dotti e religiosi, abbiamo decretato che tutte le offerte sopradette spettino per diritto perpetuo a te Martino, già detto prevosto, ed ai tuoi fratelli per conto della canonica. La parrocchia, poi, dal momento che è nuova, rimane da destinare a nostro giudizio e beneplacito. Infine, per quanto riguarda il nuovo campanile, abbiamo deciso in questo modo, con il consiglio di tutte le stesse persone già ricordate, poiché abbiamo appurato con certezza che le argomentazioni e le prove prodotte da parte dei monaci non sono di alcuna rilevanza e consistenza e pertanto non hanno nessun valore. Dal momento che, invece, abbiamo appreso dalle vostre argomentazioni e da una prova lampante da voi prodotta, che lo stesso campanile era stato a voi concesso e donato dal nostro predecessore, il signor Anselmo, per mezzo di un suo privilegio e su consiglio dei suoi confratelli, e che voi l'avete posseduto in pace per la durata di dodici anni, e successivamente vi è stato all'improvviso portato via con la violenza, stabiliamo che questo stesso nuovo campanile vi debba essere liberamente restituito.

Pertanto, portati in tal modo a giusta conclusione questi tre capitoli, affinché ogni controversia tra voi e i monaci sia del tutto sopita ed ogni oggetto e motivo di discussione tra voi sia eliminato per sempre, spinti soprattutto dal consiglio dei nostri fratelli vescovi e di numerosi altri religiosi, nostri fratelli, in virtù dell'autorità della santa chiesa di Milano e nostra doniamo questo stesso nuovo campanile a te, fratello Martino, prevosto, ed ai tuoi fratelli e a tutti i vostri successori, perché lo teniate d'ora in poi per il futuro e lo possediate per sempre in modo stabile. Nondimeno vi concediamo in dono, per diritto perpetuo, le campane per convocare ed invitare il popolo di Dio, affinché possa ascoltare i divini misteri in quella chiesa celebrati ogni giorno da voi e dai vostri successori; che voi potrete porre nello stesso campanile secondo il vostro giudizio e la vostra volontà, senza opposizione da parte di alcuno, di modo che possiate liberamente suonare queste stesse campane tanto per gli uffici dei vivi che per le esequie dei morti, ogni qual volta lo riterrete opportuno voi e i vostri successori. In particolare, dato che spetta specificatamente ai canonici e non ai monaci convocare suonando le campane il popolo di Dio ad ascoltare i divini misteri e poiché i più volte ricordati monaci hanno nella medesima chiesa un altro campanile, il quale basta a loro per tutte le loro esigenze, in base a tutti questi motivi abbiamo ritenuto giusto e ragionevole concedere in dono a voi, che non avevate nessun campanile, il nuovo campanile che non era necessario ai monaci. Ed anche la parrocchia, che è nuova e che è rimasta da destinare in base al nostro giudizio, parrocchia che dicono essere oltre la fonte Musceta, a voi ugualmente per l'autorità della santa chiesa di Milano e nostra la doniamo, da tenere ed amministrare, con concessione perpetua.

Infatti sacre ed irrefragabili espressioni attestano che, nel caso insorga una qualsiasi questione a proposito di una nuova chiesa oppure di qualche nuova decima o parrocchia o anche di qualche nuova opera che sia attinente al culto divino, allo stesso modo di un nuovo altare o di un campanile o di altre cose del genere, queste questioni debbono essere definite e ordinate in base alle disposizioni e al giudizio del vescovo alla cui diocesi risultano pertinenti. Ed affinché questa donazione abbia per l'avvenire forza incrollabile ed immutabile, l'abbiamo firmata e sottoscritta di nostra propria mano ed abbiamo prescritto che venga segnata con il sigillo di sant'Ambrogio.

Chiunque, pertanto, sia chierico sia laico, tenti di opporsi alla detta sentenza ed alla nostra donazione oppure ardisca in qualche modo infrangerla, pagherà per questo con pene adeguate: se non presso gli uomini, crediamo, presso Dio.


Atto compiuto dal predetto signor Robaldo, venerabile arcivescovo, nel palazzo di Milano, nell'anno 1144, nell'ottava indizione [1].

[1] L'indizione è un periodo cronologico di 15 anni, adottato nei computi del calendario ecclesiastico.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/03/2006