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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > II, 1 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione II – Movimenti religiosi e sette ereticali: la lotta per la predicazione ai laici1. La predica di Arialdo del 1057Se in un primo momento i partigiani della riforma ecclesiastica predicano solo contro il concubinato del clero, in questa predica, tenuta da Arialdo nel 1057, emerge anche il loro secondo obiettivo, la simonia: vale a dire l'accesso alle cariche ecclesiastiche comperato per denaro. È tutta la predicazione arialdina, comunque, a essere sotto il segno della novità: soprattutto perché, venendo meno l'insegnamento trasmesso dai chierici ai fedeli mediante l'esempio, incita i laici ad esaminare la loro condotta direttamente, facendo riferimento alle Scritture. Appare, poi, nella predica che riproduciamo, anche una ulteriore apertura — destinata però ad essere bruscamente chiusa: nel momento in cui né i chierici né i monaci predicano l'Evangelo, tocca in qualche modo ai laici scendere in campo. Fonte: ANDREA DI STRUMI, Vita sancti Arialdi, in Monumenta Germaniae Historica: Scriptores, XXX-2 cit., pp. 1055-57. La traduzione è mia. Nello stesso tempo i servi di Cristo, vedendo che tutto il popolo era prontissimo a seguirli, qualunque cosa dicessero, iniziano a parlare apertamente della simonia, sulla quale sino ad allora avevano fatto silenzio. Ed il primo di loro per virtù e per scienza, vale a dire Arialdo (benché Landolfo fosse più eloquente di lui), a proposito della simonia e contro di essa così esordi rivolto al popolo: «O armatissimi — disse —, dobbiamo rendere grazie a Dio onnipotente, perché vi concesse di volere ciò che egli stesso vuole. Vogliamo che voi sappiate che noi abbiamo sostenuto più per necessità, che non per volontà, una fatica non da poco: e ce la sobbarcammo sino ad ora contro l'insolenza dei sacerdoti coniugati e adulteri. Perché, se gli eretici abbiano mogli oppure no, poco ci importa». Poiché poi tra la folla la gente si guardava a vicenda e mostrava meraviglia perché egli diceva questo, aggiunse: «Avete sentito, carissimi, quando si leggeva il libro degli Atti degli apostoli, che Simon Mago si recò dal beato apostolo Pietro e gli chiese la grazia dello Spirito Santo in cambio di denaro. L'evangelista Luca, il quale lo scrisse, aggiunge subito ciò che Pietro gli rispose: "Va' in perdizione tu e il tuo danaro — disse —, perché hai creduto che il dono di Dio si possa acquistare con il denaro". Cosa significa ciò? Non è questo quel Pietro, cui il Signore ingiunse di perdonare settanta volte sette un fratello peccatore? Ed è così. Ma egli vide che costui non peccava solo verso se stesso, né verso un altro uomo, ma verso Dio. Infatti sarebbe stato lo stesso san Pietro a peccare grandemente, se avesse permesso che l'autore di una così grave colpa se ne andasse in silenzio, e se non avesse condannato nella sua stessa radice il giudizio di tanta iniquità. E lo devo dire con le lacrime e con profondo dolore. Ecco quale scandalo: ciò che il principe degli apostoli nel suo giudizio condannò alla dannazione eterna, ottiene così il principato per quasi tutto il mondo, a tal punto che nessuno giunge ad ottenere la carica di pontefice, o quella di abate, o qualunque carica ecclesiastica, se non per mezzo di esso. Chi, ascoltando ciò che sto per dire, non resterà attonito per il dolore? Forse che Cristo, vero Signore, buon pastore, diede al suo gregge un precetto solenne, salutare e buono, che è stato soggetto a tanto grande oblio che non si trova nessuno il quale osi ormai ricordarsene? Volete sentire qual è? "Gratuitamente — disse — avete ricevuto, gratuitamente date". Ed al contrario, invece, l'empio pensiero che un giorno malignamente nacque nel cuore dell'empio Simone e che fu immediatamente condannato, insieme con il suo autore, da sì grande apostolo, si è a tal punto diffuso ovunque, che quasi nessuno più accede ad una carica d'altare, se prima non mette in pratica ciò che quello pensò malvagiamente nel suo cuore: cosicché tanto più profondamente va soggetto alla stessa maledizione, quanto — è noto — è peggio fare il male che non il pensarlo. Volesse il cielo che questa maledizione colpisse solamente coloro che hanno l'ardire di vendere o di comperare il dono di Dio, con anima empia ed audace! Ma, invece, tale colpa è così nociva che coinvolge nella punizione non solo coloro che la compiono, e che vi acconsentono, ma anche coloro che non resistono e non si oppongono ai colpevoli, al punto che senza dubbio non restano indenni dalla maledizione che fu scagliata da Pietro contro Simone. Perché non abbiate a pensare che io menta, ascoltate che cosa pensa di ciò il nostro patrono sant'Ambrogio. Dice infatti: "Coloro che pensano di poter acquistare con il denaro un grado sacerdotale, sappiano di aver preso la lebbra, come Gihezi da sant'Eliseo. Infatti, come quando la testa è afflitta da una grave malattia, ne consegue di necessità che tutto il resto del corpo venga mortalmente contagiato dal traboccare del male che sta in alto; così anche coloro che appaiono essere il capo della chiesa, guastano con tale morbo pestilenziale il corpo fraterno, al punto che, della compagine di tutto il corpo, non si possa salvare nessuna parte senza ferite, che non sia stata infettata dal virus mortale del peccato di negligenti sacerdoti. Così si possono vedere dappertutto nella chiesa persone che non i propri meriti, bensì i soldi portarono alla carica episcopale". In verità, poi, dal momento che una deposizione posa sulla bocca di due o tre testimoni, ascoltate che cosa dice san Gregorio a questo proposito: "Perché — dice — non appare, perché non si valuta la ragione per cui una benedizione si cambia in maledizione per colui che viene ordinato a questo, a divenire cioè eretico?". E di nuovo: "Chiunque, in considerazione del suo ufficio, non avvamperà di indignazione contro questa eresia simoniaca e dei neofiti [1], non dubiti che sarà partecipe della stessa pena di Simon Mago, il quale per primo commise questo scellerato flagello". Dal momento che, forse, di questo sermone di san Gregorio non è ben chiaro a tutti quel passo, dove si comanda che ciascuno è tenuto, in considerazione del proprio ufficio, a fare fuoco e fiamme contro la simonia, ci sia lecito spiegarlo in termini chiari. Nella santa chiesa, dunque, vi sono tre ordini, il primo di coloro che predicano, il secondo di coloro che praticano la castità, il terzo, infine, di coloro che sono coniugati. E il primo infatti deve fare fuoco e fiamme contro questa eresia con indefesse esortazioni; coloro che praticano la castità, invece, con assidue preghiere; voi, infine, che siete coniugati e che vivete del lavoro delle vostre mani, dovete ogni giorno e con ardore darvi da fare con opere ed elemosine, affinché Dio onnipotente la scacci e la disperda dalla santa chiesa. Orbene, qualunque di questi tre ordini non lotterà ardentemente contro la simonia con queste opere di giustizia, secondo le parole dello Spirito Santo, che lo ha detto per bocca di san Gregorio, non creda in alcun modo di poter sfuggire, alla fine, alla medesima pena che Simon Mago ora subisce. Se, infatti, coloro cui è stata data la scienza ed affidato il compito di predicare per un qualsiasi motivo taceranno, non solo coloro che praticano la castità — la cui predicazione deve essere tanto più libera e veritiera, dal momento che si sa che essi sono liberi da ogni affare secolare ed edotti della sacra legge in virtù della continua meditazione—, ma anche voi, che siete inesperti ed ignoranti delle Scritture, dovrete mettervi in guardia l'un con l'altro da questa sciagura, con parole comuni, che siete in grado di usare. Perché il Signore disse: "Se gli uomini tacessero, parlerebbero le pietre". A questo proposito non dice forse il profeta: "Maledetto sia colui che tiene lontana la sua spada dal sangue"? Il che significa: dall'uccisione di questa ferocissima belva». Nel momento in cui il beato Arialdo diceva tali cose e molte altre simili in quel luogo, senza dubbio venne lanciata una spada portatrice di salvezza, che divise i fedeli dagli infedeli, e di cui parlò il Signore dicendo: «Non sono venuto a portare la pace, ma la spada». Infatti, Guido [2], che si diceva arcivescovo, e la maggior parte dei chierici e dei cavalieri ed anche molti del popolino, uomini malvagi, separandosi si dissero tra loro: «Se dunque tale insegnamento giunge a buon fine, invero a noi e per i nostri figli in nessun modo conviene vivere. Che ne sarebbe infatti della nostra vita senza i benefici ecclesiastici, che di continuo da noi vengono acquistati e messi in vendita? Per questo motivo è meglio per noi morire nel tentativo di resistere a questa nuova dottrina, piuttosto di permettere che — come si disse — si giunga a tale effetto». Gridavano, poi, rivolgendosi agli uomini fedeli a Dio: «Abbiamo sentito — dissero — per vostra asserzione, che sono senza dubbio simoniaci ed eretici coloro che notoriamente hanno comprato ciò che è sacro. Tra noi, chi dei sacerdoti sia immune da tale colpa, è senza dubbio manifesto, dal momento che non lo è nessuno. Ma noi, poiché ci diciamo cristiani, non possiamo in alcun modo vivere senza il sacramento di Cristo. Se noi lo ricevessimo da costoro, voi direste che riceviamo la dannazione piuttosto che non la salvezza. E pertanto siamo da ogni parte avvinti da queste funi, e non sappiamo certo che fare». E ad essi il beato Arialdo così rispose: «Badate — disse —, o amatissimi, che mentre dite queste cose non si verifichi nel vostro caso quello che lo Spirito Santo afferma per bocca di san Giacomo, che dice: "È un uomo indeciso, incostante in tutti i suoi disegni". E pertanto chi desidera veramente trovare la verità, deve respingere con costanza ogni falsità. Pertanto, affinché possiate godere perfettamente della verità, che è Dio, vi scongiuro in nome di Dio stesso di separarvi completamente dal consorzio dei falsi sacerdoti, perché tra la luce e le tenebre, tra i fedeli e gli infedeli, tra Cristo e Belial non ci deve essere nessun accordo, nessuna partecipazione o comunanza. Così infatti sta scritto: "Uscite di mezzo a quelli e state separati e non toccate ciò che è immondo, ed io vi accoglierò, dice il Signore". Come è possibile che alle vostre richieste non faccia concessioni minori, cioè pastori che vi governino con giustizia, colui che a voi fece, quando ancora non esistevate, concessioni ben maggiori, cioè quella di se stesso per la vostra salvezza? Pertanto, rigettate il consorzio di tutti gli eretici, chiedete a lui con fiducia pastori buoni e fedeli, e sappiate che senza dubbio li riceverete». E infatti molti uomini e donne furono così infiammati da tali parole, che non solo disprezzarono da quel momento tutti gli atti degli eretici, ma non vollero addirittura in alcun modo pregare con loro in uno stesso oratorio. Se in quei giorni si fosse passati per quella città, non si sarebbe sentito parlar d'altro che della disputa intorno a tale argomento, con alcuni che difendevano la simonia, ed altri che la condannavano costantemente. Né ciò era strano, perché una famiglia era tutta fedele, un'altra era tutta infedele, in una terza la madre con un figlio era credente, mentre il padre ed un altro figlio erano increduli. E tutta la città era piena di tale confusione e turbata da tale disputa. [1] Adulti convertiti recentemente al cristianesimo, cui il diritto canonico vietava l'accesso al sacerdozio. [2] Guido da Velate, arcivescovo di Milano (1046-1071). |
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