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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo

8. Tra predicazione e narrazione: gli «exempla»

Nelle prediche sono inseriti veri e propri racconti, gli exempla, la cui funzione è estremamente pratica: indicare, per mezzo di un aneddoto, quale deve essere il comportamento quotidiano dei fedeli. Tramandati attraverso apposite antologie, il loro repertorio non tarda a fissarsi. Accade così che l'anonimo compilatore della raccolta che inizia: «Qui appresso saranno scritti molti begli esempli, e quali soro scritti nel libro dello "Specchio della vera penitenzia"», li copia materialmente dall'opera di Jacopo Passavanti (morto nel 1357). Non accorgendosi, però, che egli a sua volta li aveva tratti da una raccolta latina, l'Alphabetum narrationum di Arnoldo di Liegi, composto intorno al 1308. Questi, a sua volta, non ne era certo l'autore. Dei tre «esempli» che riproduciamo - relativi alla confessione - il primo è attribuito a Beda, ed il terzo è tratto dalla più fortunata raccolta di exempla, il Dialogus miraculorum del monaco cistercense Cesario di Heisterbach (morto nel 1240).

Fonte: Scrittori di religione del Trecento. Testi originali cit., pp. 81-82 e 92-94.


a/ D'uno cavaliere che infermò gravemente e non si volle confessare

Santo Beda [1] scrive che fu uno cavaliere, in Inghilterra, forte dell'arme ma di costumi vizioso; il quale, infermato gravemente, fu visitato dallo re, ch'era uomo di santa vita, che più volte l'avea ripreso de' suo' modi e pregatolo che mutasse la sua vita e' suoi costumi, però che l'amava molto. E venendo a lui, lo cominciò ammonire e a dirgli della penitencia, la quale era medicina dell'anima, e però lo pregava e confortava che, come buono e divoto cristiano, si confessasse, e Iddio gli farebbe grazia. Rispuose e disse che non era di bisogno, e che non voleva essere tenuto godardo né vile. E così, crescendo la infirmità, il re venne un'altra volta a lui; e confortandolo, sì come avea fatto prima, [e] inducendolo a penitenzia perché egli si confessasse de' sua peccati, rispuose e disse: - Messer lo re, oimmè! messer lo re, o io non ho voluto credere! oggimai è tardi, imperò che io sono già giudicato e condennato; oimmè, che non ho voluto credere -. Il re pure confortandolo, e dicendogli: - Figliuolo, Iddio è pieno di misericordia: rénditi in colpa a lui: egli arà misericordia di te -; rispuose lo sventurato e disse: - Sappiate, messer lo re, che m'è tolta ogni speranza di salute; che, poco fa, dinanzi che voi venisti qui, vennono qui due bellissimo giovani angeli; e puosesi uno a capo e l'altro a' piedi; e dissono: «Costui debbe morire tosto: stiamo a vedere quello che farà. Veggiamo se noi abbiamo ragione niuna in costui». E uno di loro trasse fuori uno bellissimo libricciuolo, inscritto dentro di lettere d'oro, dove io lessi molti piccoli beni i quali io feci quando io era fanciullo, innanzi che io peccassi mortalmente, e avendone letizia. Sopravvenne due crudelissimi neri [demoni], i quali puosono dinanzi agli occhi miei uno grandissimo libro dove era scritto tutti i miei peccata e che io mai pensai. E dissono a quegli: «Che fate voi, qui? voi non avete ragione niuna, in costui; el vostro libro non è valuto già più tempo niente». E guardando gli angeli l'uno l'altro: «Egli hanno ragione, andiaréncene». E di subito si partirono. E sono nella mani delle demonia. E sappi, re, che tutta questa casa, dentro e fuori, è piena di demonia, che aspéttono di portare l'anima mia allo 'nferno; e questi due, l'uno mi si è posto a capo, l'altro a' piedi, e ciascuno ha uno trafieri [2] in mano e tutto mi forano; e come si saranno raggiunti insieme, sì andrò co' loro -. E così dicendo, l'anima n'uscì di quel corpo, e portàrolla allo 'nferno, con grandissima grida. E però, fratelli, non indugiamo la penitenza: pigliamo[n]e esempio sì che nel fine troviamo misericordia dal nostro Salvatore.

b/ D'uno indemoniato che rimproverava i peccati non confessati

Leggesi che in Bramante [3] fu uno indemoniato, il quale rimproverava i peccati non confessati. Uno che desiderava di vederlo e d'udirlo, ma temeva il rimprovero de' peccati, andando, finanzi ch'egli venisse al luogo dove costui era, a confessarsi di tutti i suoi peccati, non avendo però contrizione né ponendo in cuore di rimanersene; e così confessato venne alla presenzia dello indemo niato, il quale, vedendo dalla lungi, gridò lo indemoniato: - Ben ne venga, l'amico mio; certo tu se' ben lavato e imbucatato [4] -. E con queste parole gli rimproverò molti de' suoi peccati, e dissegli villania, e fecegli grande vergogna. E partendosi tristo e doloroso, ritornò al suo confessore, e dissegli quello che gli era intervenuto. E domandòllo il confessore da se medesimo, e seppe come la sua confessione non era stata valevole; e così del consiglio del confessore si confessò con dolore e contrizione, e puosesi in cuore di non ritornare più ne' peccati. E poi tornò allo indemoniato. E standogli finanzi, e ancora coloro che v'erano dicevano: - Ecco l'amico tuo, al quale tu dicesti poco fa tanta villania con molti rimproverii -; rispuose lo Indemoniato: - A costui non dissi mai nulla e non dico, né_ dissi mai altro che bene -. Per la qual cosa coloro che l'udivano e avéallo udito prima, e' stimarono che el diavolo nelle prime parole avesse mentito. E così, per la virtù della confessione, l'uomo prima vituperato ricomperò la fama sua.

c/ D'uno prete che si confessò da uno famiglio d'uno cavaliere nella stalla

Leggesi, scritto da Cesareo [5], che in una villa del contado di Tolosa fu uno prete il quale, dimesticandosi con una donna d'uno cavaliere della contrada, si condussono a peccato, continuando per più tempo. Fu detto al cavaliere; e non volendo immantanente credere, pure rimase con sospezione; e non dicendone alla donna né al prete nulla, e non mostrando niuno atto di sospetto, non di meno un dì pregò il prete che l'accompagnasse in uno certo luogo per avere uno screto consiglio. E così il menò ad una villa dove era uno indemoniato, il quale a tutti coloro ch'egli vedea rimproverava i loro peccati, quantunque fussono secreti. Ive 'l prete, che avea udito quello che lo indemoniato facea, pensò che il cavaliere l'avesse condotto a ciò che 'l demonio palesasse l'adulterio che egli facea colla moglie; e avendo udito che il peccato confessato era celato al diavolo, non avendo copia di prete, sì si gettò nella stalla, dove era il fante e cavallo del cavaliere; e gittandosi a' piedi del fante, diligentemente confessò il suo peccato e domandò la penitenzia. Disse il fante: - Quella che voi dareste altrui, fate voi quella -. Andando poi il cavaliere e 'l prete allo indemoniato, e quegli ramentando e vituperando il cavaliere e gli altri e rementando i loro peccati, al prete non dicea nulla. - Tu non di' nulla a questo prete; tiello ben mente, che di' tu di lui? -. Rispuose e disse: - Di costui non dico io nulla -. E disse queste parole in lingua tedesca, le quali solo il cavaliere intendeva. E disse in lingua latina: - Nella stalla fu iustificato -, le quali solo il prete le 'ntese. Veggendo il prete la grazia del suo scampo e la virtù della confessione, lasciò il peccato e fecesi monaco dell'Ordine di Cestella [6].

[1]Monaco inglese (672/673-735), storiografo e scrittore ecclesiastico.

[2] Pugnale.

[3] Brabante, regione storica ora suddivisa tra Belgio e Paesi Bassi.

[4] Lavato in bucato; cioè, lavato e rilavato.

[5] Cesario di Heisterbach.

[6] Ordine cistercense.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006