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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > III, 9 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo9. Prediche e vite dei santiSoprattutto per le prediche che si debbono tenere in occasione della festa di un santo - ma non solo in questo caso -, i predicatori fanno ampio uso del materiale narrativo tramandato nelle legendae agiografiche: come dice il termine latino, non si tratta di vite dei santi nel senso moderno del termine, ma di «scritti da leggere», il cui scopo immediato è l'edificazione, l'istruzione, l'esemplarità. Il brano che segue è tolto da un volgarizzamento trecentesco di una delle più celebri, e sfruttate, raccolte agiografiche, la Legenda aurea del domenicano Jacopo da Varazze, scritta tra 1260 e 1270. Fonte: JACOPO DA VARAGINE, Leggenda aurea, a cura di A. Levasti, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1924, I, pp. 399-400. Capitolo XLVII. San Longino. Longino fue uno conostabile [1] di cento cavalieri, il quale stando presente a la Croce di Cristo, per comandamento di Pilato foròe con la lancia il lato di Cristo e, veggendo i segnali che si facevano, cioè il sole oscurato e li tremuoti, credette in Cristo. E massimamente per questo, come vogliono dire alquanti, che essendo accecato de gli occhi per infermità, ovvero per vecchiezza, per avventura furono tocchi gli occhi del sangue di Cristo scorrente giù per la lancia, e immantanente vidde lume chiaramente. Onde rinunziando a la cavalleria, ammaestrato da li apostoli in Cesarea di Cappadocia, menòe vita monachile XXVIII anni e convertinne molti a Cristo con parole e con asempri. Ed essendo preso dal preside [2] e non vogliendo fare sacrificio, comandò il preside che gli fossero tratti tutti i denti di bocca e tagliatogli la lingua; ma pertanto non perdette la favella Longino, ma, prendendo sicuramente sicurtade, istritolòe tutti gl'idoli e tutti gli spezzòe così dicendo: «Noi vedremo sed elli sono iddei». Sì che le demonia, uscendone de l'idoli, entrarono nel preside e in tutti i suoi compagni e, impazzando e latrendo, sì si gettarono a' piedi di Longino. Disse Longino a le demonia: «Perché abitate voi ne l'idoli?». E quelle rispuosero: «Là ove Cristo non è nominato e non è posto il suo segnale, quivi è abitazione nostra». Con ciò dunque fosse cosa che 'l preside fosse impazzato e avesse perduto gli occhi, disse a lui Longino: «Sappi che tu non potrai essere guarito se non quando tu m'avrai morto, ché, sì tosto com'io sarò morto da te, pregherò per te e accatterotti la santade del tuo corpo e anche de l'anima». E immantanente comandò che gli fosse tagliato il capo. Dopo questo andò al corpo e, gittandosi in terra con lacrime, fece penitenzia e immantanente riebhe il vedere e fu sano e finìe la sua vita in buone opere. [1] Ufficiale militare. [2] Magistrato romano. |
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