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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > III, 15 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo15. Le prediche rivolte alle diverse categorie socialiCon il diffondersi della predicazione in volgare degli ordini mendicanti, appare sin dagli inizi del secolo XIII un nuovo tipo di raccolte di prediche: i sermoni ad status, cioè diretti ai differenti gruppi sociali cui il predicatore si rivolge. Nello stesso tempo analisi della società del tempo e modelli cui conformarsi, essi svolgono la funzione di confermare l'assetto sociale esistente, legittimando i comportamenti, anche religiosi, di determinati gruppi. Umberto di Romans, nel suo De eruditione praedicatorum, composto tra 1263 e 1277, propone a tutti i frati predicatori modelli di prediche ad status. In quelle dedicate alle varie categorie femminili, che ricalcano le ripartizioni dell'organismo sociale, i contenuti morali e religiosi proposti alle donne sono sempre gli stessi: identici i vizi da evitare e le virtù da praticare. Diamo qui la traduzione del sermone latino Alle donne povere nei piccoli villaggi. Fonte: HUMBERTUS DE ROMANIS, De eruditione religiosorum praedicatorum libri duo, Romae, typis Antonii de Rubeis apud Pantheon, 1739; tradotto in C. CASAGRANDE, Prediche alle donne del secolo XIII, Bompiani, Milano, I978, pp. 24-29. XCIX. Alle donne povere nei piccoli villaggi. Si noti che di solito queste donne sono molto favorevoli ai sortilegi per sé, per alcune particolari circostanze, per i figli ammalati, per proteggere i loro animali dai lupi e per cose simili. Fra questo tipo di donne ce ne sono alcune che credono facilmente a tali cose e queste sono simili a Eva. Quale credulità è infatti più stolta di quella di Eva, che credette di diventare lei e l'uomo simili a dei per aver mangiato una mela? Ce ne sono altre che fanno queste divinazioni a scopo di lucro, simili a quella fanciulla indovina che procurava un enorme guadagno ai suoi padroni. Ce ne sono altre così ostinate e incorreggibili in questo che né con le scomuniche né con qualsiasi altra minaccia possono essere trattenute da queste pratiche divinatorie, simili a quell'indovina che usò questa arte per evocare Samuele sebbene sapesse che Saul aveva sradicato dal paese tutti i maghi, i veggenti e gli indovini, tranne lei stessa che se ne stava nascosta a Endor, come si dice nella storia del capitolo XXVIII del I Libro dei Re. Strana cosa che la Cananea, una donna pagana, sia corsa dal Signore Gesù per risolvere le sue difficoltà e che le donne cristiane, abbandonato il loro Dio Gesù Cristo, abbiano fede in questa pratica pagana. Accade frequentemente in questi villaggi che queste donne siano provocate da alcuni ai peccati della carne, e questo accade tanto più frequentemente quando le pubbliche meretrici non vi si trovano d'abitudine; siano dunque maledette quando consentono al peccato. Peccano infatti mortalmente quando peccano con un qualsiasi laico, più mortalmente con un chierico confermato nei sacri ordini, ancora di più con il loro parroco, sommamente con un religioso che è morto per il mondo. I peccati commessi con tutti questi sono più gravi se sono maritate; mostra le ragioni di tutto ciò. Accade poi qualche volta che alcune di queste, spinte dalla povertà, arrivino ad avere o a tenersi cose altrui oppure procurino danni ai vicini portando a pascolare il bestiame, o tenendolo lontano dai loro prati e dalle loro messi, o danneggiandoli in altri modi; maledette siano queste donne che hanno presso di sé, nelle loro mani, la legge scritta che le rimprovera continuamente e che dice loro di «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te». Alcune di queste sono così sciocche e ingenue che fanno facilmente delle offerte dai loro pur modesti averi ai Goliardi [1], ai Trutanni [2] e ai falsi mendicanti. In questo modo qualche volta distruggono la loro casa perché sottraggono al marito e ai figli quei beni che sono loro necessari; mentre al contrario dovrebbero provvedere con prudenza ai loro familiari in modo da fargli avere il sostentamento che gli compete. Leggi il capitolo XXII dell'Ecclesiastico: «Una figlia sciocca sarà umiliata, una figlia prudente sarà un'eredità per il marito». Alcune poi sono così litigiose da infastidire o il marito o i figli o i vicini o i sacerdoti o chiunque abbiano intorno, si rendono così troppo insopportabili per restare in loro compagnia. Sta scritto al capitolo XXI dei Proverbi: «Meglio abitare in una terra deserta che con una donna rissosa ed iraconda». Alcune sono così irriverenti verso la parola di Dio che, quando sono in chiesa, durante la predica, o parlano, o dicono le loro preghiere, o stanno inginocchiate davanti alle immagini, o prendono l'acqua benedetta; e a mala pena qualche volta possono essere persuase ad abbandonare i luoghi consueti e ad accostarsi a un predicatore. Contro di ciò si legga il capitolo IX del libro di Geremia: «Donne, ascoltate la parola di Dio». Si consideri poi l'esempio della Maddalena che seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Ve ne sono altre che non solo sono irriverenti verso la parola di Dio ma anche verso i suoi servi, completamente diverse da quella povera vedova di Sarepta che offrì del cibo al Profeta affamato, sottraendolo a sé e a suo figlio da quel poco che aveva per darlo a lui. Questo tipo di donne vanno dunque istruite sulle cattive azioni appena descritte perché le evitino e al contrario facciano delle buone azioni. Quanto si è scritto costituisca la materia del sermone. Come thema si prenda questo versetto del capitolo IV di Giovanni: «Una donna di Samaria venne ad attingere acqua, Gesù le parlò». Dal fatto che questa donna venne ad attingere acqua risulta chiaro che era povera, tuttavia il Signore le fece un lungo ed accorato sermone, e in un luogo non molto adatto a una predica; da questo segue che a maggior ragione si deve predicare a più donne povere quando se ne ha l'occasione. [1] Istrioni, buffoni, chierici ribaldi. [2] Denominazione popolare per i mendicanti simulati. |
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