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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > III, 22 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo22. Le prediche ai rozziIl domenicano Bartolomeo di San Concordio (morto nel 1347) ha lasciato una raccolta di testi o «autorità», tratti dalle opere della letteratura greca e romana e dei Padri della chiesa, ad uso dell'oratoria religiosa e civile, gli Ammaestramenti degli antichi. Nella settima rubrica dell'undicesima distinzione, intitolata: Di dottrina e modo di dire, appaiono i nomi più autorevoli della cultura ecclesiastica tardo-medievale: san Paolo e Aristotele, la lettera a Nepoziano di san Girolamo, Rabano Mauro (un autore di età carolingia) e soprattutto Gregorio Magno - di cui si richiamano la Regola pastorale, i Moralia in job e i Dialogi. Autori sacri ed autori profani concordano nel confermare che ai «rozzi» che ascoltano le prediche non si addicono le «sottigliezze» intellettuali. Fonte: Scrittori di religione del Trecento. Testi originali cit., pp. 72-73. Che a gente rozza non si debbono predicare alte cose. 1. Sì come a popolo rozzo non si deono dire cose lunghe ma brievi, così non cose profonde ma lievi. 2. Paolo, prima ad Corinthios. Io a voi, sì come parvoli di Cristo, latte v'ho dato non esca. E dice ivi la Chiosa [1], che l'Apostolo a coloro, sì come ad uomini grossi, predicò cose minori e non profonde. 3. Gregorio, decímoseptimo Moralium. Non dee il predicatore agl'infermi uditori dire tutto ciò che sente, né predicare a' rozzi ciò che conosce. 4. Gregorio, nel Pastorale. L'alte cose a molti uditori si deono coprire, ed a pochi appena dire. 5. Rabano, sopra lo libro Numeri. Ad adunare lo popolo comandò Dio che
fosse semplice suono di trombette e non suono dirotto, imperò che chi
alla moltitudine predica la parola di Dio, semplice ed aperto dee parlare,
a ciò che molto lo 'ntendano e sienne ammaestrati; ché, se scuramente
e disusato dire volesse, gli uditori ne vadano voti. 7. Gregorio, nel ventesimo de' Morali. Lo predicatore dee se medesimo ritraggere, e condiscendere alla 'nfermità degli uditori, a ciò che non gli divenga che, quando parla a' piccoli alte cose e che non fanno loro pro, curi più di mostrare sé che di giovare a loro. 8. Ieronimo, a Nepoziano. Avvolgere parole e appo 'l popolo non savio maravigliamento di sé fare, quello è proprio de' non dotti uomini. E niuna cosa è sì leggiere com'è ingannare per involvimento di lingua lo vile popolo e la non dotta moltitudine; la quale di ciò che meno intende, più si maraviglia. 9. Aristotile, nel primo dell'Etica. Quelli che si veggiono non sapere, si maravigliano di coloro che dicono alcuna grande cosa e sopra lo 'ntendimento loro. [1] Glossa, commento scritto a margine del testo biblico. |
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