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Didattica |
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo25. Le prediche scritte di un mercante devotoFranco Sacchetti, nel corso della Quaresima del 1381, si mette a tavolino e compone quarantanove prediche, ognuna delle quali commenta un passo dei Vangeli o della messa del giorno. Naturalmente non si tratta di componimenti destinati ad essere recitati dal pulpito, ma di una semplice esercitazione letteraria: in cui, peraltro, l'autore mostra di avere ben assimilato il modo di argomentare del sermo modernus. Il racconto dell'abate parigino, poi, è un tipico exemplum che si ritrova anche nel Trecentonovelle, a conferma dei legami che intercorrono, a partire da un certo momento, tra predicazione e letteratura. Riproduciamo di seguito il primo capitolo della Sposizione di Vangeli, relativo al mercoledì delle Ceneri. Fonte: F. SACCHETTI, Opere, a cura di A. Borlenghi, Milano, Rizzoli, 1957, pp. 809-14. Nolite fieri sicut hypocrite triste [1]. Nolite thesaurizare thesauros etc. [2]. Cum ieiunatis [3]. È da sapere che il digiuno di quaranta dì de la Quaresima significa al numero di tre cose. Il primo ne la legge de la natura, che si dava il decimo d'ogni cosa a Dio; così, per lo decimo de l'anno, quaranta dì de la Quaresima a digiunare per l'anima sono disposti. Il secondo ne la legge seconda, cioè ne la legge scritta, s'apropiano questi quaranta dì quando il popolo d'Israel andò quaranta anni per lo diserto, prima che venisse a terra di promessione. Il terzo ne la legge terza de la grazia, ne la quale noi siamo, si può apropiare a' quaranta dì e quaranta notti, che digiunò il nostro Salvatore finanzi a la nostra redenzione. Il digiuno amorta molti vizii e leva l'anima verso Dio. Ma sono molti che dicono non potere digiunare, e vogliono mostrare che la loro natura non sia creata soficíente a ciò potere fare, come il difetto venisse dal suo Creatore. Questi cotali s'ingannano, però che per uno diletto corporale sosterìano magiore afanno che 'l digiuno. E notino i padri e le madri, che crescono i loro figliuoli dicendo se non hanno diciotto anni non dovere digiunare, che quando il garzone ha quattordici anni si dovria fare usare digiunare uno dì de la settimana; quando ha quindici o sedici anni, due dì de la settimana; e quando ha diciassette anni, alcuna volta tre dì de la settimana; poi ne' diciotto anni può fare meglio il salto a digiunare tutta la Quaresima. Ma i più aparano o sono costumati più a la gola, che è quel vizio che i più de gli altri si tira dietro. E nota che l'astinenza è quella virtù la quale, ben che da sé non sia grande, molte virtù da quella discendono. Ma vuolsi guardare che la ipocrisia non vi sia, però che è peccato tra' magiori che dispiace a Dio. Unge caput [4]. Il capo è Dio. «Ugni Dio» tanto viene a dire, come quando ugni cosa amorbidando perché la tiri tosto a te. O vuogli intendere: «ugniti il capo», però che l'olio ti serebbe di sopra e tu di sotto. E per questo olio s'intenderieno li sacramenti de la Chiesa. In quattro modi è unto chi viene in questa vita. Prima, quando si va a battezzare è unto nel petto e di drieto… e questo significa che ciascuno, che viene nel mondo, si dée guardare finanzi e di dríeto al tempo che dée venire. Quando è battezzato è unto… La quarta è l'ultima unzione nel fine de la morte, e questa amorta i peccati veniali. Nolite thesaurizare. La più nobile cosa a volere tesaurizare questi beni temporali o corporali in terra è la moneta d'oro, la quale moneta vuole in sé tre cose: che abbia il conio del Prencipe del paese dov'ella si spende, che sia di buono peso, e che sia di buona materia, cioè d'oro puro e fine. Con questa moneta così fatta tutte le cose a utilità e bene del corpo si possono avere. Guastando il conio del Prencipe e non essendo di peso né di puro oro, non si può spendere né comperare cose per utilità corporale; ma magiormente è a pericolo del corpo chi così frodasse le dette monete. Or così adiviene proprio spiritualmente. Qual è il nostro denaio di puro oro e fine? Quello dov'è la imagine del Prencipe di vita etterna: è l'anima nostra fatta ad imagine di Dio con la sua scolpita figura. A che peso vuole essere? A peso d'oro, che stiano le bilance pari, e non più giù l'una che l'altra. E questo è la volontà e lo 'ntelletto; l'uno ne l'una bilancia e l'altro ne l'altra acordanti al ben fare e a le virtù. Vuole essere di buona materia, pura, e in quella permanere sì come Dio la fece. Con questa così fatta moneta si compera la vita etterna e con niun'altra si può comperare; e a ciascheduno fu data questa moneta, e così al povero come al ricco. Questo è il tesauro che non si perde; non lo ti può torre il tiranno, non lo ti può furare il ladro, e non lo puoi perdere né in mare né in terra. Ma, come una mala volontà o di lussuria o d'avarizia o d'altri peccati s'adoperano per lo corpo, subito la imagine del Prencipe ne la moneta è macolata [5] con la imagine del Demonio. E come la volontà va drieto a' mali, e lo 'nteletto quella rimorde, non sono le parti de la imagine acordanti; di che la moneta non ha diritto peso, ma torto [6]. E nota che, da Dio in fuori, gli Angeli, i Santi, il cielo, le stelle e ogni cosa da Dio in giù è parte; niuna cosa è tutto se non Egli. Come questa moneta de l'anima macola la fine purità con la malizia, così è guasta e non si può spendere. E con questa moneta così fatta vita etterna non si può comperare, però che è falsa moneta del conio del Demonio; e per questa falsità è giudicata l'anima a morte, e va a spendere tal moneta nel terreno del Diavolo, de la cui figura ela è riconiata. Truovasi uno Abate essere presso a Parigi, lo quale mostrava essere di santa vita; e, digiunando spesse volte, si facea comperare a uno suo fante sempre pesci piccolini più tristi che potea, che non valeano li dieci uno danaio. Avenne che il Vescovo di Parigi morì; a romore di popolo andorono i Parigini a chiedere che questo Abate fosse loro vescovo. Il Papa, credendo costui essere santo uomo e volendo sodisfare a' domandatori, il concedette. Di che, stando poi costui vescovo e digiunando uno giorno, il fante andò a la pescheria per comperare pescetti, com'era usato quando era abate; e, non trovando se non pesci grossi, non volendo fare quello che non era uso, gli lasciò stare. Quando il Vescovo andò a tavola per mangiare, domandò che recasse il pesce. Rispuose il fante non avere comperato, però che non v'erano de' piccolini, come era usato di volere, anzi v'erano de' pescioni d'uno forino l'uno; a cui il Vescovo biastemando [7] disse che quando era abate e voleva de' piccolini, gittava l'amo con quelli per pigliare de' più grossi per venire dove era venuto; e da indi finanzi volea de' maggiori che potea. Così è fatta la ipocrisia, e spezialmente de' cherici. Nota che la prima età del secolo durò da Adam insino a Noè, e non fu che in essa non si facessono tutti i mali del mondo salvo che uno, e questo fu il peccato de l'avarizia; e questo è quello che sempre ha più pericolato il mondo, poi che cominciò, che nessuno de gli altri. Sono molti che digiunano per cagione che 'l digiuno certi dì è comandato da la Eclesia, ma non s'atengono di fare di molti mali. Questi cotali sono simili a Satanam, che non mangiò mai e sempre fece male. Dice Nostro Signore in questo Evangelio che, quando tu fai la elemosina con la mano destra, che la sinistra nol sappia. Tanto viene a dire che la mano destra è figurata al Nostro Signore, e la sinistra al Diavolo. Tutto questo è che ogni bene, che si fa in questa vita, dé' avere merito o da Dio o dal mondo; quando l'ha da l'uno, non lo dée avere da l'altro. Verbigrazia [8]: uno fa una dipintura in una chiesa, e adornala con molti scudi de la sua arma; questi che l'ha fatta cerca il merito. Dove l'acquista? Nel mondo. Chi fece questa? Fecela il tale. E quivi ha la mercede. Non la può avere poi da Dio, però che non si può avere il merito nel mondo e in cielo a uno tratto, però che l'uno è contrario a l'altro. E tra l'uomo o l'anima in questa vita a Dio non bisogna mezzo, ogni cosa tra lui e noi vuole essere in ascondito. Ma guai a' viventi, che nessuno ci vive se non con vanagloria, volendo che sia una trombetta, che suoni la pietanza, la elemosina, e ogni altro bene che si fa, il quale tutto torna a male e in danno de l'anima. Ché non si fa una pianeta [9] nel mondo che 'l prete, quando dice Messa con essa, non sia segnato con lo scudo dinanzi e di drieto, come li fanti, che recano le novelle [10]. E 'l più de le volte quelle fiano arme di perfido usuraio o di pessimo uomo. [1] «Non vogliate farvi vedere tristi come gli ipocriti». [2] «Non accumulate tesori ecc.». [3] «Quando digiunate». [4] «Ungi il capo ». [5] Macchiata. [6] Non ha peso giusto, ma falso. [7] Bestemmiando. [8] Ad esempio. [9] Sopravveste liturgica, indossata dal sacerdote nella celebrazione della messa. [10] Notizie. |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |