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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > III, 26 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo26. Come attirare il pubblico alle predicheNelle novelle di Franco Sacchetti, scritte nell'ultimo quarto del '300, compaiono di frequente figure di predicatori. Come in tutta la letteratura borghese in lingua volgare, essi vi sono rappresentati con una vena ironica, talora anche un po' anti-clericale: i frati sono avidi, lussuriosi, fraudolenti, o semplicemente sciocchi. Quando un predicatore non ha abbastanza pubblico, come mostra la novella XXII della raccolta, promette di trattare in modo nuovo nella Quaresima il tema dell'usura. Con questo termine nel linguaggio teologico del tempo veniva definito il prestito ad interesse: severamente condannato dalla morale cattolica, ma talmente connaturato con le esigenze dell'economia del '300 e del '400 da divenire un argomento chiave nella trattazione dei moralisti e un punto centrale nelle preoccupazioni del ceto mercantile. Fonte: F. SACCHETTI, Il Trecentonovelle, a cura di V. Perticone, Firenze, Sansoni, 1946, pp. 73-76. Uno frate predicatore in una terra toscana, di quaresima predicando, veggendo che a lui udire non andava persona, truova modo con dire che mostrerrà che l'usura non è peccato, che fa concorrere molta gente a lui e abbandonare gli altri. Meglio seppe comporre una sua favola uno frate, del quale parlerò in
questo capitolo, che non seppono comporre la loro gli ambasciadori di
Casentino. Però che in una terra delle grandi di Toscana, predicandosi
nel tempo di quaresima, come è d'usanza, in più luoghi, uno frate predicatore
veggendo che agli altri che predicavono, come spesso interviene, andava
molta gente, e a lui quasi non andava persona, disse uno mercoledì mattina
in pergamo [1]: La gente udendo questo, chi mormora di qua, e chi borboglia di là. Finita la predica, escono della chiesa; la boce va qua e là; ciascuno pensa: «Che vuol dire questo?». Gli prestatori [2] stanno lieti, e gli accattatori [3] tristi; e tale non avea prestato, che comincia a prestare. Chi dice: «Costui dee essere un valentissimo uomo»; e chi dice che dee essere una pecora; questo non si disse mai più. E in brieve tutta la terra aspettava la domenica mattina, la quale venuta
che fu, come li popoli son sempre vaghi di cose nuove, tutti corsono a
pigliar luogo, e gli altri predicatori poterono predicare alle panche.
Costui avea prima gli uditori sì radi, che dall'uno all'altro avea parecchie
braccia; ora v'erano sì stretti, che affogava l'un l'altro; e questo era
quello che elli avea desiderato. Giugnendo il frate in pergamo, e detta
l'Avemaria, per non guastare la sua predicazione, propuose sopra l'Evangelio,
e disse: E predicando per grande spazio questo valentre frate, mise gran tempo
su le parti dell'Evangelio; e venendo a quella dell'usura, era molto tarda
l'ora, però che era passata terza [4]; e
ciò avea fatto in prova per tranquillare la gente. Di che disse: E così gli pasceo d'oggi in domane insino all'altra domenica, nella quale
concorse maggior populo che prima. Essendo salito in pergamo, e avendo
predicato, disse: E ora facendo una scusa, e ora un'altra, tutta Quaresima fece venire gente
a sé, tenendoli sospesi insino a domenica d'olivo. Allora disse: E fece la confessione, la quale non fu né intesa né udita per lo grande
mormorio e bisbigliare che vi era; e chi facea grandissime risa, dicendo: Chi stiamazza di qua e chi di là, più giorni per la terra non si disse altro. Questo frate poté essere uno valentre uomo, però che egli avea mostrato, o voluto mostrare al populo, quanto era leggiero, e che correano più tosto alle frasche, e alle cose nuove, che a quelle della Santa Scrittura; e ancora andavano volentieri a udire chi dicesse cose secondo gli appetiti loro. Corse a questa predica prestatori, e chi avea voglia di prestare; e questi rimasono scherniti come meritavano; come ch'egli hanno preso tanto del campo che da loro hanno fatto un concetto, che Dio non veggia e non intenda, e hanno battezzata l'usura in diversi nomi, come dono di tempo, merito, interesso, cambio, civanza [8], baroccolo [9], ritrangola [10] e molti altri nomi: le quali cose sono grandissimo errore, però che l'usura sta nell'opera e non nel nome. [1] Pulpito. [2] Usurai. [3] Coloro cui viene prestato denaro. [4] La terza ora del giorno a partire dalle sei antimeridiane: le nove di mattina. [5] Monete d'oro fiorentine, con impresso il giglio. [6] Parte spettante. [7] Ucciso a coltellate. [8] Ciàvanzo: utile, guadagno. [9] Vendere cose, a termine, per un prezzo maggiore del loro valore. [10] Ricomperare cose vendute a termine, in contanti, a un prezzo minore del valore. |
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