Fonti
Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)
a cura di Roberto Rusconi
© 1981-2006 – Roberto Rusconi
Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica
nel basso medioevo
27. Quando il predicatore sceglie un argomento non adatto al suo pubblico
Se il tema dell'«usura» (o prestito ad interesse) occupa un posto
di primo piano nella predicazione in lingua volgare alla fine del '300
e per tutto il '400, esso coinvolge in maniera diversa classi egemoni
e classi subalterne. Può accadere, quindi, anche nella realtà un episodio
ricostruito nella finzione di una novella di Franco Sacchetti. Un frate
agostiniano predica a Firenze nella cattedrale e si sente gridare dal
pubblico che la sua predica va bene solo per i ricchi, i quali prestano
denaro. Segno indiretto che una certa predicazione, legata a tematiche
da definire grosso modo mercantili-borghesi, incontra per lo meno una
certa disaffezione presso le classi più povere della società urbana tardo-medievale.
Fonte: SACCHETTI, II Trecentonovelle cit., pp. 223-24.
Romolo del Bianco dice al frate in Santa Reparata, predicando dell'usura,
che predichi di quelli che accattano, però che ivi erano tutti poveri.
Una piccola novelletta m'è venuto voglia di raccontare di uno vecchierello
fiorentino, il quale ha bene ottant'anni, ed è ancora vivo, e ha nome
Romolo del Bianco. Costui ha le più nuove parole del mondo alle mani,
e la maggior parte' come filosofiche. Andando di quaresima costui alla
predica, che si fa la sera alla chiesa maggiore di Santa Reparata, alla
qual predica vanno tutti poveri lavoranti di lana, poi che sono usciti,
e serrate le botteghe, e fanti e fante e servigiali ancora a quella vanno,
uno giovane frate romitano ogni sera predicava dell'usura, e che ciascuno
si guardasse dal prestare, però ch'ell'era quella cosa che conducea l'uomo
a dannazione; e poi ritornava pure in usura, e su' contratti inleciti.
Quando Romolo del Bianco assai ha bene udito di questa usura, levasi su,
e dice:
- Messer lo frate, io ve l'ho creduto dire già è parecchie sere, ma sommene
tenuto, ché credea che voi uscisse a predicare d'altra materia che dell'usura;
ora mi pare, che voi non sete per predicare d'altro; io vi voglio far
chiaro che voi vi perdete le parole, però che quanti voi ne vedete a questa
predica, accattano, e non prestano, ché non hanno che, e io sono il primo.
E però, se voi ci sapete dare alcuno conforto sopra li nostri debiti,
e sopra che dobbiamo dare altrui, io ve ne priego; quanto che no, e io
e gli altri che ci sono, potremo fare senza venire alla vostra predica
-.
Il frate, e tutta la predica, come smemorati, guatavano onde questa boce
venìa, però che v'era buio, che quasi non vedea l'un l'altro; e pur scorsono
che era Romolo del Bianco, dicendo tutti:
- Egli ha molto ben ragione, ché non c'è alcuno di noi che non abbia più
debito che la lepre -.
E 'l frate da quindi innanzi predicò della povertà, come con pazienza
si volea comportare; dicendo spesso: «Beati pauperes», ecc.,
e fu loro grandissimo conforto, per le parole che Romolo avea predicate
al predicatore.
E però conviene che il predicatore sia sì discreto, che se predica a una
gente in una terra, che sieno ricchi per usure, molto li riprenda su questo,
e se predica a' poveri, li conforti su la povertà; se sono macolati di
sfrenate concupiscenze, contro a quelle dicano, e da estorsioni sì di
ruberie, e di guerre, e così degli altri vizii de' fare il simile; acciò
ohe non sia ripreso da uno pover uomo, come fu colui.
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