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FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo32. Predicazione mendicante e mentalità mercantileBernardino Albizzeschi da Siena è certo il predicatore «popolare» più famoso del '400. Esponente di primo piano del movimento di riforma dell'ordine francescano detto dell'Osservanza, egli assicura la creazione di una vera e propria «scuola» di predicatori. La sua influenza si misura dall'enorme diffusione dei manoscritti dei suoi sermoni latini: i frati minori che iniziano a predicare si limitano a ripeterli in volgare dal pulpito, prima di passare a riassumerli ed infine a comporne di propri, ormai completamente imbevuti dall'influenza dottrinale bernardiniana. Tra i numerosi cicli di prediche che sono stati riportati in volgare dagli ascoltatori, dalla viva voce del frate, abbiamo scelto un brano tolto dalla predicazione quaresimale fiorentina del 1424: lo riproduciamo non tanto per le sue qualità letterarie, ma per rendere chiaro quale fosse il complessivo andamento di una predica al popolo redatta con le tecniche del sermo modernus (sia pure semplificate come in questo caso). È importante anche l'argomento: la predicazione quaresimale ha uno scopo preciso: assicurare che i fedeli si confessino a Pasqua. E, infine, perché nell'esempio della «fiera di Nostro Signore» emerge con lampante chiarezza come vi fosse ormai completa assimilazione tra la mentalità mercantile e la «spiritualità» del tempo. Fonte: SAN BERNARDINO DA SIENA, Le prediche volgari, a cura di C. Cannarozzi, Pistoia, Tipografia A. Pacinotti, 1934, I, pp. 49-62. Del pericolo di ritardare la confessione. Die quarto di quaresima, sabato mattina. Die quarto di quaresima, sabato mattina. Era navis in medio mari. Scribitur Mattei [Marci] sesto capitulo [1] de' suoi sancti Evangeli cantati stamane alla messa. Cioè dice che la nave era nel mezzo del mare. Spiritualmente parlando la nave è la nostra coscienza nel mezzo del mare de' nostri peccati. Mare amaro di peccati e di peccatori indurato! A modo che la nave che è nel mare, che quando va in giù quando va in su e non à fermezza, così la coscienza, quando in giù per disperazione di tanti peccati fatti, quando in sù per troppa presunzione. Così la coscienza è tirata, quando in su quando in giù, quando da mala usanza, quando da fantesie di dimonio e quando d'aspirazione divina. E in questa parola si dimostra el settimo lume che è pericoloso ritardare di confessare e quando è pericoloso. Tre sprendori si dimostra in questo settimo lume. Primo, che ti mostra il pericolo di confessione ritardare. Secondo, el danno e 'l pericolo della confessione non frequentare. Terzo, lo 'mpedimento ti dà a ben fare. El primo splendore. Quanto è pericoloso lo indugiare la confessione, perché e mali, e peccati multiplicano, e l'uno si tira drieto l'altro, come una catena che l'uno anello incatena e tirasi drieto l'altro, o come fanno le ciriege che l'una a l'altra s'appicca. Così per lo indugiare di confessare, l'uno peccato s'appicca a l'altro e vannosene infinito. Dice santo Gregorio che se non si leva la radice de' peccati, gli fa tanto multiplicare che poi, volendoli levare, tu non puoi. Sicché non indugiare alla radice levare. Tre cose ti do per esempio grosso, nel modo che subito bisogna levare e cacciare. El primo si è el fuoco. Che non arda la casa, levalo e spegni tosto! Accorri, accorri! Secondo è la piccola infermità. Acciocché non la facci crescere in infermità incurabile, levala via tosto! Terzo è il nimico. Caccialo via tosto, acciò no lo lasci crescere e inforzare contro a te! Così debbi fare de' peccati. Spegnerli a buon'ora, acciò non t'ardino tutta la persona. Cura e medica la piccola infermità, acciò che non si converta in infermità incurabile, che quando tu la vorrai curare tu non possa. Abbassa el tuo nimico che non ti faccia rovinare. Confessati ispesso e tutti e detti pericoli fuggirai. El secondo pericolo si è che gli è più malagevole a curare. E nota che quando una infermità è molto lunga nell'uomo, fa venire in tedio al medico e alla sua famiglia di casa. E il medico se ne dispera, come quello che à provato tutte le medicine possibili per guarirlo, e veggendo la infermità incurabile, sì l'abbandona e dice alla moglie: «Dategli ciò che vuole». Così interviene dell'uomo infermo e puzzolente di peccati e in essi invecchiato; ché troppo è in tedio a Dio che con espirazione di mente e con gli altri buoni impiastri l'à voluto medicare e mai gli à consentito. Onde per la piaga puzzolente e incurabile, l'abbandona. E non sai tu che quando se' morso da serpente o da scarpione o da cosa velenosa, che subitamente corri all'otriaca [3] e gli altri rimedi? Così debbi fare quando l'anima è morsa e trafitta da alcuno peccato; subito ricorrere alla medicina della confessione e purgati. De'! piglia questo esempio grosso. El tuo marito arà una sua ischiava che le vorrà bene di cattivo amore. Interviene ch'ell'arà male. Di subito el tuo marito dirà: «Vadasi pel medico; facciasi ogni rimedio perch'ella ne campi». E tutta la casa ne starà impacciata. E quando accadesse a te, sua donna, che fussi buona e bella, ti venissi una infermità, e il marito tuo poco cura di medico o d'altro vi mettesse, non te ne parrebb'egli molto male? Maisì! E aresti una gran ragione, che la ischiava o la serva fusse meglio attesa e servita che la donna dal suo marito. Così è. L'anima nostra è la donna, e la carne si è l'ancilla e la serva e la schiava. Se la carne è punta d'alcuno disagio, subito a' rimedi, a stare ben adagio. E se l'anima è punta da' peccati e sta a pericolo di perdere la grolia [4] di paradiso e acquistare lo 'nferno, e vedesi non essere governata e curata, quando credi che li sia a grado questo? Pensalo tu medesimo, e pensa ancora quanto è più malagevole a curare un infermo stato nella infermità dieci, venti o trenta anni, che un altro che sia stato poco. E piglia la figura de' tre morti che 'l nostro Signore Gesù Cristo risucitò, uno nella camera in sul letto, l'altro in sulla porta della città e l'altro già stato nel munimento già quattro dì puzzolente. Il primo risuscitò pigliando la fanciulla per la mano, dicendo: «Sta' su». Così agevole è a te medesimo risucitarti del peccato fatto di fresco, che significa il pensiero deliberato di fare el peccato. El secondo morto risucitò in sulla porta della città e disse: «Adolescens, tibi dico, surge» e levossi su. E così è agevole a te a uscire presto quando ài fatto il peccato di fresco. El terzo che fu Lazzero, ch'era stato quattro dì morto nel sipolcro, sospirò Dio e lagrimò e poi con grandissimo grido gridò: «Lazare, veni foras». Così bisogna a lo invecchiato nel peccato, piangere e sospirare prima e suoi peccati e poi gridare al confessore e suoi peccati, ed è più malagevole che gli altri. Le lagrime sono orazioni cordiali che gridano alla confessione. El terzo pericolo si è che vengono e pericoli a moltiplicare. Quanta pericolosa cosa è che indugiarti dieci anni o più a confessarti! In quanti pericoli entri e in quanti ti truovi! E guarda quanto bene ne perdi! Tutte le limosine, tutti e perdoni, tutti e passi di perdonanze, tutti e viaggi e orazioni e altri beni che niuno te n'è valevole a vita eterna. E ancora ti perdi tutti i meriti di coloro che sono in grazia di Dio, facendoti noto che tutti i sacrifizii, limosine e orazioni che sono fatti da chi è in grazia di Dio, ne sono partefici tutti e fedeli cristiani e chi è in grazia di Dio. Sicché non essendo confessato e stando in peccato mortale, ti perdi tutte quelle buone opere. Così interviene, per esempio, che il corpo dà el nutrimento a tutti e membri, e se niuno membro è spiccato dal corpo, non può avere il nutrimento. Così interviene al peccatore fuori di grazia, che è membro ispiccato dal corpo di santa Chiesa, e non è partecipe di niuno nutrimento, cioè niuno merito di santa Chiesa, e perdesi il paradiso e acquistasi lo 'nferno. De'! dimmi: E' sarà uno signore che dirà: Se nel mio reame è niuno che m'abbia offeso, venga a' miei piedi, e dica sua colpa, e io li donerò dieci mila fiorini; quale è quegli che non v'andasse a confessarlo per avere que' denari? E noi, andando a confessare e nostri peccati fatti contro al nostro Signore Iddio, dobbiamo avere da lui vita eterna e la grolia del paradiso, e tanto siamo lenti e timidi e tristi e di poca fede, che vogliamo perdere tanta groria per tardare la confessione nostra? El quarto pericolo si è della dimenticanza de' peccati. Quanti sono quelli che per indugiare la confessione non si ricordano poi di nulla! E non è gran fatto che si dimentichino, quando non metti cura di ricordartene e di confessargli. Non se' scusato per dire: non ho potuto; io non gli ò a mente. Non gli dimentica Iddio né 'l dimonio. Ed è a tua cagione el dimenticare, per lo tuo indugiare. E Iddio non t'arà a perdonare. Non t'ingannare, ché entri nelle mani del dimonio. Tre cose si de' molto pensare: ch'egli è privato del paradiso, sbandito da Dio, obrigato a lo 'nferno. El cieco che è rinvolto ne' peccati non vede il paradiso il quale lui perde, e non vede l'inferno il quale lui acquista. El quinto pericolo si è che l'anima diventa più cattiva l'un dì che l'altro, e di più cattiva condizione per la mala usanza in che è rovinata. Adunque conviene che l'uomo cominci a buon'otta a entrare nella buona usanza da giovane e lasciare la cattiva. El sesto pericolo si è perché continuamente el tempo datoci si perde. El tempo nostro è brieve, el cammino è lungo. Vuolsi correre ché abbiamo el palio, come dice san Pagolo: «Correte ché prendiate». Così Isaia: «Manda, rimanda, aspetta, aspetta». Così e peccatori! Ogni anno predica, predica, riprendi, riprendi, e poco giova! Se tu se' in prosperità, poco intendi di Dio; in adversità el simile; in sanità poco di Dio, in infermità poco di Dio. Perché vanno in adrieto? Quando ànno potuto non ànno voluto, poi vogliono e non possono. Chi si confessa ispesso à grazia al punto della morte di confessarsi, e così el contrario, ché non à grazia al punto della morte di confessarsi. Guarda de lo 'nfermo la sua confessione, di chi non è uso di confessarsi. Manda la moglie per il confessore, e eccotelo venire; «Ora e' dorme; tornate stasera». Eccolo tornato la sera. El buono uomo à ingrossato la lingua e non può dirvi nulla. Or non andiamo per molte parole. Dice Santo Agostino di questi cotali che s'indugiano al capezzale a confessare, che de' fatti dell'anima loro è piuttosto da dubitare che da sperare. E voi, donne e parenti, che di ciò siate cagione di non farlo confessare a ora che possa e sappia, ne sete in grandissimo pericolo di dannazione dell'anime vostre, ché dovete amare molto più l'anima de' vostri mariti e parenti che il loro corpo. E voi sete cagione per non enducerlo alla confessione, che la mala ventura nel porti. Vuolsi adoperare el bene mentre che noi abbiamo el tempo che è ora, nel prencipio della santa quaresima. Nella primavera è ei 'l tempo accetto. El settimo pericolo si è che Iddio diventa più conturbato ed à Iddio sdegnato. Iddio picchia l'uscio all'anima tua con buone ispirazioni, con predicazioni, con gastigazioni, e tu non gli apri? Ora dimmi! Se la tua donna che tu tieni, che ella sia buona e cara, fosse in camera col suo adultero serrata, e tu, suo marito e da te amata, tornassi a casa e picchiassi l'uscio della camera, e chiamassila, e ella non t'aprissi e non ti rispondessi e facessesi beffe di te, che te ne parebb'egli? Molto ti turberesti con lei. L'anima nostra è la sposa del nostro Signore Iddio, e da lui molto amata, e se l'anima nostra fa il peccato, subito diventa serva del peccato, ed è adultera della grazia di Dio. Adunque Iddio à ragione di conturbarsi, non per sé, ma per lei, cui tanto amava. Quanto più indugi ad aprire per la confessione e cacci l'adultero, tanto più il fai isdegnare e te abbandonare e lasciare. Adunque si vuole confessare tosto e non tardare e non indugiare. El pericolo ottavo si è che la grazia si viene più abbreviare. La confessione è la fiera del nostro Signore Gesù Cristo, che chi è de' primi a andare a comprare della sua grazia, tanto n'à migliore derrata e più in abbondanza. El sabato, quando e mercatanti dànno denari a' poveri per l'amore di Dio, chi è de' primi à la limosina, e chi è degli ultimi merita gli sia detto: «Elle sono date». Vuolsi andare a ora alla confessione, ché si possa trovare della sua mercatanzia. La quale, come ti dissi altra volta, non si può comperare con niuna sua cosa, ma solo col nostro proprio. Tesori, ricchezza, sanità, bellezza, fortezza, arnesi e altre cose di questo mondo, tutte sono cose di Dio e che Iddio ci à prestato. Con questa non si compra e non si può comperare la sua preziosa mercatanzia, cioè la gloria di vita eterna. Solo col peccato, ch'è nostro propio, si compra questa mercatanzia. Dunque chi à più peccati e confessisi bene e diligentemente com'io ò insegnato, tanta più grazia di Dio compererai. Adunque peccheremo noi per più giustificarci per confessione? Ma se no, ma confessiamoci per avere la grazia di più non peccare! Ora, nella quaresima, s'acquista la grazia, e quanto più tosto, tanto meglio. El fondaco è aperto. Venite a buon'otta [5] per la mercatanzia, come fece il ladrone della mano diritta di Cristo. A buon'otta il chiese e trovonne abbondantemente: «Oggi sarai meco in Paradiso». Alla fiera vanno molte persone e a gara l'uno dell'altro comprano della mercatanzia. Così voi di quaresima, veggendo andare l'uno l'altro a confessare, tanto più volentieri e più a gara farete el bene, e così vi conforto che voi facciate, che doppiamente si stenda la grazia e la buona volontà, veggendosi accompagnato piuttosto che solo. El nono pericolo si è che quanto più indugerai a confessarti, tanto meno da Dio apprezzato sarai. Così interviene ne' prencìpi della quaresima e nel tempo accettabile e posto per santa Chiesa, più grato è a Dio, che Iddio accetta meglio ne' principii della nostra giovinezza el fare bene e la confessione, che non fa nell'ultima vecchiezza, quando da te sono partite le forze di fare il peccato. Poniamo che d'ogni tempo a Dio è in piacere la coversione del peccatore, ma molto più nel tempo della giovinezza, ché ài la forza del peccare e tu t'astieni e non lo fai. E il proverbio comune dice che chi dà tosto dà due volte e più è amato. E questo basti del primo razzo. El sicundo razzo è il bene che seguita della confessione frequentare e spesso fare. Sette beni ne seguitano. E 'n brieve. El primo bene si è che l'uomo si ricorda meglio de' suoi peccati, e ricordandosene si confessano e meglio e più presto e con meno fatica e con meno pericolo e con più sicurtà d'essergli perdonati e d'acquistare la grazia di Dio e aspettare la grolia. El secondo bene si è che l'uomo impara meglio a confessare. L'arte che di rado s'asercita non si può per niuno modo imparare e spezialmente quella che è più malagevole. Ma quando ispesso s'esercita, allora, per malagevole arte che sia, s'impara molto bene. L'arte del confessarsi bene è più malagevole arte che sia al peccatore, ispezialmente a chi non l'usa spesso. Ma quanto più l'userai tanto più la 'mparerai e tanto più grazia avrai. Molto si conosce chi si sa bene confessare da chi non sa, che di certo el sapersi confessare è gentil cosa. El terzo bene si è che le grazie vengono a moltiplicare. La medicina che si dà allo 'nfermo purga e cattivi omori e aumenta e multiplica e buoni. E così l'anima, confessandosi ispesso purga i peccati e moltiplica le grazie, e guardasi più da' peccati, e vivesi più sano d'anima e di corpo, e più leggiere e di buona volontà. El quarto bene si è per lo frequente cascare. Sette volte cade il dì il giusto e rilevasi suso. Adunque el peccatore quante volte cade? Pensavi suso e vedi che la confessione el fa rilevare. Adunque se cascherai nel fango o nella broda de' peccati, vuo' tu starvi drento e dire: «Io non mi voglio rilevare per non vi ricadere?». Mai no! Ma tante volte quante cadi, tante volte ti rileva. E se ricadi, e tu t'arileva suso per confessione de' tuoi peccati. El quinto bene si è che el nostro nimico si partirà da te più confuso. A exemplo. Se uno de' tuoi fanciulli vedrà che uno uccello facci el nidio in un luogo e vadi ispesso a vederlo, e poi, quando vi troverà l'uova, a uno a uno le mangerà, l'uccello farà il nidio suo altrove e in quello nidio di prima non tornerà più. Così fa il nimico quando vede che d'ogni peccato ti vai a confessare, che so, o l'uova che à fatte nel tuo nidio dell'anima. E esso si parte da te confuso e va, fa il nido suo altrove, perché gli à già rivelato el peccato che t'à fatto fare, e sdegnasi e partesi. El sesto bene si è che l'uomo viene molto meglio a purgazione, e piglia diletto de l'arte sua ché s'è molto bene confessato e fatto come il medico che dà prima lo sciloppo e poi la medicina purgativa. Lo sciloppo sono e pensamenti, le lagrime, l'amaritudine de' tuoi peccati. E per la medicina intendi la 'ntera confessione e sodisfazione e penitenza, come di sopra t'ò già in parte dichiarato. El settimo bene che ne seguita si è che tu ti vieni più a certificare della tua salvazione. Quanto più ti confessi, tanto più ti certifichi della vera contrizione, senza la quale non si può avere salvazione. Altra volta ti mostrerò come la contrizione è la più malagevole e la più agevole cosa che sia averla, e come possono stare insieme queste due contraditadi. Io credo mostrarloti in forma che ti parrà toccare con mano. E basta quanto alla prima parte. Della seconda e terza parte ti serbo a dire un'altra volta, se Iddio ci darà la grazia. Per istamane basta del settimo lume che ti dissi nelle parole proposte: «Era la nave nel mezzo del mare», ecc. Le quali parole sono iscritte al sesto capitolo de' Vangeli di san Marco del quale veggiamo la litterale isposizione. E sarà fine di nostra predica stamani. Puossi dividere e dividasi questo vangelio in tre parti. La prima, di mentale conturbazione. La seconda, di divina visitazione. La terza, di spirituale consolazione. La prima dice: «Era la nave mezzo del mare e intorno alla quarta vigilia della notte [6], e Gesù solo in terra era; e la nave in gran fortuna, e Gesù vide e i suoi discepoli affaticarsi molto in remicando». Che altro significa se non la nave della nostra coscienza nel mezzo del mare de' peccati — amaro — di peccati pieno? «Intorno alla quarta vigilia della notte», cioè della vechiezza dell'uomo ch'è presso a l'alba de l'altra vita, perché à passato adolescenza, gioventù e, uomo fatto, è venuto a vecchiezza. E: «discepoli affaticati in remicando», che altro se non divine ispirazioni e illuminazioni nel tornare a penitenza? «Gesù solo in terra», che aspetta la nostra salute ecc. La seconda parte si è di divina visitazione. «Passò Gesù sopra l'onde del mare e infinse di passare oltre di là dalla nave. Quando e discepoli lo vidono, parve loro che fussi una fantasima veggendolo andare sopra l'acqua». Viene Gesù all'animo a vigitare in sull'ora della notte, e passa sopra lo mare de' nostri peccati, e finge di più oltre passare. Aprili, tiello, chiamalo! Ma a' peccatori pare a loro sia fantasima, che in se stessi tutti si maravigliano, avendo fatti tanti peccati e sì fatti, come Iddio si degna di vigitarli. E appena credono che sia altro che fantasia. Quando l'uomo è avviluppato ne' fatti del mondo e intrigato ne' peccati, e fatti di Gesù Cristo ti paiono fantasie. Che prediche, che confessioni, che sacrifizii! E fannosi beffe de' santi, di Dio, riputandoli fantasie. E seguita che «i discepoli, veggendolo andare su per l'acqua del mare, si conturbarono e Gesù cominciò a parlar loro e disse: «Ego sum, nolite timere». «Io sono desso, non temete». Cioè non ti disperare, o peccatore. Io sono. Dagli speranza di confidanza. E non se' tanto cattivo e scellerato peccatore, che Iddio non ti conforti a ben fare, pure che tu voglia riceverlo. E seguita che «egli entrò e passò in sulla nave», che significa quando tu l'accetti dentro nella tua casa della tua coscienza. «E come e' fu entrato drento cessarono e venti» della superbia — intendi de' mortali peccati — e abbondavi la grazia sua, quando se' pentito di tutti e tuoi peccati. «E diventò grande tranquillitade in detto mare». E così la nostra coscienza diventa quieta, contenta e tranquilla. Maraviglionsi e discepoli dicendo: «O chi è questi che comanda a' venti?». Così fa il peccatore che si maraviglia, sendo suto prima in tanti travagli di mente, e tornato per la confessione in tanta tranquillità. Ma i discepoli fragili non avevano a mente il miracolo di Gesù che aveva fatto poco dinanzi, de' cinque pani e due pesci saziato cinquemila persone, ch'erano e cuori loro accecati. Così è el peccatore accecato quando non conosce la divina grazia. La terza parte si è ch'«eglino appiccorono la nave al porto e scesono in terra». E allora i discepoli el conobbero. Appiccasi la nave quando colla speranza d'avere la grazia di Dio si fa el bene, e escesi de' peccati. Quando altri è uscito del mare cioè dei pericoli, allora si conosce Iddio che prima nella nave e nel mare non lo conoscevi. E allora pensi e ripensi. O di quanti mali e di quanti peccati sono campato e uscito per la grazia di Dio e non per mio merito né per mia bontà! E dice el Vangelista che «tutti gl'infermi delle contrade ne' letti e su per le piazze erano posti innanzi a Gesù e che chi toccava solo la fimbria [7] de' suoi vestimenti da ogni infermità era sanato, e davano gloria a Dio», ecc. Non vuole dire altro se non che e peccatori infermi ne' peccati, portandosi e appressandosi dinanzi a Dio o al confessore per penitenza, e toccando l'estremità delle sue grazie, tutti rimangono sanati e pigliano grazia che tutti gli altri della contrada si vengono per loro medesimi a confessare, lodando e magnificando Iddio nostro Signore, il quale ci concede la sua grazia in questo mondo, e ne l'altro la grolia per infinita secula seculorum. Amen. [1] «Era la barca in mezzo al mare. È scritto nel sesto capitolo di Matteo [Marco]». [2] Raggio; allusione al sistema di dividere la predica facendo riferimento a un'immagine (qui, i raggi della luce). [3] Teriaca, antico farmaco usato come contravveleno. [4] Gloria. [5] Per tempo. [6] La vigilia era il turno notturno di guardia, di tre ore, a partire dal tramonto. [7] Orlo, frangia. |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |