Logo di Reti Medievali

Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione III - Gli ordini mendicanti e la pastorale ecclesiastica nel basso medioevo

33. Predicazione e truffa

La tipologia dei predicatori è molto ampia, e non comprende solo predicatori «ufficiali» e predicatori «non ufficiali». Vi sono anche i falsi predicatori, impostori i quali, approfittando del radicato e superstizioso culto dei santi, del feticismo stregonesco delle reliquie, del fascino delle prediche e delle profezie, ne approfittano per estorcere denaro. È questo il caso dei due predicatori raffigurati dall'implacabile ironia anti-fratesca del novelliere Tommaso Guardati, detto più comunemente Masuccio Salernitano. Uno di essi viene da Spoleto: ossia da quell'area umbro-marchigiana reputata nel tardo '400 area di estrazione per eccellenza dei vagabondi.

Fonte: MASUCCIO SALERNITANO, Il Novellino, a cura di G. Petrocchi, Firenze, Sansoni, 1957, pp. 53-60.


Nel tempo che re Iacomo francese [1], prima conte de la Marcia nominato, divenne marito de l'ultima de' Durazzi, arrivò in Napoli un fra minore, fra Ieronimo da Spoleto nominato; il quale secundo i sembianti quasi santo mostrandosi, non sulamente in Napoli ma per tutte le cità circustante continuamente andava predicando, e in esse maravigliosa fama e divozione se avia vendicata. Unde successe che, trovandosi ad Aversa, per una mirabile cosa gli fu mostrato un corpo de un notivole cavaliero, da longhissimi anni passato, ad un monasterio de fra' predicatori; il quale, o per esser stato ben conservato, o fuorsi per buon temperamento che quel corpo avesse ne la sua vita, o che pur altro ne fusse stato accagione, era sì intero e saldo, che non sulamente ogn'osso stava al suo debito seggio collocato, ma la pelle in maniera immaculata, che, toccando la testa, la postrema parte del corpo si sarebbe mossa. Messere lo frate, che ben avea a tutto rimirato, de posser avere alcun membro de detto corpo subito imaginosse, a ciò che con quello, sotto nome de reliquia, e centinaia e migliaia de ducati [2] cavar ne potesse, e de quelli non sulo poltronizzare, ma per posser, como sogliono, pervenire mediante quelli ad alcun grado de prelatura. E se ben se rimirasse intorno, si vedrebbe quanti ne son devenuti gran prelati a le spese de' miseri e sciocchi seculari, deventando questo de l'eresia inquisitore, quell'altro de la cruciata collettore [3]: taccio de alcuni, che con bulle apostoliche, o vere o false che siano, remettono i peccati [4] e per forza de moneta collocano ciascuno in paradiso, empiendosi a torto e a deritto le budelle de fiorini, ancora che da loro santissime regule espressamente gli sia proibito.

Tornando adunque al nostro fra Ieronimo, fatto ebbe il pensieri, e subornato il sacrestano del luoco, ancora che dominichino [5] fusse stato, col favore del priore de Santa Croce, il braccio con la destra mano del ditto corpo ottenne, in la quale non sulamente la pelle e alcuni pelucci si vedeano, ma ancora le unghie sì polite e salde, che quasi de uomo vivo si mostravano. E per non dare indugio al fatto, posta messere lo frate la santa reliquia in più viluppi fasciata con zendato [6] e suavi odori dintro una cassetta, de quinci partirsi se dispuose; e retornato in Napoli, trovato il suo fido compagno, non meno sofficiente artista de lui, fra Mariano da Saona nominato, e fra loro concluso de andarsene in Calabria, provincia da grossa e inculta gente abitata, per posser ivi i lor ferri adoperare, supra de tal partito se firmarono.

Fra Mariano, travestitose per cauta via in frate de san Dominico, se ne andò al porto per trovar passaggio in Calabria; da l'altra parte fra Ieronimo con tre altri suoi compagni carichi de bisazze a' maritimi liti se condusse. Dove per sorte trovato un ligno de mantioti [7], che in quello già partir volea, e in esso tutti montati, poco amici e l'un da l'altri seperati mostrandosi, non altramente che i barri in le fere fanno o talvolta quando in alcuno albergo de camino arrivano, e cossi ordenati, dati i remi i marinari in acqua e spiegate le vele a' venti, a lor viaggio se drizzorno. Ed essendo non multo lontani a Carpi [8], subito diserrò loro un gruppo adosso sì fiero e periculoso, che per argomento marinaresco non possendose a quello reparare, ad una picciola spiaggia vicina a Surrento quasi per perduti a lor mal grato andar gli convenne; dove con difficultà non piccola tirato il ligno in terra, sagliti tutti e inviati a la cità, quivi, fin che 'l tempo se acconciasse, dimorar diliberarno. Cossi tra gli altri il nostro fra Ieronimo con suoi compagni a luoco de' frati conventuali andatosene, anche fra Mariano, dominichino devenuto, con gli altri seculari ne l'albergo si collocoe. Dove cognosciuto che 'l turbato mare non era da presto abonazzarse, se dispuose il valente frate, per non perdere tempo, quivi la prima esperienzia de la sua falsa reliquia demostrare; recandosi massimamente ne le sue contrate aver già sentito che la ditta cità de Surrento tra l'altre del reame era, ultre la sua nobiltà, antiquissima, e per quello i citadini tenere ancora de quella grossa rugine degli antiqui, e con loro possergli facilmente, non meno che in Calabria, il suo diliberato disigno reuscire.

E donato de ciò occultamente aviso al suo fra Mariano, essendo la sequente matina domenica, mandò il guardiano del convento a pronunciare a l'arcivescovo, che lui con la sua benedizione intendea fare una divota predica la sequente matina a la chiesa maiore; e per tanto che 'l fesse intimare dentro e fore la cità li supplicava, a ciò che venendoce quella quantità de populo e con tanta divozione quanto li fusse visto sofficiente, avesse ad onore e laude de Dio loro mostrata una santa reliquia, e la più divota che in lor tempi avessero veduta. L'arcivescovo, che lui anche era degli antiquissimi surrentini, donata a tutto indubia fede, e mandata subito la escomunica non sulamente per la cità ma per tutto il circustante contado, che ognuno per la ditta accagione divotamente ad udir la predica e veder la reliquia se conducesse, che per un servo de Dio al populo surrentino mostrar si dovea, e divulgata finalmente la novella per tutto il paese, concursero la matina in chiesa tanta gente, che la mità appena vi capea. E venuta l'ora del predicare, fra Ieronimo, da multi frati con loro solite cerimonie accompagnato, montato in pergolo, e supra le opere de la misericordia e de la santa elemosina fatta una longa diceria, quando tempo gli parve, discopertose il capo, e in tal modo a parlare incominciò:
«Reverendissimo monsignore, e vui altri gentiluomini e donne, patri e matre miei in Cristo Iesù, io non dubito abbiate avuta noticia del mio predicare in Napoli, dove la Dio mercé e non per mei meriti e vertù, ho avuta de continuo singulare audenzia. Udendo la fama de questa vostra nobilissima cità e la umanità e divozione de' citadini, con la bellezza del paese insiemi, me deliberai più volte venire a pronunciare la parola de Dio, e godere alquanto con vui de questo vostro gracioso aere, quale in verità indico esser multo conforme a la mia complessione. Venutami poi una ubedienzia [9] dal nostre patre vicario generale, ch'io dovesse andare subito in Calabria, per pigliare alcuni luochi [10] in certe cità ne aveano chiamati, me fu necessario torzere il camino per andare ove m'era già ordenato. Unde, como credo sappiate, trovandone col nostro ligno in questo vostro golfo, e da contrarci venti e tempestosi mari combattuti, contra ogne forza e voluntà de' marinari, arrivammo qui quasi per perduti. Quale venuta estimo non sia per contrarietà de' venti causata, ma per divina operazione del mio Creatore, che ha voluto in parte al mio disiderio satisfare; e a tal che vui anche siate partìcipi de ditta gracia, vi voglio mostrare per augmento de vostra divozione una mirabile reliquia, cioè un braccio con la mano destra intera de quello eccellente e glorioso cancellero del nostro Iesù Cristo messere san Luca evangelista, quale il patriarca de Costantinopoli al nostro patre vicario la donoe, e lui la manda per me in Calabria per la ragione preditta, imperò che in tal provincia non fu mai corpo né membro d'alcun santo. Per tanto, brigata mia, che Idio ve benedica, ognuno con divozione si tragga il capuccio a vedere questo tesoro, che isso Idio più per miraculo che per mia operazione de vedere vi ha concesso; notificandovi in prima ch'io ho una bolla da nostro signore il papa, per la quale concede grandissime indulgenzie e remissioni de peccati a qualunque a ditta reliquia farà qualche elimosina secundo la sua possibilitate, a tal che, de quelle se ne raduna, e se ne faccia un tabernaculo d'argento con alcune gioie ligate, como conviensi a tanta eccelsa cosa».

E questo ditto, cavatasi da la manica una bolla a suo modo contraffatta, gli fu da tutti, senza altramente leggerla, donata grandissima fede; e cossi ciascuno s'appressava per volere la sua elimosina offerire, ancora che 'l potere fusse multo estremo. Fra Ieronimo, la sua composta favola ordenatamente pronunciata, fattasi dar la cassetta da' suoi compagni ov'era il santo braccio, e fatte allumare de multo torce, inginocchiatosi, e con gran riverenzia in mano tenendola, divotamente coll'occhi pieni de lacrime basciato prima l'urlo de la cassetta, ove la sua reliquia retinea, voltatosi a li compagni, una divota laude de san Luca pontificalmente cantarno. E veduto finalmente tutto il populo stare ammirato, aperta la cassetta, da la quale usciuto mirabile odore, rimossi li viluppi del zendato, e prisa la reliquia e discoperta la mano con uno poco del braccio, cossì disse:
«Questa è quella felice e santa mano del fidelissimo secretario del Figliol de Dio! Questa è quella beata mano, quale non sulo scrisse tante eccellenzie de la gloriosa Vergine Maria, ma anche la sua figura più volte in propria forma retrasse [11]!».

E volendo procedere a ricontar le lode de ditto santo, ecco da l'un canto de la chiesa fra Mariano da Saona col suo nuovo abito dominichino, e con grandissima importunità fattosi far luoco, con alte voce sgridando verso il suo fra Ieronimo, in cotal forma cominciò a parlare:
«O vile ribaldo, poltrone, ingannatore de Dio e degli uomini, non hai tu vergogna a dire sì grande ed enorme bugia, che questo sia il braccio de san Luca, atteso ch'io so del certo che 'l sacratissimo corpo è a Padua tutto intero? Ma questo osso marcio lo divi tu aver tratto da qualche sepoltura per ingannare altrui. Io mi maraviglio grandemente de monsignore e de quest'altri venerabili patri chierici, che te dovriano lapidare, como sì digno».

L'arcivescovo e tutto il populo, de tal novità non poco ammirati, le sue parole remordendo, gli diceano che tacesse; né lui con tutto ciò del gridar se arrestava, anzi, che tuttavia più fervente si mostrava a persuadere al populo che non gli credesse. Mentre che in tali termini stava la cosa, parendo a fra Ieronimo tempo far lo pensato e ficto miraculo, mostratosi alquanto turbato, posto con la mano silenzio al populo che continuo murmurava, e visto brevemente ognuno attento a ciò che dir volea, rivoltosi verso l'altar maggiore, ove una imagine del crocefisso stava, e a quello inginocchiatosi, con multe lacrime cossì prise a dire:
«O Signore mio Iesù Cristo, redentore de la umana gente, Dio e uomo, tu che me hai plasmato e fatto a la tua imagine e qui me hai condutto, per li meriti del tuo gloriosissimo corpo e per quella tua immaculata carne umana, e per la amarissima passione ne redemisti, io te supplico anche per le mirabile stimate che donasti al nostro serafico Francesco, te piaccia mostrare evidente miraculo, in presenzia de questo divotissimo populo, de questo valente frate, quale, como inimico ed emulo de nostra religione, è venuto a remproverare la mia verità; per modo tale che s'io dico la bugia, mandarne subito la tua ira adosso, e fammi qui de presente morire; e s'io dico la verità, che questo sia il vero braccio de messere san Luca, tuo dignissimo cancellero, Signor mio, non per vendetta ma per chiarezza de la verità, manda la tua sentenzia supra de lui, per modo tale che, volendo, né con lingua né con mani possa dire la colpa sua».

Non ebbe appena fra Ieronimo la sua scongiura fornita, quando fra Mariano subito, como già preposto aveano, cominciò a torcerse tutto de mano e de piedi, e urlare forte, e balbuziare con la lingua senza mandar fuora una sula paruola, e con gli occhi travolti e bocca torta e ogne membro attratto mostrandosi, abandonatamente a l'anderietro cascar si lascioe. Veduto il manifesto miraculo per quanti in chiesa dimoravano, generalmente fu in maniera per tutti gridato misericordia, che, essendo tronato, appena quivi si sarebbe sentito. Fra Ieronimo, vedendo il populo a suo modo adescato, e per più accenderlo e fare che l'inganno fusse compito, cominciò a gridare forte:
«Laudato Idio! Scilenzio, brigata mia!».

Ed essendo per lo suo dire ognuno quietato, fatto pigliare fra Mariano, quale per sembianti parea morto, e collocare dinanzi l'altare, cossi a parlare incominciò:
«Signori gentiluomini e donne, e vui tutti altri contadini, io vi priego per vertù de la santa passione de Cristo, che ognuno si inginocchi e divotamente dica un paternostro a riverenzia de messer san Luca; per li meriti del quale Idio retorni non sulo questo poveretto in vita, ma gli perduti membri e la amissa favella gli restituisca, a tal che la sua anima non vada in eterna perdizione».

Né più tosto il comandamento fatto, postosi ciascuno ad adorare, lui de l'altra banda del pergolo sciso, e priso un coltellino e raso un poco de l'unghia de la miraculosa mano, e postola in un bicchiero d'acqua beneditta e aperta la bocca de fra Mariano, quel preziosissimo liquore in gola gli gittoe, dicendo:
«Io te comando in vertù del Spirito Santo che de continente te levi su e retorni a la pristina sanità».
Fra Mariano, che con grandissima difficultà avea insino a quell'ora tenute le rise, avendo recevuto il beverone, e a l'ultimo sentito il ficto percanto [12], subito in piè levatosi, aperti gli occhi, tutto stordito cominciò a gridare: «Iesù! Iesù!». Unde vedute le brigate quest'altro manifesto miraculo, ciascuno territo e stupefatto «Iesù! Iesù!» similmente chiamava, e cui a sonar le campane correa, e cui a basciare e toccar li panni del predicatore, tal che ciascuna parea sì de divozione compunto, che credea che l'ultimo e general iudicio fusse venuto.

Fra Ieronimo, che adimpir volea quello che ivi l'avia condutto, con difficultà non piccola in sul pergolo remontato, comandò che la reliquia dinanzi l'altare fusse collocata, dintorno a la quale tutt'i suoi compagni fece assettare, cui con torce in mano accese, cui a far fare luoco affaticati, a tal che ognuno senza impedimento orare e offerire al santo braccio a suo piacere potesse. Ove ultre la multa quantità de moneta, che con la maior calca che fusse vista mai vi fu offerta, vi fumo tali donne da sfrenata carità assaglite, che da dosso se spiccavano e perle ed argento ed altre gioie, e le offerivano al santo evangelista. E cossì tutto quel giorno tenuta discoperta la santa reliquia, e parendo tempo a lo frate de retornarsi a casa con la già fatta preda, dato un cauto signo a' compagni, e quelli destramente aviluppato ogne cosa insiemi col braccio dintro la cassetta, tutti de brigata verso il convento se aviorno. Il frate, non men che santo generalmente estimato e riverito, fu da l'arcivescovo e da tutto il populo insino a casa onorevilmente accompagnato; e fatti redurre fra Ieronimo ed autenticare i due notivoli miraculi in pubblica forma, la seguente matina, veduto il tempo atto al partire, col non piccolo fatto guadagno, col suo fra Mariano e l'altri compagni nel loro ligno se imbarcorno. E con prospero vento navigando, in brevi giorni in Calabria arrivati, dove con nuove e diverse manere de inganni impietese ben le tasche de moneta, traversato ultimamente dentro e fuori Italia, e col favore del miracoloso braccio de lor innumerabili inganni ricchissimi, a Spoleto se ne retornorno. Dove parendo loro stare in sul securo, fra Ieronimo per mezzo d'un signor cardinale comparatose un vescovato non per simonia ma, secundo lor nuova intelligenzia, per procurazione, e quivi insiemi col suo fra Mariano poltronizzando, fin che vissero, buon tempo se donarono.

[1] Giacomo di Borbone, marito (1415) di Giovanna II di Napoli.

[2] Monete d'oro o di argento.

[3] Raccoglitore delle elemosine che venivano offerte dai fedeli per finanziare la crociata contro i turchi.

[4] Accenno alla pratica della vendita delle indulgenze.

[5] Domenicano.

[6] Drappo sottilissimo o velo, in genere di seta.

[7] Abitanti di Amantea (o Mantìa), località calabrese sulla costa tirrenica.

[8] Capri.

[9] Obbedienza era detto l'ordine impartito ai frati minori dai loro superiori.

[10] Riferimento alla fondazione di conventi.

[11] Ritrasse.

[12] Finto canto liturgico, eseguito sino alla fine.

© 2000
Reti Medievali
Ultimo aggiornamento: 01/03/2006