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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > IV, 3 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia3. La coscienza del profetaNella tempestosa vicenda di cui è protagonista Gerolamo Savonarola non sono importanti solo le sue prediche — infiammate sul piano politico, molto tradizionali sul piano religioso —, spesso riportate dagli ascoltatori e pubblicate mentre il frate era ancora in vita. È molto interessante, invece, vedere anche con quali tempi, secondo la descrizione che ne dà lo stesso Savonarola, egli muta l'accento e i modi della sua predicazione, a mano a mano che riconosce e sente crescere in sé la coscienza di essere chiamato a una missione profetica. Fonte: G. SAVONAROLA, Compendio di rivelazioni, a cura di A. Crucitti, Roma, A. Belardetti, 1974, pp. 8-23. Vedendo lo onnipotente Dio multiplicare li peccati della Italia, massime ne li capi così ecclesiastici come seculari, non potendo più sostenere, determinò purgare la Chiesa sua per uno gran flagello. E perché, come è scritto in Amos profeta, «non faciet Dominus Deus verbum, nisi revelaverit secretum suum ad servos suos prophetas» [1], volse per la salute de li suoi eletti, acciocché innanzi al flagello si preparassino a sufferire, che nella Italia questo flagello fussi prenunziato; e essendo Firenze in mezzo la Italia come il core in mezzo il corpo, s'è dignato di eleggere questa città nella quale siano tale cose prenunziate, acciocché per lei si sparghino nelli altri luoghi, come per esperienza vediamo esser fatto al presente. Avendo dunque tra gli altri suoi servi eletto me indegno e inutile a questo officio, mi fece venire a Firenze per commissione de' miei superiori l'anno 1489, nel quale anno cominciai a esporre pubblicamente al populo lo Apocalissi in Santo Marco nostro el primo dì di agosto, che fu in domenica. E predicando tutto quello anno in Firenze, tre cose continuamente proposi al populo: la prima, che la Chiesa se aveva a renovare in questi tempi; la seconda, che innanzi a questa renovazione Dio darebbe un grande flagello a tutta la Italia; la terzia, che queste cose sarebbono presto. E queste tre conclusioni mi sforzai sempre di provarle con ragione probabile e figure delle Scritture e altre similitudine ovvero parabole fondate sopra quello che si vede al presente nella Chiesa, non dichiarando loro che io avessi queste cose per altra via che per queste ragione, perché non mi parevono ancora dispositi al credere. Da poi, procedendo più oltre gli anni sequenti e vedendo migliore disposizione negli uomini al credere, produssi qualche volta fuori alcuna visione, non dicendo però che visione fussi, ma proponendola per modo di parabola. Da poi, vedendo la gran contradizione e derisione che io avevo quasi da ogni generazione di uomini, molte volte come pusillanime mi proponevo di predicare altre cose che quelle; e non lo potevo fare, perché ogni altra cosa che io leggevo o studiavo mi veniva a noia e, quando la volevo predicare, tanto mi dispiaceva, che io etiam venivo a noia a me medesimo. E ricordomi che la prima quadragesima che io predicai in Firenze in Santa Reparata nel 1490, avendo già composta la predicazione della domenica seconda, la quale pure era di tale materia, deliberai di lasciarla e di non predicare più di tale cose. Testimonio mi è Dio di questo, che tutto il giorno del sabato e tutta la notte vigilai, infino alla mattina della domenica, e non potetti mai volgermi ad altro, tanto mi fu serrato ogni passo e tolta ogni altra dottrina eccetta quella; e senti' la mattina, essendo per la lunga vigilia molto lasso, dirmi: - Stolto, non vedi tu che la voluntà di Dio è che tu predichi in questo modo? -. E così quella mattina feci una spaventosa predicazione. E sanno quelli che continuamente mi hanno udito quanto le Scritture, le quale ho prese a esporre, siano sempre venute a proposito di questi tempi; e tra le altre cose una ne è stata più maravigliosa alli uomini di grande ingegno e dottrina: che, avendo io cominciato a predicare sopra el Genesi nel 1491 e avendo continuato insino al 1494 per tutti gli avventi e le quadragesime (eccetta una, nella quale predicai a Bologna) e sempre ricominciando a quello punto del testo del Genesi dove io avevo lasciato o lo avvento o la quadragesima precedente e continuando sempre la esposizione di esso testo, non pote' mai aggiugnere al diluvio se non quando cominciarono queste tribulazione, ita che tutto lo avvento e tutta la quadragesima del 1494 consumai nel misterio della fabbricazione della arca di Noè, e appunto lasciai le predicazione in quel loco dove dice la Scrittura: «Cenacula et tristega facies in ea» [2]; e di poi ricominciando a predicare di settembre, el dì di santo Matteo apostolo, e proponendo el testo dove io avevo lasciato, cioè: «Ecce ego adducam aquas diluvii super terram» [3], eccetera, sapendo già pubblicamente che el Re di Francia [4] con le sue gente era intrato in Italia, subito a queste parole del Genesi molti, sbigottiti, confessorono questa lezione del Genesi essere stata di mano in mano così condutta per occulto instinto di Dio. Tra e' quali uno fu el conte Ioanni della Mirandola [5], uomo di dottrina e d'ingegno nella nostra età singolare; el quale poi mi disse che a quelle parole tutto si sentì commuovere e arricciarsi e' capelli. Ritornando dunque al proposito nostro, dico che queste cose future per la indisposizione del populo le prenunziavo in quelli primi anni con le probazione delle Scritture e con ragione e diverse similitudine. Di poi cominciai a allargarmi e dimostrare che queste cose future io avevo per altro lume che per sola intelligenzia delle Scritture; e di poi ancora cominciai più a allargarmi a venire alle parole formale a me inspirate da cielo, e tra le altre spesso replicavo queste: «Haec dicit Dominus Deus: Gladius Domini super terram cito et velociter» [6]. E un'altra volta: «Haec dicit Dominus Deus: Gaudete et exultate, iusti; verumtamen parate animas vestras ad tentationem lectione, meditatione et oratione: et liberabimini a morte secunda. Et vos, o servi nequam, qui in sordibus estis, sordescite adhuc; venter vester impleatur mero, renes vestri dissolvantur luxuria, et manus vestrae sanguine pauperum polluantur: haec enim est pars vestra et haec sors. Sed scitote quia corpora vestra et animae vestrae in manu mea sunt et post breve tempus corpora vestra flagellis conterentur, animas autem vestras igni perpetuo tradam» [7]. Le quale parole non sono cavate dalle Sacre Scritture, come credevano alcuni, ma sono pure nuovamente venute da cielo. E perché in una visione sono molte parole, delle quale parte ne dissi pubblicamente benché la visione celassi, acciocché la non fussi derisa dalli increduli, mi è parso necessario questa sola descrivere, acciocché s'intenda con che ordine furono dette le parole le quale pubblicamente recitai. […] Di poi dissi, ancora illuminato da Dio, che passerebbe gli monti uno a similitudine di Ciro [8]. […] E dissi che la Italia non si confidasse né in rocche né in fortezze, perché lui le piglierebbe con le meluzze, idest senza difficultà. Dissi a' Fiorentini (intendendo io massimamente di quegli che governavano a quel tempo) che loro piglierebbono el consiglio al contrario, idest che e' s'accosterebbono con quello che doveva esser perdente; dissi che sarebbon come ebrii e che e' perderebbono ogni consiglio. Le quale cose loro non credevano etiam quando le cominciavono ad approssimarsi e io dicevo che la sapienzia umana gli ingannerebbe. Io lascio stare le cose particulare, le quale non dissi in pubblico per non generare scandalo, ma io le dissi a certi miei familiari, come fu il tempo determinato della morte di Innocenzio VIII e di Lorenzo de' Medici [9] e la revoluzione del stato di Firenze, la quale dissi che sarebbe quando il Re di Francia sarebbe in Pisa; e simile altre cose particulare, le quale, perché io non dissi in pubblico, forse non sarebbe creduto che io le avessi dette, scrivendole al presente. Appropinquandosi poi el Re di Francia e la revoluzione del stato fiorentino, benché io avessi visto sopra della città di Firenze la spada e molto sangue sparso, pur, considerando che Dio la avea eletta a udir prenunziare tutte queste cose, mi venne grande speranza che questa profezia fussi condizionata e che, se loro facevano penitenzia, Dio li perdonerebbe almeno in parte. E el primo dì di novembre, idest el dì di Ogni Santi con li due dì sequenti, come sa tutto il popolo, tanto esclamai in pergamo che quasi io mi infermai; e feci imporre digiuni per tutta la terra a pane e acqua e fare molte orazione, spesso esclamando forte queste parole, le quale vengono da quel medesimo fonte che l'altre dette di sopra, videlicet: «O Italia, propter peccata tua venient tibi adversa. O Florentia, propter peccata tua venient tibi adversa. O clerica, propter te orta est haec tempestas» [10], dicendo e replicando che la Italia andrebbe sottosopra, e spezialmente la città di Roma, esclamando etiam e dicendo: «O nobiles, o sapientes, o plebei, manus Domini valida super vos, cui nec potentia nec sapientia nec fuga resistere poterit. Propter expectavit vos Dominus, ut misereatur vestri. Convertimini ergo ad Dominum Deum vestrum in toto corde vestro, quia benignus et misericors est. Quod si nolueritis, avertet oculos a vobis in perpetuum» [11]. [ … ] Di poi seguitando le predicazione, dissi che li Fiorentini avevano ancora a passare molte acque e che arebbono dell'altre tribulazione, e che la Italia, e spezialmente Roma, anderiano sottosopra (non dicendo però mai né da chi né quando né in che modo), e che li prelati della chiesa e li principi della Italia non hanno altro remedio che la penitenzia, e che questo è solo e unico remedio. […] E dissi che uno barbiero non potria radere tutta la Italia e che ne verranno delli altri: così sarà senza dubbio; dicendo etiam molte altre cose, le quale non sono fuori della sentenzia delle precedente, dato che alcuna volta mutassi le parole, eccetto questo, che io prenunziai la conversione delli infedeli, cioè de' Turchi e de' Mori, che ella aveva a essere in questo tempo, dicendo così: «Sunt multi de hic stantibus, qui haec videbunt» [12]. E di questo fui illuminato grande tempo innanzi. Onde nel 1492, predicando in Santo Lorenzo in Firenze la quadragesima, vidi la notte del venere santo due croce: prima una nera in mezzo Roma, el capo della quale toccava el cielo e estendeva le braccia per tutta la terra, sopra la quale erano scritte queste parole: Crux irae Dei. La quale poi che ebbi vista, subito vidi conturbare el tempo e volare nugoli per aria, trarre venti e fulguri e saette, e piovere gragnuola, fuochi e spade, e ammazzare grande multitudine di gente, ita che pochi rimaseno in terra; e dopo questo venne un tempo molto sereno e chiaro, e vidi un'altra croce di oro della grandezza della prima sopra Ierusalem, la quale era tanto risplendente che illustrava tutto el mondo e facevalo tutto fiorire e rallegrare; e sopra di lei era scritto: Crux misericordiae. E vedevo tutte le generazione delli uomini e delle donne da tutte le parte del mondo venire a adorarla e abbracciarla. E a questo medesimo proposito molte altre visione ho avuto molto più chiare di questa, così come anche di molte altre cose che io ho predette, massime della revoluzione della Chiesa e del flagello, sono stato confermato per molte visione e certissime illuminazione avute in diversi tempi. E dissi ancora che la città di Firenze si aveva a reformare e che questo era la voluntà di Dio e che e' bisognava che così facessino, e che faccendolo lei sarebbe più gloriosa, più potente e più ricca che la fusse mai. E che questo fusse la voluntà di Dio hallo dimostro gli effetti. [1] «Non fa il Signore cosa alcuna senza rivelare il suo disegno ai suoi servi, i profeti». [2] «Farai i piani in essa; quelli che sono al di sotto». [3] «Ed io, eccomi, farò venire le acque del diluvio». [4] Carlo VIII. [5] Giovanni Pico conte della Mirandola, filosofo ed erudito, umanista (1463-1494). [6] «Queste cose dice il Signore Iddio: la spada del Signore (verrà) sulla terra presto e in fretta». [7] «Queste cose dice il Signore Iddio: Godete ed esultate, voi che siete giusti; in verità preparate le vostre anime alla tentazione con la lettura della Bibbia, la meditazione e la preghiera: ed io vi libererò dalla morte dell'anima. E voi, o servi iniqui, che siete immersi nella sozzura, divenite ancora più sporchi; il vostro ventre si riempia di vino, le vostre reni si dissolvano per la lussuria, e le vostre mani grondino di sangue dei poveri: questa è la vostra parte e ciò che vi tocca in sorte. Ma sappiate che i vostri corpi e le vostre anime sono nelle mie mani e dopo breve tempo i vostri corpi saranno stritolati dai flagelli, mentre le vostre anime le manderò nel fuoco eterno». [8] Ciro II di Anzan, detto il grande, imperatore della Persia (morto nel 529 a.C.). [9] Il papa e il signore di Firenze morirono entrambi nel 1492. [10] «Vale a dire: "O Italia, per i i tuoi peccati ti giungeranno le avversità. O Firenze, per i tuoi peccati ti giungeranno le avversità. O chierici, per causa vostra è insorta questa tempesta"». [11] «O nobili, o sapienti, o plebei, la potente mano del Signore è sopra di voi, e ad essa non potrete resistere né con la potenza né con la sapienza né con la fuga. Pertanto il Signore vi aspetterà, per avere misericordia di voi. Convertitevi, dunque, al Signore dio vostro con tutto íl vostro cuore, perché è benigno e misericordioso. E se non vorrete farlo, egli distoglierà i suoi occhi da voi per sempre». [12] «Vi sono molti dei presenti che vedranno queste cose». |
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