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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia

11. L'ignoranza del clero e una proposta di riforma

Nel 1513, mentre a Roma è radunato il quinto concilio del Laterano, due patrizi veneziani, Paolo Giustiniani e Vincenzo Quirini, inviano al papa un Libellus ad Leonem X, in cui non si limitano ad analizzare i mali che affliggevano allora la chiesa, ma avanzano precise proposte di riforma. Nel Libellus non solo si propone di tradurre la Bibbia negli idiomi nazionali, ma anche di formare lo stesso clero, secolare e regolare, non più sulla teologia scolastica, bensì sulle pagine della Scrittura, dei Padri della chiesa e dei concili: con questa adeguata formazione religiosa e teologica potrà attendere a quella assidua e regolare predicazione ai laici, che i tempi richiedono.

Fonte: Libellus ad Leonem X, in J. B. MITTARELLI - A. COSTADONI, «Annales Camaldulense», IX, Venezia, 1773; tradotto in M. MARCOCCHI, La riforma cattolica. Documenti e testimonianze, I, Brescia, Morcelliana, 1967, pp. 471-73.


La ignoranza nel clero secolare e regolare.


[…] Troverai molte migliaia di religiosi che non sanno né leggere né scrivere decentemente. Nella tanto numerosa famiglia dei religiosi, appena il due per cento o il dieci per mille ha imparato la lingua latina così da poter pienamente capire i testi che legge ogni giorno nelle chiese. Tra costoro che capiscono il latino pochissimi sono quelli che hanno progredito sulla via della dottrina e della scienza. Tra i pochissimi che sembrano in qualche modo dedicarsi allo studio delle lettere (raro è senza dubbio colui che non abbracciò le menzogne dei poeti o l'empietà dei filosofi piuttosto che la religione cristiana), tra i rarissimi che seguono come vera e sola filosofia la dottrina cristiana, a stento troverai uno o due che non seguano i vacui argomenti dei più recenti scrittori e le suggestioni delle rivalità e degli odi, piuttosto che gli antichi testi delle Sacre Scritture e dei Padri, che non siano occupati da futili problemi, per niente fruttuosi, piuttosto che dalla lettura dei santi Evangeli, che infine non seguano quella vana dialettica che gonfia e rende superbi, piuttosto che la santa e pura dottrina delle Sacre Scritture che infiamma e rende umili. E se forse potrai trovare qualcuno siffatto, ti accorgerai con evidenza che nessuno ha così progredito che tu possa paragonarlo con quei Padri più antichi dei quali fu ricca nei secoli passati la chiesa greca e latina. Essendo così profonda la ignoranza dei religiosi, si può facilmente dedurre quanto grande debba considerarsi la incultura degli altri uomini, onde conviene assai rammaricarsi, meno in verità stupirsi, se molti errori, moltissime false opinioni lontane dalla verità cristiana e molti principi contrari alla religione, soggiogano interamente codesti uomini ed il popolo cristiano e li conducono in modo miserevole attraverso la cecità dell'ignoranza alla miseria delle tenebre eterne. Mentre infatti il volgo cieco segue i religiosi ciechi, accade ciò che fu detto dal Signore nel Vangelo, che ambedue insieme precipitino nella fossa della eterna perdizione e miseria. […]

Gioverà, per curare o mitigare questo tanto grave e ampiamente diffuso male dell'ignoranza che, per tuo ordine, nessuno assuma l'abito monacale o acceda ai sacri ordini se non conosca il latino così da capire bene ciò che si legge nelle chiese, e se non abbia letto almeno una volta le Sacre Scritture, il Vecchio Testamento naturalmente ed il Nuovo. Infatti è vergognoso e sconveniente che nella Chiesa di Dio molti religiosi e molti sacerdoti non abbiano mai letto la sacra storia dell'Evangelo, che è assai breve, pur avendo ben letto tuttavia molte favole e moltissime cose futili. Gioverà che nessuno, come secolare o regolare, riceva il sacro carattere sacerdotale, se non è almeno decentemente istruito nella Sacra Scrittura, nelle opere dei santi dottori, naturalmente di Gregorio, Ambrogio, Agostino, Girolamo e di altri, e che nessuno sia promosso alla cura delle anime o alla dignità episcopale se non è trovato non tanto esperto quanto bene istruito nella Sacra Scrittura e nei sacri canoni. Infatti è assai vergognoso chiamare alla cura di anime fiacche uno che ignori l'arte con la quale possano essere curate. Ciò sarà fatto più facilmente, se a nessuno, che prenderà l'abito religioso e seguirà la regola di qualche sacro ordine, sia ulteriormente consentito di attendere alle discipline profane all'infuori che per apprendere i rudimenti della lingua. Gioverà se i sacerdoti, aventi cura d'anime, saranno costretti a presentare ogni domenica con la predicazione o l'insegnamento ai popoli e al gregge loro affidato il Decalogo, gli articoli di fede, il Simbolo, il Padre nostro e altre cose intorno al Vangelo e alle Lettere degli apostoli relative alla salvezza, e se ascolterà le confessioni dei peccati e predicherà la parola di Dio, solo colui che si sarà dedicato allo studio dei sacri canoni e della teologia e sarà stato approvato.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006