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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia

12. Il decreto sulla predicazione del quinto concilio del Laterano (1516)

Nel corso della XI sessione del quinto concilio del Laterano, il 19 dicembre 1516, venne emanato un lunghissimo decreto, redatto in un latino che tradisce la mano degli umanisti attirati in curia da Leone X. In esso si proibisce la predicazione di coloro che annunciavano la nascita dell'Anticristo e la prossimità della fine del mondo, e si decide di sottomettere vaticini e profezie al controllo dell'autorità ecclesiastica. Tenendo conto degli innegabili risvolti politici di questo tipo di predicazione — il papa apparteneva alla famiglia dei Medici e ben conosceva le vicende savonaroliane ed il loro peso sulla realtà fiorentina — si vietano anche le pubbliche denunce dirette contro la corruzione del clero.

Fonte: Conciliorum Oecumenicorum decreta cit., pp. 610-14. La traduzione è mia.


Circa il modo di predicare.


Leone vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetuo ricordo del fatto, con l'approvazione del sacro concilio.


Dovendo noi, con l'aiuto della maestà divina, dalla cui ineffabile provvidenza tutte le cose in cielo ed in terra insieme vengono governate, esercitare il compito di custode sopra il gregge del Signore, che ci è stato affidato, almeno per quanto può la nostra debolezza, abbiamo riflettuto tra noi, con tutta la nostra mente, che, tra gli altri numerosi ed importanti compiti tocca a noi far sì che venga esercitato l'ufficio della predicazione, che nella chiesa di Dio è importantissimo ed estremamente necessario, di grande giovamento ed utilità, purché lo si eserciti correttamente e con sincero amore verso Dio e verso il prossimo, e sulla base dei precetti e degli esempi dei santi Padri i quali, professando questi stessi precetti, molto giovarono alla chiesa con il fondamento e la propagazione della fede.

Così infatti il nostro redentore per primo «fece ed insegnò», ed in base al suo precetto ed a sua imitazione quel numero di dodici apostoli, quasi altrettanti «cieli che narrano la gloria del vero Dio» per tutto il mondo, sottraendo alle tenebre, in cui giaceva, il genere umano, che era rinchiuso «sotto il giogo del peccato da una antica schiavitù», e spingendolo verso la luce della perpetua salvezza, essi stessi dapprima, e quindi i loro successori, propagarono in lungo ed in largo la «stessa parola in ogni terra sino ai confini del mondo» e la rafforzarono profondamente; cosicché coloro che ora si addossano un sì grande onere devono ricordare, e frequentemente rimeditare tra sé, che, per quanto riguarda questo compito, essi si addossano e sostengono le veci, oltre che dello stesso autore e fondatore Gesù Cristo, misericordiosissimo redentore, anche di Pietro e di Paolo e degli altri apostoli e discepoli del Signore.

Ma in verità abbiamo appreso dalla relazione di persone degne di fede che numerosi predicatori nei nostri tempi (e ciò lo riferiamo con dolore) non attendono ad esercitare il compito di costoro che abbiamo menzionato, ed anche dei santi dottori della chiesa e degli altri che coltivano la sacra teologia, i quali, assistendo continuamente i cristiani ed opponendosi ai falsi profeti, che tentavano di sovvertire Ia giusta fede, resero chiaro che la chiesa militante, già da prima illesa, era rimasta tale grazie a loro stessi; quei predicatori, inoltre, non badano al fatto che dovrebbero scegliere per la meditazione ed il comportamento solamente ciò che è utile al popolo, che accorre alle loro prediche, per l'estirpazione dei vizi, per la lode della virtù, insomma, per la salvezza delle anime fedeli; essi, invece, predicano alle folle molte e varie cose, contrarie alle istituzioni ed agli esempi che abbiamo ricordato, e talvolta persino portatrici di scandalo; e ciò, invero, sconvolge terribilmente il nostro animo, mentre riflettiamo tra di noi che costoro, immemori del loro compito, mirando nelle loro prediche non all'utile degli ascoltatori, bensì piuttosto all'ostentazione di sé, blandiscono le stolte orecchie di alcuni, e fanno pensare che ormai si è giunti al punto che si è avverato il detto dell'apostolo, il quale così scrive a Timoteo: «Verrà un tempo in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina, ma, solleticati nell'ascoltare cose piacevoli, si circonderanno di un mucchio di dottori secondo i loro capricci e distoglieranno l'orecchio dalla verità, mentre si volgeranno a favole». E questi stessi sopraddetti predicatori non solo non tentano minimamente di riportare sulla retta via le menti erronee e stolte di costoro, ma anzi le avviluppano in errori ancora più gravi quando, senza alcun fondamento o rispetto per i canoni, anzi contro le stesse sanzioni canoniche, pervertendo il senso della Sacra Scrittura in molte parti ed interpretandolo per lo più sconsideratamente ed erroneamente, osano predicare contro la verità e, senza avere dalla loro alcuna legittima ragione, bensì seguendo soltanto la propria sensibilità malata, scagliano terrori e minacce, annunciando molte sventure che dovranno accadere tra breve e che sarebbero ormai incombenti, e le descrivono ed asseriscono che sono già in atto; insomma, osano propinare alla gente vanità, sciocchezze ed altre cose siffatte e, ciò che è ancora più grave, osano affermare di conoscerle per illuminazione dell'Eterno e per ammonizione o ispirazione dello Spirito Santo. E dal momento che costoro disseminano vari errori ed inganni con menzogne di falsi miracoli e quindi, allontanando le proprie prediche dal significato e dai precetti della chiesa universale e deviando dalle sacre costituzioni che dovrebbero soprattutto seguire, finiscono per distogliere e allontanare dalla salvezza i loro ascoltatori, che dovrebbero invece istruire assiduamente nella dottrina evangelica e trattenere e conservare nella vera fede. Infatti, per queste cause ed altre del genere, le persone più semplici, che sono anche le più inclini ad essere ingannate, allontanandosi dalla via della salvezza e dalla obbedienza alla chiesa romana, vengono indotte molto facilmente a diversi errori. Per tale motivo Gregorio [1], assai esperto di tale compito ed infiammato dall'ardore della carità, esorta con veemenza i predicatori e li ammonisce affinché si presentino cauti e prudenti nel parlare al popolo per evitare che, trascinati dall'impeto dell'eloquenza, non trafiggano con parole sbagliate, come con dardi, i cuori degli ascoltatori, e mentre forse desiderano sembrare sapienti, tratti in inganno non lacerino stoltamente l'organismo della sperata virtù. Spesso, infatti, l'effetto delle parole viene a perdersi per un modo di parlare inopportuno ed incauto, ed allora i cuori degli ascoltatori sono spinti alla leggerezza. E di fatto con nient'altro di più essi potrebbero recare danno e scandalo alla rozza plebe, di quando predicano cose che andrebbero taciute o, insegnando falsità e sciocchezze, la inducono in errore. E poiché si sa che tali cose, che sono nuove e strane, sono in tutto e per tutto contrastanti con questa sacra religione istituita da Dio, esse meritano di certo di essere sottoposte ad un serio ed accurato esame per evitare che generino lo scandalo al popolo cristiano e la morte per le anime dei loro autori e per altri ancora. Noi dunque, per quanto possiamo, con l'aiuto di Dio, desideriamo recuperare l'unità perduta, e recuperata conservarla, della santa chiesa di Dio — di cui siamo a capo per volere del Signore — che è una sola, e predica ed onora un solo Dio, e che professa fermamente e sinceramente una sola fede, secondo quel vaticinio del profeta: «Che fa abitare in una casa concorde»; e desideriamo che coloro che predicano al popolo la parola di Dio siano tali che la chiesa non abbia a patire alcuno scandalo a causa della loro predicazione. Risulta inoltre che parecchi di loro, oltre a ciò che abbiamo detto, nelle loro prediche non insegnano più nella virtù la via del Signore, né spiegano, come dovrebbero, il Vangelo, bensì ovunque cercano di inculcare e di convincere con grandi clamori finti miracoli, nuove e false profezie ed altre sciocchezze, ben poco diverse dalle favole dei vecchi, che generano grande scandalo, senza nessun fondamento di devozione e di autorità, ma si basano su chi queste cose disconosce e rifiuta, e senza mostrar riguardo neppure a coloro che godono della dignità pontificia né agli altri prelati della chiesa, ai quali dovrebbero invece portar onore e rispetto, sono invece soliti inveire con audacia e sconsideratezza contro le persone e la condizione di questi e commettere altre cose di questo genere. Pertanto, se vi sono alcuni che possano essere corretti, questi si astengano per il futuro da tutto ciò in cui hanno erroneamente creduto in questi nostri ultimissimi tempi, acciocché questo male tanto pericoloso e contagioso e questa peste mortale vengano divelti alle radici ed in questo modo tale venga così drasticamente eliminato che non ne resti neppure il ricordo. Con l'approvazione del sacro concilio abbiamo stabilito ed ordinato:
«Nessuno, sia chierico secolare o di qualunque ordine regolare, anche di mendicanti, o chiunque altro che abbia la facoltà di predicare sia per diritto che per consuetudine o privilegio o per altre ragioni, venga ammesso ad esercitare tale ufficio, se prima non sia diligentemente esaminato dal suo superiore competente (di ciò obblighiamo in coscienza lo stesso superiore) e non sia trovato a ciò adatto per integrità di costumi, età, dottrina, prudenza e vita esemplare. E costui, di questo esame e della sua capacità dovrà fornire le prove per mezzo di lettera autentica o di altro documento di chi lo ha esaminato ed approvato, ai vescovi ed agli altri ordinari dei luoghi, dove egli in seguito si recherà a predicare. Comandiamo a coloro, che si assumono questo incarico, ed a coloro che lo assumeranno in futuro, che predichino ed espongano la verità evangelica e la Sacra Scrittura secondo la dichiarazione, l'interpretazione e la spiegazione dei dottori che la chiesa o un lungo uso hanno approvato, la cui lettura è stata accolta sino ad ora e verrà mantenuta nel futuro. E non aggiungano niente che sia contrario o dissonante dal suo vero significato, ma insistano sempre su ciò che non discorda dalle parole della stessa Sacra Scrittura e dalle interpretazioni, ben comprese, dei dottori. E non presumano in alcun modo di predicare e di asserire un tempo determinato per i mali che verranno o per l'avvento dell'Anticristo, o una data sicura del giorno del giudizio, poiché colui che è la verità ha detto: «non sta a noi conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato in suo potere». E coloro, che sino ad ora hanno osato asserire simili cose, mentivano. E per colpa loro è risultata non poco sminuita la reputazione anche degli altri che predicavano correttamente. E proibiamo a tutti ed a ciascuno, ai chierici secolari ed ai regolari, e a tutti gli altri di qualunque condizione, grado ed ordine, che si assumono questo compito, di predire in seguito nelle proprie prediche pubbliche altri avvenimenti futuri, sulla base dei sacri testi, o di affermare che tali predizioni derivano loro dallo Spirito Santo o da una rivelazione divina, e di fondarsi su congetture vane e fuori luogo, e da non trattare in nessun modo. Essi devono invece, secondo il comando della voce divina, predicare «il Vangelo a tutte le creature», insegnando a detestare il vizio e raccomandando dovunque la virtù, la pace, l'amore reciproco, tanto raccomandato dal nostro Redentore. Non lacerino la veste inconsutile del Cristo; pertanto si astengano dall'attaccare con scandalosa maldicenza i vescovi, i prelati, gli altri superiori ed il loro stato, i quali essi rimproverano ed accusano di fronte al volgo ed ai laici non solo incautamente, ma anche con intemperanza, ed evitino di redarguirli in modo aperto e manifesto, indicando a chiare lettere ciò che da loro è stato fatto male. Infine abbiamo stabilito che essi debbano osservare inviolabilmente la costituzione di papa Clemente, di felice memoria, che inizia con le parole « Religiosi» [2], e che rinnoviamo ed approviamo col tenore delle presenti, cosicché, in tale modo predicando ad utilità del popolo e guadagnandolo al Signore, meritino di guadagnare quel talento, che hanno ricevuto da lui, e di conseguire la sua grazia e la sua gloria. Nel caso, poi, che il Signore riveli ad alcuni di loro avvenimenti futuri nella chiesa, per mezzo di una qualunque ispirazione, come egli stesso promette per bocca del profeta Amos — anche l'apostolo Paolo, primo tra i predicatori, dice: «non estinguete lo Spirito, non rifiutate le profezie» — non vogliamo affatto confondere costoro con la mandria degli altri mentitori ed inventori di favole, né vogliamo altrimenti ostacolarli. Infatti, la grazia dello Spirito Santo si esaurisce — ed è Ambrogio a testimoniarlo — se l'ardore di chi incomincia a parlare viene sopito mediante la contraddizione: ed in tal caso si fa certamente un oltraggio allo Spirito Santo. E poiché la questione è di grande importanza, per il fatto che non si può facilmente dar fiducia ad ogni ispirazione, ma — e l'apostolo lo conferma — si deve saggiare se tali ispirazioni provengono da Dio: pertanto stabiliamo per legge ordinaria che tali asserite ispirazioni, prima di essere rese pubbliche o predicate al popolo, vengano d'ora in poi sottoposte a giudizio mediante un esame riservato della sede apostolica. Nel caso, poi, che ciò non potesse verificarsi senza un indugio pericoloso, o che una pressante necessità imponesse di agire altrimenti, in tal caso, mantenendo lo stesso modo di procedere, lo si notifichi all'ordinario del luogo, affinché costui, con l'assistenza di tre o quattro persone di comprovata sapienza e serietà, esamini con loro accuratamente tale questione e, quando ciò sembri essere di utilità, potranno concedere l'autorizzazione: e di ciò li obblighiamo in coscienza. E se alcuni poi oseranno commettere alcunché contro qualcuna delle prescrizioni predette, stabiliamo che, oltre alle pene stabilite di diritto per tali persone, incorrano anche nella sentenza di scomunica, dalla quale non si può essere assolti se non dal romano pontefice, tranne che in punto di morte. E perché, seguendo il loro esempio, altri non osino fare simili tentativi, decretiamo che ad essi venga interdetto in perpetuo l'ufficio della predicazione; e ciò, nonostante le costituzioni, le ordinazioni, i privilegi, e gli indulti [3], le lettere apostoliche, gli ordini e le persone sopraddette, già incluse nella Mari magno[4], ed anche da noi forse approvati, rinnovati o anche concessi ex novo, ma che non vogliamo che a costoro possano giovare in alcun modo. Nulli ergo».


[Seguono le clausole confermatorie e che comminano sanzioni per coloro che osino alterare il testo].

[1] Papa Gregorio I Magno.

[2] Decreto n. 31 del concilio di Vienne (1311-1312), celebrato sotto papa Clemente.

[3] Remissione totale o parziale di una pena ecclesiastica o esenzione da un obbligo religioso.

[4] Bolla del 1474 di papa Sisto IV; così detta perché concede immensi privilegi agli ordini mendicanti.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006