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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > IV, 17 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia17. Un esempio di predicazione scritturaleNel Sommario di messer Tullio Crispoldo [1] de le prediche fatte ne la visita di Verona del MDXXX da Gian Matteo Giberti, la costruzione interna di alcune di esse rappresenta una sorta di trattato sulla predicazione evangelica. Per mostrare che cosa si intendesse per una predica, la quale prendesse come punto di riferimento principale la Scrittura, pubblichiamo una parte di quella sul libero arbitrio e la predestinazione: uno dei problemi teologici più dibattuti a livello di intellettuali ecclesiastici, perché assai vicino alle istanze di riforma religiosa sollevate oltralpe dai luterani, e passato così nella predicazione al popolo. Del testo, molto lungo, si tralascia la parte introduttiva e la trattazione del tema della grazia come dono di Dio, per riprodurre l'ultima parte, dove sono riassunti i brani biblici, in base ai quali si discute di predestinazione, e sono presentati tutti i consigli offerti dal predicatore ai fedeli come modello di vita cristiana. Fonte: P. PAVIGNANI, Tullio Crispoldi da Rieti e il suo sommario di prediche, in «Rivista di storia della chiesa in Italia», 28, 1974, pp. 557-62 (con punteggiatura qui profondamente modificata). Hora sarà bene, a consolatione d'alcuno, de respondere un poco più particolarmente ad alcuni luoghi della Scrittura, per la resposta de quali si possa respondere a tutti. Et da sapere che Dio creò l'huomo buono, et del peccato d'Adamo siamo tutti fatti cattivi, et così huomeni carnali venduti sotto il peccato: et benché vi sia resta' la mente con la quale consentimo, serviamo alla legge de Dio, non di meno, per l'imbratto del peccato originale, non possemo far così bene, che le giustizie nostre non siano simili al panno della mestruata. Da questo peccato ne libera la gratia di Dio, et non giustifica, et così quel che con essa fatiamo è ben fatto, perché è fatto da giustificati: perché giustificato vuol dire huomo che ha l'habito de giustitia per gratia et sempre. Dove usa la gratia, non può peccare, perché con la gratia non si può far se non bene, come s'alcuno dicesse: «cosa fatta con l'arte sua non può star se non bene». Ma vediamo un puoco se San Paolo, che dice esser liberato per la gratia, se esso è liberato per haver la gratia, o talmente servo, ch'esso non possa se non obedire alla gratia. Nota che chi ubedisce alla gratia non può errare. Chi non la seguita non solo può errare, ma erra. È sol da vedere se chi ha la gratia può non usarla et non obedirla: et come sopra è detto, alcuna volta è tanta gratia che l'huomo non può usarla, perché quella o opera per sé tutto o fà operare all'huomo, come ella vuole; alcuna volta non è tanta, ma si lassa operar dall'huomo. Et che questo sia, vedi San Paolo, dice: «guai a me se non evangelizo». Ma il suo merito dice essere, se di buona voglia evangelizza: ecco che esso accompagna la sua volontà con la volontà che gli ha data Dio del evangelizzare. Poi dice che l'altro suo merito è che ponga l'evangelio, senza farse fare spese, et non di meno dice che egli è libero, et che egli è apostolo, et che può vincere del evangelio se vuole, et che altrove vi è vissuto; così se trova libero d'usar la gratia più a un modo ch'a un altro. Ma vediamo se può non usarla, et esso dice, «castigo corpus meum» et cet.: ecco che egli ha paura di non usar la gratia, così dice alli spirituali: «vide me, et tu tenteris, et omnia mihi licet, sed non omnia expediunt et iam non secundum charitatem ambulas, vel scandalizas fratrem [2]» etc. San Paolo adunque, che ha la gratia et che dice: «gratia Dei sum, id quod sum [3]». Fin qui, s'addimandaste: «chi sei tu?», vi risponderebbe che egli è libero, non solo di usar la gratia più ad un che ad un altro modo, ma etiamdio de non usarla, et così de peccare: la quale è una poca buona libertà. Il medesimo, poi, quando va d'innanzi, se vede più confermare in gratia, et già, già comincia a certificarsi, perché intraviene a lui quel che a tutti, che chi son fideli nella prima gratia, hanno buon padrone che gli ne dà tuttavia più: «serve bone» et cet. Così: «bonis curibus certam facimus nostrani vocationem in usu gratie, et vocationis nostre, fit nobis eius certa possessio [4]», acciò non intravengha quel che a colui che nascose il talento. Ma è scritto: «non est hominis via eius». È certo, perché l'huomo senza gratia è venduto sotto il peccato, et l'huomo carnale, San Paulo dimanda huomo. Ma come ha la gratia, già è spirituale, et così può far ciò che vuole in bene, usando la gratia; et non usandola, entrare nell'incerto, et non bavere in potestà la vita sua, et così errare. Perché il potere errare, et non far bene, questo è non haver in potestà la vita sua. Tal è ognuno che o non ha la gratia, o non la vuole usare. In questo non l'usa, et è fuor de potestà della vita sua, perché renuntia al uso de quella cosa che lo faceva libero et potente de la vita sua. Se hai ingannato, Signore, ne ha sforzati. A questo, è risposto che si fà ciò qualche volta, ma con misericordia, come da colui che vuol tutti gli huomeni far salvi. Ecco dice: d'una medesima massa fa vasi in honore, et vasi in vituperio. Et se tu consideri che questo vasaro vuol salvarli tutti, tu intendi perché è detto: «chi se monderà da questo, sarà vaso in honore», che viene a dire, che Dio che l'ha fatto quel vaso in vituperio gli offerisce poi la gratia con la quale si possi mondare et tornare ad esser vaso d'honore. Et vedi ivi proprio che li vasi della misericordia fan per mostrar la misericordia, et li vasi d'ira perché più appara la misericordia ne gli altri. Tutto questo a fine de salute de tutti. Hor togli la medesima massa, che non habbia altro che il peccato originale, vederai che questi esser satisfatti nel ventre della madre. Et questo perché? «Dedi te in lucem gentium [5]»; ecco, a luce nostra, per nostra libertà, per aiuto nostro, acciò che usiamo la gratia. Altri fa venire alla gratia del battesimo, altri non, acciò che quei che han la gratia vedino il ben che essi hanno, et non siano ingrati, vedendo che i pari loro non son venuti a tanto bene. Et quei fanciulli si consolino, che non sono venuti al pericolo degli altri, quando vedeno l'inferno empirsi de coloro che al peccato originale hanno aggiunto degli altri, et rengratino Dio della sorte loro. Onde son vasi mezzani questi de' fanciulli che muoiono in quel'età senza gratia, et se alcuno s'alleva senza gratia alcuna, diventarà pessimo: et questo sarà per esempio degli altri, come è detto. Ma io non credo che per la Scrittura si possa provare che alcun de tali adulti Dio non liberi et faccia potente di mondarsi. Onde et a Turchi et a Giudei credo sempre s'offerisca la gratia da venire a Christo, se da una in un'altra cosa seguitano l'inspiratione de Dio. La qual non credo manchi loro, ma non tanta, né si chiara come a noi, sì come di sopra fu detto. Et però presto si perde, et s'oscura, et resta in reprobo senzo, per non usare bene dette prime inspiratione de gratie, che s'offeriscono. Dipoi veniamo ad un'altra massa, cioè quando, oltra al peccato originale, havemo aggiunti degli altri, et siamo fuor della gratia: de questa massa, un'altra volta. Fa Dio vasi in honore, et in vituperio: in honore, per imitar gli altri a misericordia, et così per mondar quei vasi che haveva Tassati brutti, onde dice San Paolo sé esser fatto vaso d'honore, essendo prima de peccatori. Per dar Dio confidentia a peccatori de non tornare, lassa dunque Dio de molti vasi imburattati [6], et non dà lor gratia da potersi mondare, per dargliela a miglior tempo, cioè quando habbia lor mostrato della massa loro esser riuscito qualche vaso bellissimo, et così acettino, et usino la gratia anco essi, quando gli darà, et si mondino et diventino vasi in honore. Ma perché più Paolo elesse? Più uno giova, dico, et a quei che son fatti vasi d'honore, et a quei che non sono, o più altri. Questo è incerto, et dice: «o altitudo divitiarum [7]». Et questa incertezza anco giova, sì come così fatta da colui che vuol far salvi tutti. Giova, dico, et a quei che son fatti vasi d'honore, et a quei che non sono ancor cascati, over che dal cascar son richiamati, che vedino de non cascare, o cerchino de retornare, et non aspettar nova gratia, perché non sanno, se saranno essi quegli che siano de novo rechiamati. Perché la cosa è gratia, non è debito: «et spiritus ubi vult spirat[8]». Et per questo alcuni se ne lassano omnino [9] destituti et ciechi, sì come forse si può dir de Pharaone et di molti de Giudei, i quali più volte illuminati non volsero vedere, onde Christo disse: «hoc est iuditium mundi [10]», et cet. Et se non venissero, et cet. acciò che l'huomo non renuntii al suo lume, il qual poi, volendo, non potrà talvolta recuperare. Ma dice pur San Paolo, che: «reliquie elette sunt, celeri exusati [11]», et negli Atti degli apostoli: «quot erant preparati venerunt [12]», et cet. Et questo se tu consideri fatto da colui che vuol salvare tutti, vedremo che è fatto per la salute [de]gli altri. Onde, essendo quel populo sì perverso, che non era per venirvene se non puochi con Christo, Dio ne fece un'eletta che fusse lume degli altri. Gli altri cecò, perché non venessero sì presto et non guastassero ogni cosa. Perché se fussero subito venuti i ricchi, nobili, et dotti, et vulgarmente il populo tutto, da principio sarìano venuti con gli vitii loro et non haverìano havuta quella patientia che Christo voleva, né se sarìa dato quel esempio de virtù, né essi se sarebbon sanati, né harrebbono lassato sanar gli altri. Et però fe' Dio un certo populetto al quale chiama gli altri, ma a poco a poco, secondo che se venivano disponendo. Onde dice sempre cresceva, et crebbe. Et però diceva San Paolo, che non eran cecati per ruina, ma per chiamarli con emulatione delle genti. Così fu prohibito de predicare in Asia, et poi se convertì pure l'Asia, perché non è d'ognuno il medesimo tempo. Hor: perché Dio non chiamò tutti come fe' gli Apostoli et quelle reliquie, cioè, perché tutti non horna di quella abondantissima gratia? Di questo vatti, trova tu la ragione. Dio ha dato una certa gratia generale con la quale ci possiamo salvare; ha fatto poi certi capitanii, a' quali ha dato più gratia, perché andiamo verso quei lumi, et gli piace che siamo liberi et di tanta gratia, et non de più, benché ne dà che con questa gratia n'acquistano speranza de più gratia, per quello. «Euge serve bone [13]». Et me par che Dio habbi sì cara questa libertà, che ne ha data che ancho quei vasi che ha in honore li faccia con lor libertà. Qual magior è forza che quella che fu fatta a San Paolo? Et non di meno gli disse, «durum est tibi contra stimulum calcitrare [14]». Non gli disse impossibile, come a dire: «vedi che vuoi fare, duro t'è de resistermi». Dichiara questo che Paolo, per non mancare all'honor suo et all'impresa incominciata, che già nel animo resisteva a Christo. Ma Christo gli dice quel che è, onde esso consentette. Il fe' Christo voluntario, ma non gli volse da sua volontà, volse che esso stesso dicesse: «non la mia, ma la tua volontà». «Domine, quid me vis lacere? [15]». Et alli Apostoli disse: «numquid, et vos vultis discedere? [16]». Et li fanciulli che santifica in utero, credo che liberi li santifichi. A' quali tanto più si può commetter arbitrio d'accettar la gratia, quanto non hanno ancor visto cosa da prepararle, onde più facilmente l'accettino. Ma sia come si vuole. Non è fuor di ragione che alcuni si obblighi per la liberatione de tutti. Ma come dice: «quos Deus predistinavit», et cet.; «et scimus quam diligentibus», et cet [17]. Respondo: o parla de quei puochi o, come più credo, parla de tutti christiani. Haveva desputato che non era obligo la Legge. Et perché altri poteva dire: «et Dio vi punirà se non servate la Legge», esso dice: «so che a chi dà Dio la giustificatione senza Legge, che non gli imputarà non haver servata la legge; massimamente perché Dio haveva predestinato tutti quelli che accettassero la gratia di Christo, che non funse tenuti all'antiqua Legge, ma a quella che esso scriveva lor nel cuore». Onde soggiunge: «chi ne accusarà», et cet. Non si può respondere, perché soggiunge: «chi ne separarà dalla carità de Dio», et cet. Et di sopra dice che Dio li fa giusti. Predestinati sono adunque tutti quelli che accettano la gratia de Christo. Predestinati dico, in questo la seguitano, et a questi tali ogni cosa se rivolta in bene, tanto la prospera, quanto l'avversa fortuna. Et però giudicò, s'alcuna volta predestinato et era uno de quelli, cui eran promesse le sedie d'agiudicare: poi non usando la gratia perse il luogo, perché mancò dal amore Dio, et dettesi al amar de denari. Queste son cose della predestinatione, cioè «suam presentem iustitiam». Altrove meglio è detto de questo, perché egli era «filius perditionis, et abiit in locum santum [18]», benché con sua libertà et non sforzato peccasse. Et la predestinatione è una gran misericordia de Dio et niuno se salvarìa, se Dio non havesse usata tal misericordia. Quel altro disse: «convertete me Domine, et convertar [19]». Già haveva havuto questa gratia de conoscer, che non era da sé il convertirsi, ma che ci bisognava la gratia et che quella non basta sempre, se noi non ci consentemo. Et però gli promette de consentirce, et de convertirsi secondo che sarà menato, che viene a dire: «Nisi pater traxerit non veniam, trabe me [20]»; «curremus in odorem unguentorum tuorum [21]», et cet. Ci sforza et c'inganna et ci fa cascare, come è detto, per li peccati nostri, et perché reconoschiamo poi li nostri mali, et gli altri lo conoscano. Et insomma, fa come quello che vuol salvare tutti. A quel che se dice ha fatto l'empio al dì cattivo: «et novit Deus [22]». […] Misurando pur con quella regola de colui, che vuol far salvi tutti, in quel luogo vuol respondere alle querele di coloro che si lamentano che gli empi vivano. Si responde che Dio li serba per il dì malo. Cioè, nessun pigli esempio d'esser empio dalla vita et prosperità del empio, perché questa se gli dà perché s'emendi. Se non s'emenda, giunga al dì malo, dove in esempio degli altri sarà tanto più notata la sua mina. Questa è stata più gloriosa la vita, oltre che si conserva per pena et correttione de gli altri, et altre mille cagioni che le sa Dio, et tutte a fin de nostra salute. Perché tutto si fa da quel che vuol salvar tutti. Adunque, fratelli, non siamo ingrati del nostro destino, che è, se facemo bene, che haveremo bene, se male, male. Et rengratiamo Dio de questo, et usamocelo. Et accettiamo la gratia, si l'havemo persa, quantunque Dio ce la renda, et faciamo, com'ella vuole, penitentia et frutti degni de penitentia. Et se l'havemo, non la teniamo ociosa, anzi usiamola, et in cose che sempre migliori. Et temiamo de non ce metter del nostro, cioè sforziamoci de far sempre quel che la gratia detta, renuntiando alla nostra volontà, et seguitiamo quella de Dio, et faciamo una volontà che tutti dui, cioè che vogliamo quel che vuole Dio. Et scordiamoci de noi, perché siamo rei da noi. Dico che ne scordiamo della nostra volontà corrotta, ma faciamo la nostra volontà liberata. Quella mente colla quale serviamo alla legge de Dio è buona, ma è impacciata dal peccato. Onde, quanto per la gratia è liberata, già consente alla volontà de Dio, non più impeditamente come prima, ma liberamente. Onde dice San Paolo: «Renovamini novitate mentis vestre scilicet iam liberate [23]». È nostra et ha novità: nostra perché è della creatione, ha novità perché la gratia l'ha liberata dal antiquo peccato, et l'ha ornata de più sapere et potere, che dalla creatione forse non hebbe tanto. Non faliam peccato, perché non è nostra potestà poi de far penitenza: la qual non si può far senza gratia. S'havemo peccato, facemo penitentia. Sentimo bene spesso che Dio ci chiama a penitentia: adunque ci dà la gratia de farla. Non cercamo scuse. Dio sa bene quel che la conscientia ci ditta. Per li tempi che Dio ci sforza a far bene non bisogna dire altro, se non che, quando ce ne accorgemo, ne contentiamo d'haverlo fatto, et lo teniamo per scieda [24] del actioni libere. Et pregamo Dio, che sempre ci sforze a ben fare, et ci tronchi ogni altro potere: «verte oculos meos, me vidiant vanitatem; in via tua vivifica me [25]». [1] Tullio Crispoldi da Rieti, collaboratore del vescovo di Verona, G.M. Giberti. [2] «Guarda me, anche tu puoi essere tentato; e tutto mi è permesso, ma non tutto mi è utile; e non cammini più secondo la carità, oppure scandalizzi il fratello». [3] «Per la grazia di Dio sono quello che sono». [4] «"Servo buono" ecc. Così: "adoperiamoci per rendere certa la nostra vocazione; nell'uso della grazia, e della nostra vocazione, ne diviene certo per noi il possesso"». [5] «Ti ho formato luce alle genti». [6] In cui la crusca è lasciata mescolata alla farina. [7] «O abisso di ricchezze». [8] «E lo spirito soffia dove vuole». [9] Del tutto. [10] «Ora si fa giudizio di questo mondo». [11] «Il resto venne salvato, gli altri vennero annientati». [12] «Quanti erano preparati vennero». [13] «Bene, servo buono». [14] «Duro è per te recalcitrare contro gli stimoli». [15] «Signore, che cosa vuoi io faccia?». [16] «Forse volete andarvene anche voi?». [17] «"E quelli che Dio ha predestinati" ecc.; "e sappiamo che per coloro che amano Dio" ecc.». [18] «Figlio della perdizione, e si assise nel luogo sacro». [19] «Fammi tornare, Signore, e io ritornerò». [20] «Nessuno può venire a me, se non lo attiri il Padre». [21] «Corriamo, all'odore dei tuoi profumi». [22] «E Dio lo sa». [23] «Trasformatevi con il rinnovare la vostra mente (vale a dire già liberata)». [24] Scheda (?). [25] «Distogli i miei occhi dal contemplare il male; fammi rivivere seguendo la tua via». |
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