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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia

18. Il moderatismo ecclesiastico e la predicazione di temi discussi

Ad Asti, durante la predicazione quaresimale del 1532, due predicatori, il frate agostiniano Agostino Mainardi e uno sconosciuto frate francescano, disputano dai relativi pulpiti sul tema della predestinazione. Denunciato come eretico Mainardi, la curia romana pone fine al contrasto ordinando al vescovo di vietare al frate minore di predicare nella sua diocesi, e al frate agostiniano o di non predicare o di sconfessare le dodici affermazioni-chiave estratte dalle sue prediche. È importante che, per porre fine alla scandalosa controversia, Tommaso Badia proponga come criterio quella che costituisce la linea maestra del moderatismo ecclesiastico, la doppia verità: di alcune cose non si predica al popolo.

Fonte: B. FONTANA, Documenti vaticani contro l'eresia luterana in Italia, in «Archivio della R. Società romana di storia patria», 15, 1892, pp. 132-34. La traduzione è mia.


Risposta del papa al predetto vescovo.


Abbiamo comandato che quel frate minore venga punito dai superiori del suo ordine: pertanto a voi non tocca prendere nessuna disposizione nei suoi confronti, ed è sufficiente che non permettiate che egli nel futuro predichi nella vostra diocesi. Per quanto riguarda poi il frate dell'ordine degli eremiti, convocato alla vostra presenza, fate in modo che egli o limiti, o non predichi più in futuro o sconfessi in tutto e per tutto i dodici articoli estratti dalle sue conclusioni (che vi invio scritti in una cedola), così come è stato ampiamente annotato nella sopradetta cedola.

Frate Tommaso da Modena dell'ordine dei predicatori,
maestro del Sacro Palazzo [1].


La cedola in cui sono contenuti i sopradetti articoli, la diedi al nostro santissimo signore [il papa].


Errori rinvenuti nelle prediche che il vescovo di Asti mandò alla Santità Vostra.


I) Se non ci fosse la predestinazione eterna, nessun uomo potrebbe agire rettamente.

Questo articolo viene respinto globalmente, poiché è attestato dalle Sacre Scritture che alcuni dannati furono per un certo periodo in grazia di Dio ed agirono rettamente, ed anche alcuni uomini possono agire bene pur senza predestinazione.

II) La predestinazione divina è la causa di tutte le buone opere.

Questo articolo deve essere respinto per la medesima ragione del precedente, poiché la predestinazione divina non è la causa di quelle buone opere che talvolta hanno compiuto i dannati.

III) Dicendo che non si deve predicare al popolo della divina predestinazione, ignorano la forza della parola di Dio e avversano la grazia di Dio.

Questo articolo è erroneo, poiché contraddice la testimonianza di Paolo contenuta nella lettera agli Ebrei. I concetti più difficili della fede cattolica non debbono essere insegnati al popolo incolto; è palese poi che la predestinazione è tra i concetti più difficili della religione cristiana, e pertanto non è materia adatta alla predicazione al popolo, la maggior parte del quale è rozzo ed ignorante.

IV) Senza la grazia di Dio non possiamo con il nostro libero arbitrio fare alcunché di buono, ma soltanto peccare.

Questo articolo non deve essere sviluppato perché, benché abbia come autore Gregorio da Rimini [2], tuttavia è contro l'opinione comune degli autori, i quali asseriscono che senza la grazia di Dio possiamo fare qualche bene morale, ma tuttavia non possiamo fare qualche bene che ci meriti la vita eterna.

V) Il dogma di Aristotele, che dice che l'uomo è padrone delle sue azioni, è erroneo.

Questo articolo ha sapore di eresia. Dal momento che, infatti, avere il libero arbitrio ed essere padrone delle proprie azioni significano la stessa cosa per coloro che comprendono i termini, negando che l'uomo è padrone delle sue azioni si deve necessariamente negare che l'uomo possegga il libero arbitrio; le argomentazioni addotte a favore di questo articolo vengono poi confutate dal divino Tommaso [3], dottore della Chiesa, in numerosi punti del suo pensiero.

VI) Qualunque cosa fanno gli uomini senza la fede o la grazia di Dio o la carità è peccato, poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio.

Questo articolo non deve essere sviluppato per la stessa ragione del quarto, né esso può essere suffragato dalle parole di Paolo, che sono state addotte, e che devono essere intese in questo modo, che cioè senza la fede non possiamo piacere a Dio per meritare la vita eterna; col che resta il fatto che senza la fede possiamo fare qualche bene morale, come si legge nella lettera ai Romani: «I pagani, che non hanno la Legge, fanno per natura quello che prescrive la Legge».

VII) Gli uomini giusti sono sempre in stato di peccato.

Questo articolo è semplicemente erroneo, perché gli uomini giusti possono per un certo tempo essere senza alcun peccato, cosa come testimoniò Cristo quando disse degli apostoli: «Voi siete senza colpa, ma non tutti». Colui che è puro, poi, non ha macchia di alcun peccato, sebbene non possa perseverare per tutto il tempo della sua vita senza peccato, sia pure veniale. E così si intende quel passo di Giovanni: «Se dicessimo che non abbiamo peccato, né commesso, né contratto», ecc.

VIII) I bambini che muoiono col solo peccato originale sono condannati alle sofferenze eterne del fuoco dell'inferno.

Questo articolo non lo si deve predicare per il fatto che è in contrasto con l'opinione comune della chiesa, per quanto ne sia autore Gregorio da Rimini, dottore non condannato; le parole poi di Agostino, che sembrano incoraggiare questi errori, sono discusse dai dottori della chiesa, soprattutto dal divino Tommaso, per cui ora soprassiedo.

IX) Il precetto dell'amore di Dio, come prescrive la legge, non può essere soddisfatto se non da chi giungerà al sommo grado di carità, che sarà nella patria celeste.

Questo articolo è erroneo, perché i comandamenti della Legge vengono dati affinché siano soddisfatti nel corso della vita, secondo quanto dice Cristo: «Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti». Gerolamo dice inoltre che è maledetto colui che abbia detto che Dio ha prescritto qualcosa di impossibile.

X) Peccano in tale comandamento uomini santissimi, perché sono manchevoli di carità.

Questo articolo va condannato: infatti gli uomini giusti meritano la vita eterna in rapporto all'amore ed alla carità con cui amano Dio; se anche in tale amore peccano, con quello stesso atto amano e peccano di fatto, il che è un errore luterano. In che modo poi Dio venga amato con tutto il cuore viene spiegato dal divino Tommaso in più passi.

[1] Ufficio d'onore riservato ad un maestro di teologia domenicano che, agli inizi del XVI secolo, assume le funzioni di censore ecclesiastico.

[2] Teologo agostiniano (morto nel 1358).

[3] Il teologo domenicano Tommaso d'Aquino (morto nel 1274).

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006