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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia

24. Tra sant'Agostino e Lutero: libero arbitrio e predestinazione

Predicare dal pulpito, esponendo la dottrina di sant'Agostino sulla salvezza e sostenendo, nello stesso tempo, una teoria della predestinazione divina, diviene ad un certo punto pericoloso. Nel 1537, infatti, il frate Agostino da Treviso, che predica la Quaresima a Siena, viene accusato di professare l'eresia luterana dal cappuccino Giovanni Pili da Fano. Processato, frate Agostino viene obbligato a ritornare a Siena per predicare di nuovo, sulla base di otto proposizioni, presentate a sua discolpa e trovate ortodosse: solo in questo modo può sopire lo scandalo suscitato da dottrine non ben comprese. Riproduciamo qui la formula, del 26 febbraio 1538.

Fonte: FONTANA, Documenti vaticani contro l'eresia luterana in Italia cit., p. 365 e sgg. La traduzione è mia.


Formula di predicazione data al maestro Agostino da Treviso, dell'ordine degli eremiti di sant'Agostino.


Il signor papa Paolo III, padre santissimo e nostro signore, apprendendo che nella Quaresima appena trascorsa hai tenuto a Siena alcune prediche dalle quali è derivato grande scandalo tra il popolo, ti ha convocato a Roma e ha affidato a noi il compito di ascoltare questa tua dottrina dalla tua viva voce e, dopo averla ascoltata, di esaminare accuratamente di che tipo e genere essa sia, vale a dire se cattolica oppure eretica. Ciò fatto, abbiamo concluso che tu mantieni una dottrina in tutto e per tutto sana, e che quella popolazione non l'ha recepita dalle tue parole a causa della difficoltà di tale dottrina e del tuo modo troppo oscuro di parlare, che tu ci hai spiegato. Abbiamo riferito questo al santissimo signore nostro, e sua santità, giudicando che sia giusto che dalle stesse cose da cui quel popolo ha subito uno scandalo dannoso, da quelle stesse venga sospinto verso la salvezza, ha deciso e ti ha ordinato che tu, nella sopradetta città di Siena, nel corso di una predicazione pubblica esponga quella dottrina, che ci hai esposto e che hai affermato di mantenere, in modo chiaro e distinto, come segue:
1. Dio mandò il suo figlio nel mondo, per rendere salvi tutti gli uomini per mezzo della sua passione e morte; tuttavia la passione di Cristo non salvò tutti gli uomini, ma alcuni sì e altri no, per colpa di loro stessi. E ciò è quello che i teologi dicono, che Cristo espiò per tutti a sufficienza, ma non per tutti con efficacia.
2. La predestinazione, tante volte predicata da san Paolo, non costringe nessuno ad operare il bene, né alla salvezza eterna, ma tutti coloro che osservano i comandamenti di Dio ed operano con rettitudine di loro spontanea volontà e liberamente, sia pure con l'aiuto della grazia divina e, perseverando così sino alla morte, conseguono la vita eterna, e tutti coloro che così fanno Dio infallibilmente li vede, conosce ed ama.

3. Molti santi, nel corso della loro vita, fecero alcune cattive azioni: come Davide, che commise adulterio ed omicidio, e tali azioni erano colpe e peccati e dispiacevano a Dio; e se in essi avessero perseverato oppure se in punto di morte fossero defunti in peccato mortale, Dio non avrebbe dato loro la vita eterna, ma li avrebbe condannati all'inferno.

4. Dio punisce e condanna all'inferno alcuni uomini, non perché semplicemente così vuole, ma a causa dei loro peccati, che essi perpetrarono liberamente e senza esservi costretti e nei quali perseverano ostinatamente sino alla morte ed anche in tale momento sono trovati in peccato mortale: dai quali peccati se si fossero convertiti, egli non li avrebbe condannati.

5. Molti che ora sono all'inferno, mentre erano in questa vita furono talvolta in grazia di Dio e compirono alcune opere buone, gradite a Dio e meritevoli della vita eterna, che avrebbero conseguito se in esse avessero perseverato. Ma dal momento che senza esservi costretti, ma liberamente, abbandonarono queste buone azioni e si rivolsero al peccato, si dannarono.

6. Tutti coloro che sono regolarmente battezzati vengono purgati dal peccato originale e riconciliati con Dio: di questi tuttavia alcuni si dannano, dal momento che non perseverano nella grazia, ma si rivolgono liberamente ai peccati, in cui perseverano sino alla morte ed al suo sopraggiungere vi vengono trovati.

7. Quando i santi dicono che il libero arbitrio in noi zoppica, dopo il peccato di Adamo, non intendono dire che noi possiamo scegliere e rifiutare tutto ciò che vogliamo (infatti siamo liberi di volere e di non volere, di scegliere e rifiutare), bensì che per tale zoppicare intendono una deformazione, per cui siamo più inclini al male che non al bene, e pertanto bisogna fare molta attenzione per non seguire questa inclinazione; ed ugualmente intendono che non abbiamo un vero e proprio controllo sopra l'appetito dei sensi: molti tumulti della parte sensitiva insorgono infatti contro il nostro volere, come dice Paolo: «trovo nelle mie membra una legge diversa che lotta con la legge della mia mente», ecc.

8. Opinione comune dei teologi è che i bambini che muoiono senza battesimo vengono solamente privati della vita beata e non soffrono alcuna altra pena; alcuni tuttavia traggono dalle parole del beato Agostino — e tra questi soprattutto Gregorio da Rimini — che vengono anche tormentati nel fuoco dell'inferno. Da parte della chiesa nessuna di queste opinioni è mai stata definita: pertanto si può ritenere probabile questa seconda opinione senza incorrere in peccato di eresia, vale a dire che essa non contrasta con la verità cattolica; sarebbe tuttavia più prudente seguire l'opinione dominante.


Gerolamo, arcivescovo di Brindisi, sottoscrissi di mia propria mano.

Frate Tommaso Badia, maestro della Santa Sede, sottoscrissi di mia propria mano.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006