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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > IV, 31

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia

31. L' arte del dire e del non dire nelle prediche

Dopo la fuga di Ochino, è facile rileggere tutte le sue prediche come intessute di omissioni fraudolente: lo fanno i curiali, come dimostra la lettera (che qui riportiamo) del nunzio pontificio a Venezia, Fabio Mignanelli, al cardinale Alessandro Farnese, del 12 ottobre 1542. In realtà, se non si possono negare ambiguità tattiche del predicatore, certi margini problematici sono dettati dalle sostanziali incertezze che dilaniano l'Evangelismo italiano. D'altra parte, nel giro di pochi anni, è cambiato il criterio in base al quale si considera sospetto di eresia un predicatore: a partire dal 1542 basta che sia un po' problematico e, soprattutto, non faccia mai esplicite dichiarazioni anti-luterane.

Fonte: P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I-2: Documenti, Roma, Edizioni «La civiltà cattolica», ristampa della 2ª ed. 1950, pp. 325-26 (1ª ed. ivi, 1930).


Fra Reginaldo da Mantova scrive di Somasca (loco vicino a Como) che fra Bernardino era capitato a Chiavenna, terra de Grigioni a confini di Italia, dove si trova frate Agostino cacciato di Piemonte dal signor Marchese per heretico; che in Chiavenna fra Bernardino havea replicato le medesime parole scritte alla signora Marchesa [1], et fin qui havea predicato Christo mascharato, che per lo avvenire lo predicaria senza maschara. Se è restato in Chiavenna, o partito alla volta di Basilea, o di Trento non ho nuova certa. Le sue attioni presenti son triste, da le quali si può facilmente far inditio delle avvenire. Quanto a le passate, a la venuta mia in Venezia lo trovai in credito universalmente. Non di meno non mancorno diverse persone che appresso di me riferissero il predicar suo per sospetto. Ricercando il fondamento non trovai chi iustificasse cosa alcuna di sostantia. Hora per l'ordine che mi dà Vostra Signoria Reverendissima Illustrissima ho fatto venire da me diversi religiosi separatamente; et insomma, quanto a le prediche sue concludono che le positioni non erano heretiche, ma che si conosceva arte in ommittendo, perché a molti propositi occorreva predicando far mentione della Scrittura Santa et dichiararla cattolicamente contra li luterani, il che non fece mai; di modo che il suo tacere dava sospetto agli homini dotti et da bene; et Monsignor di Agria [2] disse a homo di qualità: «Se io fusse papa, costui non predicherebbe». La fuga sua, secondo il parer mio, ha avuto in sé principalmente il testimonio della sua conscientia più che altro disegno. Monsignor di Verona [3] ha in prigione un cappuccino, che haveva libri heretici et cominciava a parlar largamente contro la Chiesa.

Ho fatto intendere a Sua Signoria che non lo relassi senza ordine di Sua Santità. De li altri hanno detto alcuni mesi sono che fra Bernardino non voleva più predicare, perché non si poteva dire il vero. Andarò procurando intendere chi ha praticato con lui familiarmente et, facendo ritratto alcuno che importi, ne darò avviso alla Signoria Vostra Reverendissima Illustrissima.

[1] La poetessa Vittoria Colonna, marchesa di Pescara (morta nel 1547).

[2] Francesco de Frangeban, vescovo di Agria (1539-1542).

[3] G. M. Giberti.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2006