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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > IV, 38 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione IV - La predicazione evangelica e la Riforma protestante in Italia38. Le prediche dei pastori italiani a GinevraMarcantonio Varotta, artigiano veneziano, negli anni '60 del '500 soggiorna per un certo periodo a Ginevra e vi sente predicare alcuni esuli italiani. Nella sua confessione, resa all'inquisizione di Udine il 21 gennaio 1567, ci riferisce il tenore di questa predicazione e ci lascia anche cogliere le incertezze di chi, sensibile a determinate tematiche religiose, indugia ancora a rompere con le tradizionali istituzioni ecclesiastiche. Fonte: D. CACCAMO, Eretici italiani in Moravia, Polonia, Transilvania (1558-1611). Studi e documenti, Firenze, Sansoni - Chicago, Newberry Library, 1970, pp. 197-200. La mattina ne menò esso messer leronimo Grotto alla predica in uno tempio dimandato S. Germano, dove predicava quel messer Nicolò Balbano, il qual quella mattina predicò una predica pietosa, predicando di Cristo e predicando contr'al papato, dimostrando che nel papato sono delle ipocresie, lupi rapaci, genti che rubbano, che assassinano, che son dati all'ambizioni, alle glorie loro, alle utilità loro e non alla gloria de Dio, e fece una predica che pareva ch'el parlasse sempre con mi, dicendo: «Vedete, fratelli, loro ne chiamano noi luterani, e loro confessano Cristo con la bocca e nelli effetti lo negano, non sanno quello che sia Cristo questi poveretti». E predicava allora el Vangelo di s. Marco, e finita la predica cantorono non so che salmi, e venne zoso del pulpito, e ne pigliò per la man e ne condusse fuori del tempio; e tutti quelli italiani venivano a toccarne le mani e far carezze, dicendo che erano gionti doi fratelli, e il ministro ne menò a disnare a casa sua con lui e ni dimandò: «Che vi pare delle prediche di noi altri luterani? Che vi pare? Vi piaseno? Vi pare che siano luterane o cristiane?». E mi li rispondea che mi parevano bene, dicendo che quella mattina lui avea parlato de Cristo, e stando a tavola ne disse: «Figlioli, Iddio sia quello che vi lumini di venire alla cognizione della sua verità e della sua santa parola». […] quella sera stessa ne ritornassimo a dormire alla casa di messer Ieronimo Grotto, il qual ne dimandò ancor lui: «Che vi pare della predica d'oggi del signor ministro?». E dicendoli noi che ne avea parso bene, soggionse: «Aspetta un poco, vedete bene che le prediche de noi altri luterani sono più cristiane delle vostre, e che noi altri luterani siamo altri cristiani che non li vostri de Venezia». E la mattina seguente, che fu dominica, ritornassimo alla predica del suddetto ministro luchese, il quale predicò quel Vangelio in s. Marco, quando Nostro Signore liberò quel demoniaco e cacciò quei spiriti nei porci e quelli se gittorno nel mare; e qui sopra questo Vangelio cominciò a dire molte cose contra il papa, siccome nell'altra precedente e siccome per l'ordinario quasi sempre in tutte le loro prediche danno in quelli lochi […] e bottoni contra il papa; e di quella predica restai satisfatto, ma pur, perché ancora avea gelosia e amore della Chiesa romana, mi dispiaceva sentire mal del papa, ma però, dicendo lui male del papa, lo diceva in un certo modo metaforicamente ch'el pareva che non dicesse mal de lui, ma pareva che pregasse Idio l'illuminasse. […] E frattanto sonò la predica del catechismo, il qual lo predicava un messer Pietro del Regno, chi fu maestro di scola in Venezia, e passin passin andassimo a quella predica, nella quale el predicò delle opere [1], che le opere non sonno necessarie alla salute e che ce servivano a un mistero più grande non che alla salute, cioè a glorificare Idio et edificar il prossimo, e che uno essendo regenerato non può fare cattive opere: «Perché se tu sei cristiano, diceva lui, veramente tu non puoi fare cattive opere perché tu seguiti le vestigia di Cristo e fai come lui ti ha comandato». E parlava, dicendo che Cristo avea pagato per noi il debito del peccato originale, e de tutti gl'altri peccati nostri col suo sangue, e che ne avea reconciliati col suo Padre, e che Idio non li poteva negare più niente, né ni poteva negare di dare il regno del cielo, perché el suo Figliolo era quello che era andato in cielo a pigliarli possesso del paradiso per noi, e che però confessando noi il suo Figliolo essere il salvator, mediatore, intercessore, iustificatore e santificatore nostro, che ni ha fatti giusti e santi, Idio Padre non ni poteva negare altramente il regno del ciel, sebene eramo peccatori, e che potevamo arditamente dire d'esser figlioli de Idio e fratelli di Cristo quanto alla umanità, e allegava s. Giovanni, credo che sia alli 17 [capitolo], dove il Figliolo dice al Padre: «Padre, glorifica me e glorifica quelli che tu mi hai dati»; e, in quella parola dimostrava che eramo eguali a Cristo e fratelli suoi, perché dimandava tanto la gloria nostra quanto la sua. E durò quella predica una ora, e finì, e quello era il catechismo fatto da Calvino tradotto in lingua italiana. […] e stessimo tanto parlando che non potessimo venire alla predica che si predica la sera, perché si serorono le porte e nui stessimo fuori, perché hanno per usanza in quella terra, ogni volta che si predica, a tenire le porte serrate, e fare le sentinelle, perché quando si predica non resta nessuno in casa, né piccoli né grandi, e però hanno paura de tradimenti. Il di seguente non andassimo alla predica, ma il ministro ni mandò a chiamare per il suo servitore e ne dimandò perché non eramo stati alla predica, e noi li dicessimo perché avevamo dormito, e ne mandò dal catechista, il quale ne cominciò a convertirci, mi almanco, perché dell'altro non so il cor suo. [1] La dottrina luterana della giustificazione. |
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