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Didattica |
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione V - La Controriforma e il concilio di Trento9. Per il mantenimento dei privilegi dei religiosi mendicanti in materia di predicazioneIn questa lettera che Gerolamo Seripando, priore generale dell'ordine agostiniano, indirizza da Padova il 15 aprile 1546 al cardinale Marcello Cervini, due mesi prima che il concilio di Trento approvi il decreto sulla predicazione, si mischiano le aspirazioni degli ambienti desiderosi di una profonda riforma — che faccia del vescovo il responsabile di tutta la vita religiosa nella propria diocesi — e la preoccupazione di colui il quale vuole salvare ad ogni costo l'indipendenza degli ordini mendicanti dalla giurisdizione episcopale. Fonte: Concilium Tridentinum cit., X: Epistularum pars prima, Freiburg i. Br., Görresgesellschaft, 1965, p. 458. Quanto poi alli predicatori, ho pensato, che sia stato miracolo evidente, che non sia determinato secondo era concluso nella deputatione [1], perché era soggiogarli in tutto alli vescovi, et loro, pensando al fumo della giurisdittione, non l'han conosciuto. Non so mo', quanto sia al proposito della sede apostolica, che predicatori habbino tanta dependentia da vescovi, perché, ancorché molti predicatori siano cattivi, sono pochi a tanto numero. Et parme, che questo gregie de predicatori debba esser in mano della sede apostolica et non d'altri, perché da quella sede sono instituiti, et ogni volta che li ordinarii hanno a giudicarli, dubbito che doventeranno tali, quali voranno essi ordinarii [2]. Meglio è certo, che siano tali quali vuole il Papa, il quale, essendo uno, li terrà più uniti in una dottrina. Appresso, il giuditio de heresi è solo della sede apostolica; non so, come sia bene farne tanti giudicî, de quali forse uno giudicarà per heresia quel che un'altro non vorrà che sia heresia. Però quando li vescovi non vogliono far il loro officio, cioè predicare, non possono con buona fronte domandare di esser giudici de predicatori non instituiti da loro, ma della sede apostolica, dalla quale è venuto, che ci siano predicatori nella chiesa. Et se non fosse stata la sua providentia, Vostra Signoria Reverendissima pensi, quanta theologia sarebbe tra christiani. Questo punto è di momento, però non vedo chiaramente, come se ne possa uscire senza romore. Io presopponeva, che vescovi mirassono all'honor di Dio, ma in questo concilio me so' avisto, che la maggior parte guarda alla iurisdittione propria. Però bisogna star a questo, se loro non vogliono predicare, che giudici de predicatori siano quelli, che 'l Papa ordinarà in ogni provincia. Et così mi protesto di haver ricordato, che ogni volta che predicatori saranno soggetti ad altri che alla sede apostolica, harà quella sede perduto la più importante cosa che habbi. Né bisogna nominar li cattivi, perché in ogni grado se ne trovaranno, Per hora non me occorre altro. Attenderò a spedirme et essere di buon retorno, raccomandandone etc. Da Padova alli 15 d'aprile del 1546. [1] Commissione conciliare, con funzione referente. [2] I vescovi delle singole diocesi. |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |