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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > V, 14 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione V - La Controriforma e il concilio di Trento14. La predicazione tridentina dei gesuitiA mano a mano che ci si inoltra nel secolo XVI, le dottrine religiose approvate al concilio di Trento prevalgono nella predicazione sulle preoccupazioni anti-luterane. Il successo della nuova predicazione di massa dei gesuiti è dato dal suo carattere «popolare», ben lontano dalle sottigliezze, dalle allusioni, dalle ambiguità della predicazione evangelica e criptoriformata. Un altro fattore estremamente importante dell'affermarsi di questo modo di predicare è dato dal peso della adesione delle autorità politiche, ricercata ed ottenuta. Così appare dalla lettera del gesuita Emerio de Bonis da Guastalla, scritta al preposito generale della compagnia da Napoli il 16 aprile 1551, in cui si tratta della sua predicazione quaresimale a Lavello, sulla costiera amalfitana. Fonte: TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I-2: Documenti cit., pp. 77-85. 1. Meritamente Vostra Reverenza vole essere avisata dai suoi figlioli del frutto che loro colla divina gratia fanno, sì per rendere gratie a sua divina Maestà, sì ancho per ralegrarsi nel Signore, vedendo quanto opera per mezzo di quelli della Compagnia. Sapendo dunque io la vol 1. Meritamente Vostra Reverenza vole essere avisata dai suoi figlioli del frutto che loro colla divina gratia fanno, sì per rendere gratie a sua divina Maestà, sì ancho per ralegrarsi nel Signore, vedendo quanto opera per mezzo di quelli della Compagnia. Sapendo dunque io la voluntà di quella, l'avisarò in brevità (poi che altro non lo può fare) di quello che si' è fatto in Lavello, alla qual città mi mandò Vostra Reverenda Paternità per predicare questa quaresima, havendoli fatta grandissima instantia mons. Fioribelli, della detta città vescovo. Arrivai dopo moltissime fatiche del viaggio per la gratia di Dio sano, et fui dal vicario [1] recevuto amorevolmente, il quale fece intendere al sindico et alli ordinati della terra come [il] Marchese [2] havea mandato il predicatore. Risposero che già haveano un altro, perché haveano dato la parola ad uno, il quale però intendevamo che era stato inquisito, et li boni dubitavano che non venisse; però desideravano ch'io predicasse. Il contrario volevano altri; pure non haveano ardimento darmi una cortese licentia per essere cosa del vescovo; et però pensorno una fraude per ottenere il suo intento, et mi fecero intendere che io predicasse una volta; ché, se li piacesse, mi teneriano; ma il loro intento era (come mi affermava il vicario et altri buoni) darme subito licentia, benché havesse predicato come un santo Paulo. Io li feci intendere che, prima che loro facessero quella domanda, haveva determinato di predicare la domenica avanti carnovalle; ma che, poiché loro volevano il saggio delle prediche, non li volea dir parola prima del I° di quaresima [3], et che, finita quella, me ne ritorneria, o piacesseli, o no. Il giorno sequente andai a visitar il Marchese dal quale dependea, come mi fu detto, il negotio, il quale mi fece meglior accoglienza di quello che sperava. Et dicendoli che parea a sua illustrissima Signoria che io facessi, atteso che l'ordinati [4] et sindico tal cosa mi haveano fatto intendere, mi rispose il Marchese: «Mi pare, Padre, che voi predichiate; et spero che farete cosa che tutti veniremo alla predica»; et multiplicò altre parole buone. Stava la terra suspesa dicendo: «Che dirà questo giovane?». Alcuni dicevano: «La prima volta mi averà et non più»; altri dicevano altre cose. 2. Cominciorno nondimeno in quelli giorni di carnovalle a maravigliarsi molto della Messa, vedendo quanto differente fosse da quelle che preti loro dicono; et così si cominciò a spargere che diceva Messa non mai più udita, et alcuni diceano: «Domani lo voglio sentire»; et restavano tutti admirati et edificati. Venne finalmente il primo giorno di quaresima et concorse gran popolo per sentire la predica, chi per un fine, chi per un altro. Volse il Signore (che si sa servire de balbutienti quando li piace) fare che non solo restassero satisfatti, ma admirati fuori di modo, donde il conte di Viccaro, che presente si trovò, disse ad alta voce, finita la predica: «Benissimo, Padre». Un altro disse: «Questo vogliamo, a mal grado di quelli lutherani che voleano il tale», nominando quello predicatore. Vennero il giorno seguente in maggior numero per la fama precedente; nella qual predica, non solo si confirmò la concetta opinione, ma si augmentò molto. Il priore de Frati Zoccolanti [5] mi venne a trovare, essendo stato con tutto il monasterio alla predica, et mi abracciò strittissimamente dicendo: «Tu mi hai captivato il core; fa' di me et del monasterio quello che voi», dicendo moltissime parolle da molto confondermi, vedendo quello che il Signore li dava a sentire di me, il che non cognoscevo essere in me, ma più presto assai imperfettioni. Sono venuti quasi continuamente tutti li frati, benché stassero fuora della terra, et sia quasi sempre stato maltempo. Passò di là il loro provinciale [6] con altri frati, li quali mi restorno affetionatissimi, et massime il provinciale, come dopo mi riferì il guardiano, il quale li accompagnò ad un'altra terra, et ne disse tanto delle prediche, che di là venne un frate a sentirne. Si trovorno anche in Lavello nelli primi giorni certi signori napolitani, che havevano accompagnata una signora maritata al figliuolo del Marchese, li quali mai lasciorno la predicha. [ … ] 6. Se io volesse scrivere le particolari cose delle prediche, mai finiria. Un giorno essendo venuto un vescovo d'una vicina città a Lavello, venne alla predica, et quel giorno si leggeva quell'Evangelio: Et cum fecisset quasi flagellum de funiculis etc. [7] nella qual predica il Signore mi fece dire tante cose dell'officio del vescovo, che io medesimo mi stupivo; donde discendendo et passando per il choro dove stava il vescovo co' preti et secolari, disse forte: «Vi siamo obligati, Padre». Nella medesima predica disse contra quelli preti che dicono l'officio divino di modo che solo si sente la prima et ultima sylaba, dicendo che vendeano mugiti di bovi. Et perché in questo mancavano molto i preti di Lavello, finita la predica dicevano l'un l'altro: «Tu sei quello, tu sei etc. etc.» et così il giorno seguente cominciorno a dire matutino [8] et l'altre hore molto posatamente; donde un prete mi venne a trovare con grande allegrezza dicendo: «Padre, siamo stati più di doi hore in matuttino dicendo posatamente». Et così sempre l'hanno servato; spero per l'avenire farano il medesimo. Era tanto il credito che mi haveano tutti, che mi chiamavano di un nome qualle mi vergognerei di dire, se io non sapesse che Vostra Reverenza et tutti quelli che mi cognoscano sapete le mie imperfectione; non mi davano nome doppo di predicare, se non del santo. Et questo nome, che tanto male mi quadra, non solo lo davano quelli della terra, ma anco quelli delle altre città; et questo nascea (come mi pare) da più cause. L'una che vedeano che non pigliava dinari quali me erano offerti per Messe, qualle, richiesto da molti, diceva, com'è nostro costume, gratis. L'altra che vedevano nel pulpito che li diceva la verità sì alli signori, come alli vassalli, et in questo si è veduto chiaramente l'aiuto et favor divino. Ché, benché spesse volte calcasse la mano, come si suol dire, pur sempre fu pigliato ogni cosa in bene. Havendo un giorno finito la predica, una povera donna, cui figliuolo era stato fuori della terra bandito da otto anni, si gettò in genocchioni domandando gratia al signor Marchese, il quale, facendoli la beneditione, lo ricevette nella terra. Un'altra volta, usciti dalla predica, ritrovò un homo da bene, un povero, in una stalla, nudo, morto di fredo, et disse ad un altro: «Vedi questo poverello? Vestiamolo». Et così ciascuno di loro pose una quantità di denaro, benché poca cosa, perch'erano poveri; doppo pigliarono un vaso, et quattro di loro andorno per la terra et trovorno tanto che lo vestirno et fecero altre elemosine. Era cosa da molto laudar Idio vedere con quanta allegrezza andavano cercando, menando il povero con seco, et mi vennero trovare passando per la casa dove io stava che già haveano buona somma de denari. Io laudai l'opra, dicendo che queste erano l'opre che li predicavo et che si fanno nelli altri loci da grandi et nobili. [1] Vicario episcopale. [2] Don Giacomo del Tufo, marchese di Lavello. [3] Il primo giorno di Quaresima; nella liturgia romana, il mercoledì delle Ceneri. [4] Magistrati locali. [5] Il superiore (più esattamente, guardiano, non priore) del convento dei frati minori dell'osservanza, detti popolarmente zoccolanti. [6] Ministro provinciale. [7] «Ed avendo fatto come una frusta con le corde, ecc.». [8] La prima delle ore canoniche dell'ufficio divino. |
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