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Didattica |
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione V - La Controriforma e il concilio di Trento16. Le missioni dei gesuitiA partire dalla metà del secolo XVI, per procedere alla conquista religiosa di tutta la penisola, a cominciare dalle aree rurali, i gesuiti escogitano un nuovo strumento: le missioni popolari. In un contesto marcatamente scenografico, essi cercano di coinvolgere emotivamente la popolazione di una determinata zona. Il loro scopo è di diffondere le dottrine tridentine, e per fare questo si servono in primo luogo dell'insegnamento del catechismo, piuttosto che della predicazione: ad essa è riservata una funzione di mobilitazione emotiva. Il racconto che segue è in una lettera di Giuseppe Biondi, scritta da Catanzaro a Francesco Borgia il 6 ottobre 1568. Fonte: P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I-1: La vita religiosa in Italia durante la prima età della Compagnia di Gesù, Roma, Edizioni «La civiltà cattolica», 1950², pp. 367-68 (1ª ed. ivi, 1930). Uscì il P. Francesco Mercato il dì di s. Michele Arcangelo [1], con una bella compagnia di scolari e intorno poi con un grosso esercito di putti, attorno alla città di Catanzaro. Non potrei scrivere a Vostra Paternità l'applauso con che è stata ricevuta quest'opera, mai più vista altre volte in questi paesi. Stava attonita tutta questa città; le donne alle fenestre esposte in gran copia, altre battendosi il petto, altre pregando Dio ci desse longa vita. S'andò cantando ad alta voce l'Avemaria, Pater etc. Col Padre andarono doi fratelli per mettere in ordinanza li figlioli. In vero è stata cosa di lodare Dio veder quei bambini colle mani piegate e la faccia in terra, e davano a tutti devotione. Si misero premii per quelli che andavano con più devotione, et per chi meglio sapeva la dottrina; ognuno si reputava felice potere con quella bella chiurma mandar li suoi figlioli. Et per dar maggior credito et autorità all'opera, parve che fosse bene che doi nostri fratelli in dialogo recitassero la dottrina del P. Ledesma [2] in piazza, dove s'accampò tutto l'esercito di putti. Fu tale il concorso e calca di gente, con tanto silentio et ammiratione che mai tal cosa s'è vista in questa città. Cominciorno i nostri fratelli con voce alta et molta modestia che edificorno tutti. Levandosi loro la beretta per comenzare la dottrina, tutti anche con molta devotione se la cavorno; facendosi loro il segno della croce, di che si trattava nel dialogo, tutti se lo facevano etc. Quest'altra domenica, con molto maggior numero di gente, stettero in piazza ad aspettarli. Bisognò recitarla in più di dodici lochi, perché in ogni piazza et strada principale s'adunorno molta gente, pregando il Padre la facesse recitare. Recitorno quest'ultima volta doi fratelli Veggini, i più principali di questa città. Passandosi anche innanzi alle fenestre di Monsignore [3], si fece recitare con molta satisfattione. Laus Deo. Credo che a questo popolo non si poteva per adesso far cosa né più utile né più grata. [1] Il 29 settembre. [2] La Dottrina christiana breve, catechismo compilato dal gesuita spagnolo Giacomo Ledesma. [3] Il vescovo di Catanzaro. |
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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006 |