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Didattica

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione V - La Controriforma e il concilio di Trento

21. Successi di un predicatore della Controriforma

Un intenso scambio epistolare intercorre anche tra Carlo Borromeo e il frate minorita Francesco Panigarola, uno dei più celebri predicatori della seconda metà del '500. Dalle loro numerose lettere, comprese negli anni che vanno dal 1573 al 1584, emerge il volto dell'organizzazione della predicazione dopo il concilio di Trento e l'atteggiamento dei suoi protagonisti. Nella lettera che segue, del 5 marzo 1582, Francesco Panigarola riferisce della sua predicazione quaresimale a Torino.

Fonte: P. M. SEVESI, S. Carlo Borromeo ed il P. Francesco Panigarola O. F. M., in «Archivum franciscanum historicum», 40, 1947, pp. 174-75.


L'affetto pieno di pietà et amorevolezza paterna, con il quale Vostra Signoria Illustrissima a Milano mi ragionò del Signor Duca di Savoia, mi fa risolvere hora a darne nuove, e nuove tali che senza dubbio le doveranno piacere. Trovai S. Altezza Carlo Emanuele I, nel vero, grandemente posta in fare un Carnovale spetioso (per così dire) e pieno di essercitii cavagliereschi: ma per quanto si vede chiarissimamente, e dicono i più giuditiosi suoi familiari, senza pure una minima ombra di quelle male intentioni, per le quali si sogliono fare le feste e gli spettacoli. Suo pensiero si vede che è stato di mostrarsi atto alle fatiche e di altra complessione e lena di quello che si credeva: et anco di dare in questo principio di governo alcun piacere alla città. Del resto non si è mai conosciuta in lui pure una minima licenza, né un mal pensiero: anzi ove nelle feste ha veduto alcun atto d'altri, meno che modesto, ne ha mostrato dispiacere e risentimento. Et insomma chi governa e chi lo sa, afferma ch'egli per anco vive nella purità e candidezza nella quale nacque. Fino a questo anno, qua a Torino si è fatto sempre il Carnovale vecchio (così lo domandavano), di maniera che i magiori bagordi si facevano la prima domenica di Quaresima. Hora io ne ragionai a Sua Altezza, e non ebbi appena aperta la bocca, che m'intese e mi disse che in niuna maniera voleva che passasse più avanti questo abuso. E così ha fatto, né per molti stimoli, che abbia hauto in contrario, ha mai voluto concedere che dalle Ceneri in qua si sia fatto altro che pura e schiettissima quaresima.

Ha mostrato piacere, che io habbia disingannato questo popolo, il quale per lo più credeva che la sola mutatione de' cibi bastasse a far quaresima. E non solo si fa intendere che desidera che ogni uno digiuni, ma ha comandato che in corte a niuno si dia da mangiare più di una volta al giorno. Io dissi nella prima predica che dovendosi fare la quaresima, era pur pazzia a non farla meritoria, e che questo non poteva essere stando in peccato. E che però sarebbe pure ragionevole che nel principio di questo digiuno ogni uno si confessasse e comunicasse. Onde Sua Altezza si risolse subito di volerlo fare, e dietro all'esempio di lui, si è fatta una grossissima confessione e communione. Si sta alla predica et in chiesa con quella magiore devotione et attentione che si possa desiderare: e mostra grandissima voglia di vedere alcun frutto di queste prediche ne' suoi popoli. Di maniera che se non resterà da me, per colpa de miei peccati, io spero che in questa quaresima si guadagnerà molto. Tanto più che per muovere ad ogni opera buona questo Signore vi è un luogo certissimo, affermandogli che seria di soddisfattione di Vostra Signoria Illustrissima, della quale egli fa tanta stima, e ragiona con tanta tenerezza ch'io non lo saprei esprimere.

A giorni passati morì il Signor Ferrante Vitelli, ma questo da altri l'havrà saputo Vostra Signoria Illustrissima, alla quale prego Dio benedetto per nostro bene longhissima vita e faccio humilissima reverenza.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006