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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > I, 3 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione I – La formazione dello stato rinascimentale3. Un sovrano definisce i suoi poteriAlla partenza per le guerre nel milanese, Francesco I affida la reggenza della Corona francese alla madre, Luisa di Savoia. Ne deriva un quadro vivido e scintillante dei poteri del re, che suggerisce un legame preciso tra il dovere del sovrano di garantire la pace e la giustizia previa consultazione dei sudditi, l'esercizio del patronaggio, e le necessità finanziarie e amministrative. Un sovrano che si colloca a metà strada tra il grande signore feudale e il vertice di una macchina burocratica ma che certo, nell'autodefinirsi, privilegia e predilige l'aspetto carismatico e contrattuale della sua figura istituzionale. Fonte: Pouvoir donné par François Ier à Madame Louise de Savoie, duchesse d'Angoulême, sa mère, pour la régence du royaume pendant que le roi va à la conquéte du duché de Milan, in A. CHAMPOLLION-FIGEAC (a cura di), Captivité de François Ier, in «Collection de documents inédits sur l'histoire de France», Paris, Imprimerie Nationale, 1847, pp. 1-9. […] e le abbiamo dato e diamo con queste presenti ogni pieno potere, autorità, facoltà e capacità di espletare, intendere e adoperarsi per la conduzione dei detti affari, quali essi siano, che possano occorrere e occorreranno in questo nostro regno, paesi, terre e signorie; di far vivere in buon ordine, giustizia e civiltà i sudditi di tutti i paesi del nostro regno […] di far amministrare la giustizia dalle nostre corti sovrane, prevosture, baliaggi e siniscalcati e altri nostri uffici di giustizia, ciascuno nel suo potere e giurisdizione; di prestar ascolto alle richieste, lamenti e doglianze dei sudditi, e provvedere e far provvedere a esse in modo appropriato; di convocare, inviare e chiamare a sé il numero, che ella riterrà opportuno, di presidenti, consiglieri di corti sovrane, di camere dei conti e altri ufficiali, e similmente di sindaci e scabini, consiglieri, borghesi, manenti e abitanti delle città del regno e altri sudditi, per ottenere il loro consiglio e parere sugli affari del regno, o ordinare ciò che dovranno fare per il bene nostro, della giustizia e della cosa pubblica; di far eseguire le decisioni e i provvedimenti delle corti, sia dei parlamenti, dei generali di giustizia, degli aiuti, sia della camera dei conti; di sorvegliare gli esecutori di giustizia; di far levare in armi le compagnie di ordinanza rimaste nel paese, i nobili del banno ed eribanno, arcieri e altri soldati di fanteria e di cavalleria […]; di dar lettere di sicurtà e salvacondotti ai mercanti del regno perché si rechino a esercitare i loro traffici nei paesi del nemico e rivale […]; di provvedere e conferire tutte le dignità e offici del regno, tanto di giustizia, guardia e capitaneria delle città fortificate, dei borghi, castelli, piazzeforti e avamposti, quanto delle finanze ordinarie e straordinarie, alle persone che stimerà opportuno e ogni volta che si presenterà una vacanza, sia per morte, dimissioni o designazione, dopo la dichiarazione ordinata dalla legge, sia per porre all'esercizio di queste coloro dei quali abbiamo finora diversamente disposto; di creare ed erigere nuove dignità e uffici di giudicatura o altri, e di questi determinare stipendi e imposizioni come essa giudicherà; di ricevere e accettare le designazioni di coloro che detengono offici […]; e similmente di dare, conferire, presentare, nominare e istituire i benefici eventualmente vacanti […]; di confermare, prolungare ed estendere ogni privilegio, franchigia, libertà, esenzione, dono e concessione delle città e comunità del regno, paesi e signorie […]; di diminuire, contenere o aumentare gli appalti dopo aver sentito il parere degli ufficiali, come in tal caso è richiesto dalla consuetudine; di concedere patenti di nobiltà […] legittimazione di bastardi, lettere di naturalità e facoltà di testare agli stranieri […] dietro il pagamento di somme, moderate, una tantum […]; [di concedere] il consenso alla detenzione di uffici incompatibili, a tempo determinato e non, l'avocazione di cause alle corti da parte del Gran Consiglio, e viceversa; e similmente di concedere e disporre di tutti i laudemi, vendite, tredicesime, riscatti, quinte e riquinte, denari e altre rendite di feudi, diritti e doveri […]; di disporre e ordinare il pagamento delle nostre milizie […]; di conoscere la distribuzione delle finanze, tanto ordinarie quanto straordinarie […] e anche le pensioni e gratifiche dei signori e altri personaggi che si sono occupati dei nostri affari […]; di giungere alla composizione dei debiti di coloro che hanno controllato il maneggio delle nostre finanze […]; di emettere ordinanze, statuti ed editti come stimerà necessario […] e, se del caso, derogare a quelli emessi dai nostri predecessori; di ordinare la convocazione, se necessaria, degli Stati generali del regno, o di quelli provinciali, e comunicare loro lo stato dei nostri affari, richiedere il donativo e tutto ciò che riterrà opportuno; di trattare, far concludere e giurare tregue, armistizi, paci e alleanze generali o particolari […]. Dato a Gien-sur-Loyre, il 12 agosto dell'anno di grazia 1523, il nono del nostro regno. |
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