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Didattica

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione I – La formazione dello stato rinascimentale

22. La fiscalità inglese nel primo Cinquecento

È un luogo comune che l'eredità lasciata da Enrico VII al figlio consistesse in una brillante situazione finanziaria, che questi provvide a sperperare in breve volgere di tempo. Le voci della spesa che condussero al capovolgimento della situazione sono costituite essenzialmente dalle spese belliche, poiché le restanti - dal mantenimento della casa reale, alla costruzione di nuovi palazzi, alle ambasciate - si riducono a ben poca cosa. Il sistema costituzionale inglese, che la cronaca di Hall ci illustra in un momento di particolare tensione, il sussidio parlamentare ottenuto dal re nel 1523, faceva sì che l'esistenza di un momento centralizzato di contrattazione non consentisse l'incremento dell'estrazione di surplus da un paese in una fase di netta prosperità che attraverso la combinazione di elementi diversi, dalla tassazione, alle confische, al deprezzamento della moneta. Di questi elementi la tassazione costituiva senza dubbio il meno nocivo, in particolare per le voci estratte direttamente dalla proprietà. Tuttavia anche tale voce fu sottoposta a notevoli incrementi, che la triplicarono durante il regno di Enrico VII. L'inizio del regno di Enrico VIII, e in particolare l'avvio delle sue avventure militari nel continente, qui illustrate, rappresentano anche l'avvio di un processo di continuo confronto tra Corona e Parlamento. Di qui - come vedremo nella seconda sezione - l'interesse delle discussioni del 1523.

Fonte: Hall Chronicle, ed. 1809, p. 655.


Il sussidio del 1523


Avendo convocato il Parlamento il cardinale Wolsey, accompagnato da diversi Lords tanto spirituali quanto temporali, si recò il giorno 29 aprile alla Camera dei Comuni, dove con eloquenza riferì […] di come il re fosse spinto dalla necessità ad andare alla guerra e a difendersi, e che ciò non si poteva realizzare senza grandi somme di denaro, valutabili nell'ordine di 800.000 sterline, e cioè la quinta parte dei beni e delle terre di ciascun suddito, vale a dire 4 scellini per sterlina, poiché - disse - l'anno seguente il re, insieme con l'imperatore si sarebbero impegnati in Francia in una guerra di dimensioni inusitate.

Dopo aver esposto il caso ed esortato i Comuni ad aiutare il proprio principe in tempo di necessità, abbandonò la camera bassa.

Dopo un'ampia discussione questa designò i deputati incaricati di esporre al cardinale l'impossibilità di soddisfare a tale richiesta, e quindi gli illustrarono la povertà e l'effettiva penuria del regno. Considerate brevemente tali questioni, i deputati implorarono sua grazia di indurre sua altezza reale ad accontentarsi di una somma molto più modesta; il cardinale a queste parole replicò con forza che avrebbe preferito farsi cavare la lingua con un paio di tenaglie piuttosto di indurre il re ad accontentarsi di una somma minore; a questa replica i deputati, quasi atterriti, ritornarono alla Camera dei Comuni per informarli della situazione, e per tutto quel giorno si sviluppò la discussione, senza che tuttavia si pervenisse a una conclusione.

A tal fine si recò ancora una volta invece il cardinal Wolsey ai Comuni, e chiese di poter intervenire alla discussione, ma gli fu risposto che era la norma della Camera che alla discussione potessero partecipare soltanto i suoi membri, con esclusione di qualsiasi estraneo, che poteva solo ascoltare. Ma quegli prese immediatamente a dimostrare ai Comuni come il regno conservasse grandi ricchezze; in primo luogo per il fatto che le dogane regie producevano entrate di entità mai vista prima; indi alluse alla sontuosità degli edifici, del vasellame e delle vesti di uomini, donne, bambini e servitori, i divertimenti costosi e i cibi delicati, tutti simboli di grande abbondanza; e si dilungò sull'abbondanza materiale, come se avesse da lamentarsi o provasse invidia che altri, e non lui, potessero mangiare e vestirsi bene, cosa che i Comuni non mancarono di sottolineare con un borbottio. E quando se ne andò dalla Camera, la discussione si volse ad asserire come l'onestà del vestire e l'abbondanza dell'alimentazione sana e genuina fossero di giovamento e non di danno al regno.

Dopo un'ampia discussione, i Comuni decisero di concedere al re 2 scellini per sterlina su terre e beni da parte di chiunque possedesse, o potesse spendere [annualmente] 20 sterline o più; mentre chi possedeva […] da 40 scellini a 20 sterline doveva pagare 12 pence ogni 20 scellini; e chi possedeva meno di 40 scellini, doveva pagare in due anni 4 pence per ogni membro della famiglia maggiore di sedici anni. Venne informato di questo sussidio il cardinale, che se ne lamentò molto, e affermò che i Lords avevano concesso 4 scellini per sterlina, il che in seguito risultò falso, poiché in realtà quelli non avevano fatto alcuna concessione, sperando di conoscere prima le decisioni dei comuni.

Fatta tale concessione il 21 di maggio, a causa della Pentecoste, si rinviarono le sessioni fino al 10 giugno; durante il qual tempo il popolo minacciava i procuratori: «Signori, si dice che abbiate intenzione di concedere 4 scellini per sterlina; vi avvertiamo che se lo fate, potete anche tornarvene a casa»; e a quel punto aggiungevano improperi e minacce.

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Ultimo aggiornamento: 01/03/2006