Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > II, 8

Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione II - I tentativi di riorganizzazione amministrativa e la loro crisi (1520-1560 circa)

8. Assemblee rappresentative e nobiltà nelle guerre di religione francesi e nella rivolta olandese

Lo schieramento della piccola nobiltà a fianco delle comunità religiose ugonotte rifletteva una precisa strategia di Calvino: non appena in Francia si costituiva una comunità riformata, questa eleggeva gli anziani e i diaconi per assicurare la disciplina rituale dei fedeli, amministrare i fondi, ecc. Dall'inizio del 1562 la maggior parte delle comunità calviniste si era posta sotto la protezione di un nobile locale, che con la sua influenza avrebbe fatto nuovi proseliti, specialmente tra la popolazione delle campagne, scarsamente toccate dalla nuova religione; alle sue dipendenze si disponeva tutta una gerarchia di dirigenti municipali, ciascuno dei quali rispondeva delle proprie azioni al proprio diretto superiore. Nel 1562 questa organizzazione era più o meno completamente sviluppata nella Guienna, nella Linguadoca, in Provenza e nel Delfinato. Inevitabilmente il controllo del movimento incominciò a sfuggire di mano ai predicatori e a passare ai nobili, nonostante le apprensioni di Calvino e i suoi sforzi per impedire un simile corso. È questa la situazione descritta dai due documenti qui pubblicati, che aggiungono altri elementi al quadro generale sopra descritto. Il primo va individuato nell'uso delle assemblee rappresentative provinciali per questo genere di organizzazione, che assume così valenze di tipo costituzionale, proponendo gli Stati come centro dell'amministrazione e del governo territoriale: inoltre, lo stesso protettore militare appare sottomettersi al loro controllo. Un secondo va visto nella creazione di un Consiglio di governo, del quale fanno parte notabili e nobili in qualche modo legati all'amministrazione del sovrano nella periferia, e che sottolineano perciò l'ambivalenza politica degli ufficiali locali, sia rispetto alla lealtà al sovrano, sia rispetto al rapporto con il governatore nobile. Curiosamente, infine, essi paiono legati all'amministrazione fiscale più che a quella della giustizia: il surplus prelevato dall'amministrazione sovrana viene conservato all'interno della provincia, non deve uscire dai suoi confini. È indubbiamente questo, accanto alle fazioni religiose, il carattere saliente della crisi della monarchia francese nel secondo Cinquecento. Anche nel caso olandese (doc. b) lo strumento invocato dalla nobiltà per il governo riformato del paese è costituito dall'assemblea degli Stati provinciali. In essa si individua la sola possibilità di preservare i privilegi costituzionali e l'autonomia religiosa delle province fiamminghe, erosi dalla strategia assolutista di Filippo II: di fronte a una lunga crisi politica, religiosa e finanziaria, questi tentò di rafforzare l'autorità ecclesiastica nei Paesi Bassi con l'introduzione dell'Inquisizione e l'erezione di nuovi vescovati controllati direttamente dalla Corona spagnola. In tal modo i nobili si vedevano sfuggire di mano risorse che da lungo tempo controllavano, e si determinava un'opposizione tanto più grave in quanto la crisi finanziaria riduceva il campo d'azione dell'autorità sovrana di fronte all'aggravamento del deficit determinato dalle guerre con la Francia. Perciò si fece ricorso agli Stati generali, nei quali l'opposizione dell'alta nobiltà all'esborso di denaro fu irriducibile, e aprì una crisi costituzionale. Nel frattempo cresceva l'opposizione all'istituto inquisitoriale, e la piccola nobiltà cominciò a seguire in gran numero il movimento riformatore, comandando gli uomini armati con cui si intendevano proteggere riunioni religiose ormai di massa e non più clandestine. L'opposizione si tradusse, nel novembre 1565, nella fondazione di una lega, il «compromesso» che qui si pubblica, allo scopo di indurre Margherita d'Asburgo, governatrice delle province fiamminghe, ad abolire l'Inquisizione e a rendere meno severi i provvedimenti contro gli eretici. Vi è tuttavia un altro elemento di fondo che affiora nella petizione nobiliare, e che gli avvenimenti successivi avrebbero portato clamorosamente alla luce: le assemblee rappresentative provinciali costituiscono agli occhi della nobiltà il solo strumento capace di garantire il consenso politico delle popolazioni locali, e di allontanare così il pericolo, cui si accenna esplicitamente, di sommosse popolari. Quattro mesi dopo la presentazione del «compromesso» a Margherita, l'insurrezione degli artigiani e degli operai tessili di Anversa doveva dar loro piena ragione.

Fonti: a/ G. GRIFFITHS, Representative Government in Western Europe in the Sixteenth Century. Commentary and Documents for the Study of Comparative Constitutional History, Oxford, Clarendon Press, 1968, pp. 265-68; b/ Ibidem, pp. 403-5.


a/ Costituzione di uno stato ugonotto sul modello degli stati provinciali della Linguadoca: l'assemblea di Nimes (2-13 novembre 1562)

a) Elezione di un capo, difensore e conservatore


[…] E per quanto concerne il capo e il condottiero delle dette forze e della conservazione […] si è nuovamente eletto e nominato il detto signor conte di Crussol come capo, difensore e conservatore delle dette città e diocesi e dei loro alleati, ora e per il futuro, nei paesi della Linguadoca, per difenderli e mantenerli durante i disordini sotto il dominio del Re e fino al compimento della sua maggior età, [la detta assemblea] promette e giura al signor conte e in nome di tutti gli abitanti delle dette città e diocesi di rendergli pronta obbedienza […].

E poiché la divisione comporta la dissipazione d'ogni cosa, e non si ha vera unione in questo mondo se non per parte di cristiani dotati della santità e del timor di Dio, dichiara che le dette città, diocesi e loro seguaci da questo momento sono e resteranno alleati, e con la persona, forza e volontà dei loro capi desiderano avere e contrarre alleanza similare con tutti i loro vicini che nutrono la medesima fedeltà al re e alla patria, e vorranno partecipare all'alleanza che il signor principe di Condé e altri hanno stipulato a Orléans l'11 aprile scorso per il servizio di Sua Maestà […].

E poiché sta scritto nei proverbi che il popolo soccombe per difetto di consiglio, e che al contrario un gran numero di consiglieri conduce alla liberazione, perciò la detta assemblea nomina e presenta al signor conte le seguenti persone perché lo assistano nel governo e regolazione della politica nei confronti dei disordini, e cioè: il signor François s'Airebaudouze, sire d'Andouze e presidente della Cour des aides del re a Montpellier, il sire di Saint-Ravy, consigliere del re e procuratore generale nella detta corte, Guillaume de Cuntour, controllore delle finanze a Montpellier, Guillaume Roques, sire di Cluzonne e consigliere del re nel presidiale di Nìmes, André Dragouze, sire di Boussarques […] sire di La Roche, vicario del re a Uzès […]. Il detto signor difensore non si opporrà a che nessun trattato con i nemici si intraprenda o si progetti […] senza il volere suo e di uno o due dei detti consiglieri a sua scelta, e non si concluda senza una assemblea generale delle dette città e diocesi; e se stimerà opportuno nominare governatori o capitani alla guardia delle fortezze, città o altri luoghi, dovrà comunicarlo al consiglio […] per essere informato se sulle persone preposte non vi sia motivo di sospettare; e in questo modo egli dimostrerà lo stretto legame e affinità che prova col corpo della sua patria […].


b) Rispetto della giurisdizione dei magistrati delle città


La detta assemblea supplica molto umilmente il detto signor conte di far pubblicare al più presto le dovute ordinanze militari, procurare che i detti governatori delle città non s'ingeriscano nella giustizia e governo, limitandosi agli affari militari […] senza interferire con la carica dei magistrati, censori e amministratori pubblici, se non per appoggiarli quando sia il caso […].


c) Uso delle proprietà dei cattolici


L'assemblea dichiara, atteso che il povero paese della Linguadoca è spogliato e cosumato fino alle ossa, e che sarebbe impossibile la sua conservazione senza la requisizione dei denari e beni detti di manomorta, cioè i benefici, capitoli, conventi […] e generalmente tutti i beni temporali derivanti da fondazioni pie, fatta eccezione per i collegi di legge e d'arte, che servono all'istruzione della gioventù, e altre fondazioni che servono per l'assistenza e l'ospizio si procederà a questa misura […] per la quale si potrà anche esser costretti a impiegare le entrate generali del re in questa provincia, riservandosi di restiturgliele […]. Viene perciò istituito un ricevitore generale in ciascuna diocesi per i danari specificati sopra, con un controllore, e questi risiederanno nel capoluogo di diocesi […].

Quanto alle somme sottratte e prese a prestito dalle entrate ordinarie del re, o da quelle straordinarie o dalle gabelle, verrà reso leale e buon conto in ciascuna diocesi […] di quelle usate nella difesa del paese. Il resto sarà consegnato al ricevitore generale del re.

b/ II «compromesso» della confederazione dei nobili (gennaio 1566)

Tutti coloro che vedranno la presente, sappiano che i qui sottoscritti sono stati debitamente informati e avvertiti che un gruppo di stranieri per nulla preoccupati del bene e della prosperità di questi paesi, nonostante dichiarino di aver cura della gloria e dell'onore di Dio e del bene pubblico, non hanno altro scopo che di saziare la propria ambizione e avarizia […] e usando come pretesto il grande zelo dimostrato nel mantenimento della fede cattolica presso il popolo […] sono riusciti a convincere Sua Maestà, contro la speranza della quale ci ha illusi, e contro il suo stesso giuramento, non soltanto a non mitigare affatto i provvedimenti fin qui presi per il rispetto della religione, ma piuttosto ad aggravarli e addirittura a istituire con la violenza l'Inquisizione […] con la quale, sotto la forma della falsa ipocrisia di qualcuno, si intende annullare qualsiasi ordine e civiltà, abolire ogni diritto, indebolire del tutto l'autorità e la virtù delle antiche leggi, consuetudini e ordinanze, da sempre osservate, e inoltre ostacolare la libertà di opinione degli Stati di questi paesi, abolire gli antichi privilegi, franchigie, immunità, rendendo in tal modo i cittadini e gli abitanti delle campagne vittime perpetue e schiavi degli inquisitoti, razza ignobile, e cercando così di intimidire addirittura i magistrati, gli ufficiali e i nobili di queste terre, esponendoli alla mercé delle indagini e degli interrogatori […] col che si vuole evidentemente esporre sua Maestà al pericolo di perdere questi stati, poiché se tale provvedimento verrà attuato si vedranno cessare i traffici, abbandonare le professioni, lasciare città e guarnigioni indifese, e incitare il popolo a continue sedizioni; in breve, si causeranno un'orribile confusione e disordine universale. — Noi, avendo dovutamente e maturamente considerati tutti questi elementi, e avuto riguardo alla nostra condizione di fedeli vassalli di Sua Maestà, in virtù della nostra nobiltà, […] abbiamo stimato e stimiamo di non poter adempiere al dovere che tale nostra condizione ci impone se non ovviando a tali inconvenienti e cercando di provvedere alla sicurezza dei beni e delle persone […]. In ragione di ciò abbiamo deciso di stringere una santa e legittima confederazione e alleanza, con la promessa e l'obbligo reciproco di giurare solennemente di impedire con tutti i nostri sforzi l'istituzione di detta Inquisizione, o la sua introduzione sotto qualsiasi veste, nascosta o palese, sotto qualsiasi colore o etichetta […] e di estirparla e sradicarla poiché è la madre e origine di ogni disordine e ingiustizia. E abbiamo davanti agli occhi l'esempio del regno di Napoli, che vi si è opposto per il bene e sollievo di tutto il paese. Protestiamo inoltre la buona intenzione che ci anima, di fronte a Dio e agli uomini, poiché non intendiamo affatto tentare azioni che possono causare disonore a Dio o limitare la grandezza e maestà del Re o dei suoi Stati: al contrario la nostra intenzione è di mantenere il Re nel suo stato, di conservare il buon ordine e la civiltà, resistendo con tutte le nostre forze a sedizioni, tumulti popolari, monopoli, fazioni e parzialità. E questa confederazione noi abbiamo promesso e giurato […] di mantenerla santamente e inviolabilmente e senza interruzioni […].

H. de Brederode, Carlo conte di Mansfeldt, Luigi di Nassau.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/04/2006