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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > II, 11 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione II - I tentativi di riorganizzazione amministrativa e la loro crisi (1520-1560 circa)11. Il ruolo del credito nella finanza dello stato cinquecentesco: esempi francesi e spagnoliIl problema della cronicità del deficit, sollevato dai documenti precedenti, è legato senza dubbio a condizioni strutturali della società cinquecentesca, e principalmente alla sproporzione tra il crescente volume di spesa degli apparati statali e le difficoltà di reperimento della moneta in un'economia dalla sporadica tendenza alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Ciò dà ragione sia del ricorso dei principi al credito internazionale, costituito dai grandi mercanti e banchieri che nelle forme di indebitamento crescente conosciute dallo stato cinquecentesco. I documenti che qui si presentano esprimono alcuni aspetti di questa condizione: da un lato (doc. a) mettono in luce il meccanismo stesso del credito, in particolare quello castigliano, attraverso le condizioni di un contratto (asiento) tra don Giovanni d'Austria, governatore dei possedimenti fiamminghi, e uno dei più noti mercanti-banchieri castigliani, appartenente alla famiglia Ruiz di Medina del Campo. Le condizioni del contratto mettono in rilievo sia la colossale entità del profitto riservato al prestatore, sia i meccanismi stessi di trasferimento del denaro sulle piazze europee e del pagamento. Il secondo documento, invece, è un brano di trattato anonimo francese degli anni cinquanta, che bene esprime i riflessi di un'opinione diffusa circa il ruolo dell'indebitamento principesco: in primo luogo il ruolo della guerra, e della guerra continua della congiuntura cinquecentesca, nelle condizioni di prestito e di restituzione dei capitali. Ma soprattutto rivela con chiarezza estrema il legame tra le vicende e la struttura dello stato cinquecentesco e i caratteri del capitalismo commerciale coevo: attraverso l'espansione del volume di spesa statale vengono in contatto due ambiti distinti, quello del commercio e della finanza e quello delle corti principesche, dando luogo a un progressivo conflitto di interessi. Infatti, nella metà degli anni cinquanta, è ormai chiaro all'estensore del trattato come l'indebitamento dei principi funga paradossalmente da veicolo di espansione dell'apparato statale e da canale di investimento dei capitali prodotti dall'aumentato volume di scambi all'interno del continente europeo. Ma tale sistema è destinato a entrare in crisi poco dopo la produzione del documento francese: di più, negli stessi circoli finanziari, della crisi cominciano ad apparire alcuni segni premonitori, come quello pubblicato nel documento c, nel quale Carlo V manifesta forse per la prima volta l'orientamento che condurrà alla bancarotta del giugno 1557: la sospensione dei pagamenti da parte della Corona e del Consiglio delle finanze è sentita da Filippo come una decisione in grado di far scattare ricatti di ogni genere da parte dei finanziatori delle imprese castigliane. Fonti: a/ H. LAPEIRE, Simon Ruiz et les «Asientos» de Philippe II, Paris, 1953, Colin, pp. 107-8; b/ ANONIMO, Trattato sul commercio della Francia con l'estero, (s. d. ma 1551-56), vol. IV, in A. CHAMBERLAND - H. HAUSER, La banque ed les changes au temps de Henry II, in «Revue Historique», 160, 1929, pp. 268-93. a/ Contratto concluso tra don Giovanni d'Austria e Pero RuizNamur, 28 settembre 1577 Ciò che si contratta e si concerta per nostro ordine e mandato con Pero
Ruiz Enbito abitante di Medina del Campo per sedicimila scudi di dodici
reali d'argento in moneta di Spagna da provvedersi per le necessità imposte
dalla situazione presente in merito al servizio di Sua Maestà, è il
seguente: — Per tali detti sedicimila scudi […] sarà dato e pagato a noi o alla persona che nomineremo nella città di Parigi altra somma di sedicimila scudi […] il venti di ottobre prossimo venturo e anche prima se sarà possibile, atteso che la detta somma si trova attualmente nella città di Nantes da dove va trasportata a Parigi. — Con la condizione che se nel trasporto tra Nantes e Parigi si dovessero perdere i detti denari per qualsiasi caso fortuito avremo l'obbligo di pagarli e li pagheremo realmente e con effetto che ciò che andrà perduto sarà creduto pienamente sulla semplice parola o scrittura firmata dalla mano del portatore senza altri carichi, ma si intende che i costi del trasporto sono a carico del detto Pero Ruiz. — E per il servizio che si presta a Sua Maestà e a me in suo nome in questa occasione promettiamo che Sua Maestà comanderà di dar licenza e facoltà di prelevare nel regno di Spagna ventiquattromila scudi […] dei quali si darà la malleveria necessaria in soddisfazione sua o di Simon Ruiz o della persona che chiunque di loro potrà nominare. — E poiché gli diamo la detta lettera di cambio, il detto Pero Ruiz si obbliga a pagare la detta somma a Parigi il detto venti di ottobre come detto sopra a chi nomineremo. E promettiamo di mantenere le condizioni espresse in questo contratto [segue la quietanza] […]. Don Giovanni b/ Credito e indebitamento dei principiI mercanti o banchieri stranieri e altri ancora, che da lungo tempo conoscono la pratica dei cambi, hanno radunato, riunito e ammassato grandi somme di denaro per aver esercitato per lunghi anni i detti cambi, trafficato e fatto affari in un paese, e ivi si sono dati anche ad altre imprese, e senza portare al loro arrivo altro che le loro persone, con un modesto credito, una penna, l'inchiostro e la carta, insieme con l'arte di contrattare, spostare e allocare i detti cambi da un paese all'altro […]. E, in Francia, per il tramite delle fiere di Lione, coloro che detengono e si occupano di detti cambi, radunano e ammassano quattro volte l'anno la maggior parte del denaro contante del detto reame per via dei pagamenti che intercorrono i giorni suddetti nella città di Lione durante le dette quattro fiere franche […]. Per effettuare i pagamenti nelle fiere di Lione essi acquistano i marchi al prezzo dei ducati e dell'oro e al minor costo possibile […] e lo stesso si fa in Germania, Inghilterra, Spagna e Fiandre, secondo i costumi vigenti colà per effettuare i pagamenti; e il prezzo dei detti ducati e delle altre divise d'oro o di moneta viene valutato a seconda di quanto lo si è pagato all'acquisto, e viene venduto a un prezzo più alto o più basso a seconda degli affari stipulati nei diversi regni e paesi, sia per le cose di guerra che per altro; poiché se la guerra o gli affari che richiedono la provvigione di denaro contante si trovano in Italia, i mercanti o banchieri di altri paesi radunano e convogliano il denaro e lo inviano nei detti luoghi, per trarne profitto; e se i detti affari si svolgono in Francia o altri paesi, essi si comportano di conseguenza […] anche se, durante le guerre, i mercanti corrono i più gravi pericoli di fare bancarotta, e purtuttavia le borse più provviste cercano di ritirare il denaro altrove impiegato per prestarlo ai principi che combattono la detta guerra, poiché ne ricevono maggiori profitti che dalle altre imprese della mercatura […]. E i mercanti banchieri che praticano il mestiere e i traffici dei cambi e detengono i crediti, se vengono a sapere che i principi e i grandi signori della cristianità hanno intrapreso una guerra, come oggi succede d'ordinario, o qualche altra impresa in cui vi è necessità di denaro, come per pagare un grosso riscatto, o per un matrimonio o altri affari in cui è richiesta una grande somma di denaro contante, essi trovano modo, con il credito, di condurre il denaro nei paesi in cui si estende la loro fama, di prestarlo ai detti principi e signori; e quello di loro che accetta i più alti interessi e lo restituisce al giorno indicato, è colui al quale essi prestano le maggiori somme. E, a causa di detto credito, sono essi i padroni del denaro in ogni paese, e non i detti principi e signori, e succede spesso che il denaro prestato ai principi e signori è lo stesso che spetterebbe loro in virtù del prelievo delle rendite e delle imposte; questo giunge invece ai mercanti con la complicità dei ricevitori generali dei principi, di particolari e altri finanzieri, che possono così partecipare ai profitti che i mercanti ricevono dai principi; e, così facendo, i principi e signori pagano molto spesso il cambio e l'interesse sul denaro che spetta a loro stessi: cosa che è iniqua, condannabile e riprovevole, e merita le punizioni più gravi, sia per i mercanti e i banchieri, che ciò hanno inventato, sia per i ricevitori e i finanzieri, che usano e fanno una tale pratica ed è ben difficile per i principi giungere a conoscere e a sapere la cosa, per quanta diligenza vi applichino; perché, in virtù della detta complicità e del fatto che mercanti e banchieri detengono il denaro e il credito, anche quando principi e signori costringono i loro ricevitori e tesorieri a rendere il conto dell'amministrazione delle finanze, allora i mercanti e banchieri trovano in ogni caso modo di venir in soccorso di quelli, e non permettere che i principi e signori riescano a sorprendere il gioco dei ricevitori e finanzieri. |
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